domenica 28 febbraio 2010

PRC TORGIANO -

COMUNICATO STAMPA

Il giorno 25 Febbraio si è riunito il direttivo
del circolo PRC di Torgiano con all’ordine del
giorno la prossima campagna elettorale e
l’elezione del nuovo segretario del Circolo.
Il direttivo ha espresso la sua piena solidarietà
al compagno Giuseppe Mezzoiuso per le vicende da esso denunciate in un recente comunicato stampa (pubblicato sul sito http://ilconfrontodelleidee.blogspot.com/2010/02/comunicato-stampa.html ) che lo hanno portato alle dimissioni dal suo incaico di segretario del Circolo. In proposito il direttivo ha inteso condannare il comportamento tenuto dall’Amministrazione Comunale nella vicenda in questione.
Prendendo atto dell’irrevocabilità della sua decisione, il Direttivo ha in oltre ringraziato il compagno Mezzoiuso per il lavoro svolto in questi anni e per il suo costante impegno per la crescita politica e organizzativa del Circolo.
Ha infine eletto all’unanimità il compagno Stefano Antognoni quale nuovo segretario del circolo.
In relazione alla prossima campagna elettorale il Direttivo ha deciso una serie di iniziative da svolgersi nel nostro territorio. Iniziative volte non semplicemente ad descrivere i contenuti programmatici e i candidati espressi dalla Federazione della Sinistra, ma innanzi tutto a rendere partecipe i cittadini alla campagna elettorale mettendo al centro di essa i problemi dei cittadini più che il solito “teatrino politico” .
In questo senso vanno viste le attività del Gruppo Di Acquisto Popolare (GAP) che recentemente abbiamo contribuito a organizzare e l’iniziativa di solidarietà con i lavoratori della Merloni (Arancia Metalmeccanica) che si terra Sabato 27 Febbraio alle ore 15.

Stefano Antognoni, segretario circolo PRC Torgiano

sabato 27 febbraio 2010

Su la testa, materiali per la rifondazione comunista



Il giorno 16 febbraio è uscita in edicola la rivista teorica di Rifondazione, della quale mi è stata affidata la direzione. Si chiamerà Su la testa, materiali per la rifondazione comunista.
Uscirà insieme a Liberazione e starà in edicola tutto il mese, sempre acquistabile insieme a una copia del giornale. Sarà infatti una rivista mensile di 64 pagine. Ogni numero conterrà una “questione”, questa volta “la crisi”, il numero 2 “la religione”, il numero 3 “l'Europa” ecc. Seguiranno altre questioni attuali esaminate non in modo cronachistico, ma in tutta la loro ampiezza teorica. In ogni numero una sezione “le pratiche” esaminerà le forme della politica dei soggetti che lottano isolati e senza un blocco sociale di riferimento e storico di prospettiva. Seguirà una sezione “Pensieri critici” contenente interviste interventi recensioni.
L'intento è quello di fornire la sinistra di ipotesi rifondative di una cultura politica comunista, dopo che il comunismo sovietico e la socialdemocrazia europea hanno così clamorosamente e tragicamente fallito. L'impresa è molto difficile, ma il tentativo che facciamo poggia sulla convinzione che essa è oggi storicamente necessaria, per non cadere nella barbarie e nella inciviltà determinate dalla irrimediabile crisi strutturale del capitalismo.
Ci sforzeremo di fornire materiali di discussione e formazione teorica organizzata, non sarà cioè una rivista casuale, nella quale vari intellettuali riversano i loro pensamenti, ma un laboratorio, una cucina, una scuola di analisi proposte e dibattiti, volti a far capire che uscire dalla crisi per rientrare nel capitalismo è una impresa disperata e autodistruttiva, e comporta comunque un abbassamento drastico di diritti e di possibilità, la cancellazione dello stato sociale e l'avvio di prospettive belliche e fascistizzanti. Lo sforzo da fare cioè è invece provarsi a immaginare come si può uscire dal capitalismo, avviando un cammino che non può essere breve né facile, ma -come già dicevo- storicamente necessario per non incorrere nella barbarie capitalistica. Che dilaga non solo da noi in Italia.
Spero che la rivista possa interessarvi e vi ringrazio se la vorrete leggere e farmi avere i vostri giudizi, grazie
Lidia Menapace

venerdì 26 febbraio 2010

ELEZIONI REGIONALI

Accordo programmatico tra Pd-Prc
Sì al reddito sociale e alla ripubblicizzazione del servizio idrico
Le delegazioni regionali del Partito Democratico, Rifondazione Comunista e Socialismo 2000 individuano le seguenti priorità da offrire quale contributo per l'intesa programmatica della coalizione.



1. I prossimi saranno anni decisivi per il governo dell'Umbria, chiamato, da un lato, a fronteggiare gli effetti pesanti della crisi in atto, dall'altro, avviare un processo di innovazione e modernizzazione del sistema economico produttivo regionale, superando nodi irrisolti del passato, conseguenza di un modello di sviluppo eccessivamente legato al ciclo delle costruzioni e caratterizzato da un insieme di piccole imprese manifatturiere, che stenta a sviluppare relazioni sistemiche, con produzioni a basso valore aggiunto, in molti casi in subfornitura, e con basso livello di internazionalizzazione e di investimenti in innovazione e ricerca. Ciò richiederà il deciso avvio di una nuova stagione della programmazione regionale in grado di ridare slancio all'azione riformatrice del governo regionale.
2. Nella prossima legislatura prioritario dovrà essere l'impegno per sostenere l'occupazione, in questa direzione uno dei primi obiettivi del nuovo governo regionale sarà l'avvio delle procedure per la realizzazione di un Piano regionale del Lavoro inteso come vero e proprio programma multisettoriale, che preveda una reimpostazione degli interventi regionali, finalizzandoli alla priorità occupazione. In questo contesto si concorda sulla necessità di procedere all'approvazione della legge regionale per il reddito sociale, prevedendo un'adeguata dotazione finanziaria. All'interno del Piano regionale per il lavoro, dovrà essere prevista l'attivazione di specifici interventi a sostegno dei lavoratori delle imprese in crisi (ad esempio rifinanziamento della legge sulla imprenditorialità giovanile, e specifici interventi volti a sostenere l'attivazione di contratti di solidarietà).
3. In questo contesto di politiche volte al sostegno e sviluppo di nuova e buona occupazione terreno prioritario per le politiche regionali sarà lo sviluppo della green economy e di green jobs, in grado di riassorbire una parte non secondaria della disoccupazione prodotta dalla crisi attuale. Andranno rafforzati gli interventi di manutenzione e riqualificazione idrogeologica del territorio e delle reti idriche, di ristrutturazione e riqualificazione urbana, rivendicando dal governo centrale politiche coerenti e risorse adeguate, nonché politiche abitative sociali, che consentano di ridurre il consumo di territorio e contenere l'ulteriore espansione di attività estrattive, puntando, in particolare, sul recupero degli inerti da demolizione.
4. Per avviare i necessari processi di innovazione e modernizzazione del sistema economico produttivo, un ruolo strategico assumerà l'attivazione di politiche pubbliche che, privilegiando interventi di sistema, siano in grado di attuare un cambiamento del modello di specializzazione e di agganciare i vettori produttivi e di servizi a più alto contenuto di conoscenza. Gli assi attorno a cui organizzare queste nuove politiche non potranno che essere la ricerca e sviluppo, il sostegno all’internazionalizzazione, la formazione, il sostegno ai poli di eccellenza. A tale riguardo strategica sarà una politica industriale a sostegno delle reti di imprese e delle filiere di qualità. Attorno a questi assi andrà ripensata la strumentazione regionale a supporto dello sviluppo (il cosiddetto sistema delle Agenzie), e razionalizzata e portata a sistema la presenza a livello regionale dei numerosi poli di alta formazione, riorganizzando il complessivo sistema scolastico, formativo ed universitario.
5. In materia energetica va affermata una scelta radicale di esclusione e di indisponibilità dell'Umbria ad insediamenti di centrali nucleari, mettendo in campo una politica che incentivi e sostenga la diffusione delle fonti rinnovabili, privilegiando impianti di micro e mini produzione energetica. I beni naturali dai quali dipende la sopravvivenza e la qualità della vita, intesi come diritti, vanno sottratti al mercato. In questa direzione il governo regionale si impegnerà a non procedere ad ulteriori processi di privatizzazione del sistema idrico, accettando la sfida verso la ripubblicizzazione dell'intero servizio idrico. Sempre in materia di salvaguardia ambientale, andranno implementate le politiche per la riduzione della produzione di rifiuti, e incrementata la raccolta differenziata, ponendosi l'obiettivo di andare oltre il 65% previsto dal piano regionale. Solo per la parte non riciclabile, la cui quantità deve essere progressivamente ridotta nel tempo fino ad un riuso e riciclo completo, è ipotizzabile un trattamento in impianti a tecnologie flessibili e a basso impatto ambientale.
6. La sanità regionale che, in questi anni, ha raggiunto significativi risultati in quantità e qualità di prestazioni, salvaguardando il suo carattere universalistico, dovrà mantenere il modello pubblico, escludendo forme di privatizzazione. Andranno implementati strumenti e sedi di controllo che permettano ai cittadini di verificare disfunzioni ed inefficienze. Problemi come, ad esempio, quelli delle liste di attesa potranno essere risolti istituendo liste uniche sia per le prestazioni ordinarie sia per quelle a pagamento. Andranno portati avanti interventi per la deospedalizzazione e l’assistenza domiciliare integrata. Verrà data piena ed immediata attuazione alla legge sulla odontoiatria pubblica. Diritto alla salute vuol dire anche sicurezza, a partire dai luoghi di lavoro, per cui si dovrà attivare una campagna straordinaria contro gli infortuni e le morte bianche, intervenendo anche per via legislativa al fine di riordinare e coordinare le competenze di soggetti diversi.
7. La complessità dei problemi che l'Umbria, al pari di altre realtà regionali, si trova oggi ad affrontare richiederà l'attivazione di politiche comuni da parte di quelle Regioni dell'Italia centrale o mediana, che presentano forti tratti comuni in termini di modello produttivo, sociale e tradizioni culturali. Il governo regionale dell'Umbria si dovrà, pertanto, fare promotore di una politica comune delle Regioni dell'Italia mediana, quale strumento necessario per fare massa critica ed affrontare la sfida regionalista, ma anche per migliorare l’offerta dei servizi sociali e per definire un livello ottimale del sistema delle infrastrutture. E' necessario che le Regioni del centro definiscano politiche comuni e sviluppino una programmazione economica e sociale che vada oltre i propri ambiti territoriali per abbracciare l’intera porzione dell’Italia mediana. In particolare centrale risulterà l'impegno per delineare politiche comuni per quanto riguarda l’offerta dei servizi sociali e la sanità, mettendo in rete le strutture sanitarie ed integrando conoscenze, ricerche e professionalità, e le infrastrutture materiali ed immateriali.

27.02.2010: IL POPOLO VIOLA TORNA IN PIAZZA A DIFESA DELLA COSTITUZIONE

L'omaggio di Daniele Silvestri ai manifestanti:
L' imperatore TiBERio




http://www.youtube.com/watch?v=-qy-_uR-yHQ

REGIONALI

Bori (SEL): "Scandaloso, il listino 'famiglia' non è certo rinnovamento"

''L'assemblea regionale del PD di ieri sera ha dimostrato per l'ennesima volta lo stato tragicamente confusionale e di insanabili lacerazioni in cui verte il Partito Democratico''. E' quanto afferma Luigi Bori, portavoce regionale di Sel (Sinistra Ecologia Libertà) Umbria. ''E' scandaloso - sostiene - che a pochissime ore dalla presentazione delle liste per le imminenti elezioni regionali il Pd sia ancora tutto concentrato sulle proprie battaglie interne e non spreca un momento per discutere dei problemi dei cittadini e delle istanze programmatiche che dovrebbero risolverli. Per conquistare sul listino un posto garantito da consigliere senza passare per la competizione elettorale, si sono fiondati come piccioni sulle briciole''. Il ''listino famiglia'' - secondo Bori - ''non è certo quel segnale di rinnovamento da più parti paventato ma appare piuttosto l'emblema di una politica autoreferenziale e poco trasparente che nulla ha a che fare con la buona politica che dovrebbe porre come prioritario il bene del nostro territorio''.

NELLA BOCCIOFILA SI TIRANO LE SEDIE

Assemblea Pd, non passa il listino e finisce tra urla belluine e abbandoni della sala.

di Daniele Bovi
La bocciofila è spaccata in due e va in pezzi proprio sul delicatissimo capitolo relativo al listino, il calcinculo che porta nel paradiso consiliare senza passare dal via. E dire che prima di arrivare a tirarsi le sedie (metaforicamente, è il caso di specificarlo) il pomeriggio dell'assemblea Pd era iniziato bene con il sì al terzo mandato di Bottini espresso, a parte due astenuti, all'unanimità. Una unità che però dura un amen visto il putiferio scoppiato un'ora dopo. Che l'assemblea avrebbe potuto prendere una piega del genere era nell'aria già dall'ora di pranzo, ossia quando dalla segreteria del partito esce questa composizione del listino: Bottini, Bracco, Rossi (tutti e tre Pd), Carpinelli (Pdci), Rometti (Socialisti) e Brutti (Idv). Ossia, visti i gradi di parentela che intercorrono, il listino formato famiglia. “Sembra – commenta un inviperito dirigente di AreaDem – una lista del Pci degli anni Ottanta”. E così i dirigenti di AreaDem e dell'area Marino ci mettono un attimo a decidere di votare contro. “Il nostro dissenso sul listino regionale – dice Paolo Baiardini, dirigente di punta di AreaDem e fresco dimissionario dalla segreteria del partito – è forte: questa composizione fa tornare alla mente periodi antecedenti al 1995. E' un limite oggettivo che abbiamo fatto presente: secondo noi non ha forza d'attrazione verso l'elettorato”. “E' discriminatorio” dice invece Valerio Marinelli, leader dell'area Marino che al congresso ha raccolto il 10 per cento. E per bombardare il listino anche il margherito Castellani per una volta sveste i panni di presidente super partes dell'assemblea: “Questo listino non mi piace”. Ma ce n'è anche per le primarie che, secondo Castellani, vanno fatte in maniera trasparente “istituendo un albo degli elettori” e “cercando di evitare il 'furgonaggio' più o meno volontario per portare la gente a votare”. Ma è quando si procede al voto per alzata di delega che la tensione sale al massimo. Tantissima gente è in piedi, c'è difficoltà a contare e allora il presidente Castellani decide di procedere per chiamata nominale. La tensione sale ancora e cominciano pure gli urli mentre il povero Castellani perde il controllo della sala. Prende allora la parola Catiuscia Marini che intuendo il clima spara dal microfono che “vista la situazione che si è venuta a creare, del listino, di competenza del candidato presidente, mi occuperò domani io in base ai nomi che mi fornirà il segretario”. Da qui in poi è il caos totale. L'ala Marino dall'angolo comincia ad urlare “Rinnovamento, rinnovamento!”, il tavolo di Castellani, Bottini e Marini viene assediato: qualcuno gli urla pure che “questa è una dittatura della maggioranza”. Uno dei candidati si lancia contro il tavolo e sbattendoci i pugni sopra intima: “Ora si vota o mi togliete dalla lista e i voti ve li cercate da soli”. Gianpiero Bocci, dopo aver urlato anche lui ai componenti del tavolo, va in mezzo alla sala e, livido in viso, comincia a ritirare tutti suoi uomini: “Basta, andiamocene tutti”. La sala si svuota, anche parecchi mariniani escono: “Non rimango a farmi prendere per il culo”. Ristabilito un minimo di calma Bracco spiega che "la competenza sul listino non è del candidato presidente". In un clima vagamente surreale si procede poi ad una nuova votazione: 91 i sì, 19 i no. Castellani non può che prendere atto che non c'è il numero legale (i componenti dell'assemblea regionale sono infatti 250): “La votazione non è valida, credo che comunque sia stata data un'indicazione al segretario”. Per presentare le liste c'è tempo da domani a mezzogiorno fino alla stessa ora di sabato. Già, ma domani che succede? “Non ne ho idea” dice un dirigente sfinito.

GUERRA IN AFGHANISTAN

Rifinanziata la guerra che fa continue stragi di civili inermi.
Rilanciare il movimento per la pace.
Visita il sito di Peacereporter.





Il Senato ieri ha approvato, senza alcun voto contrario, il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, tra cui quella in Afghanistan, per la quale il governo ha annunciato l’invio di altri 1000 soldati italiani.
La nuova offensiva delle truppe Usa, comandate dal premio Nobel per la pace Barak Obama, sta facendo una carneficina tra la popolazione civile.
Ormai, una casta parlamentare, impunita ed impunibile, vota senza dibattito la prosecuzione della guerra in Afghanistan, nel disprezzo più totale della nostra Costituzione.
La ricostruzione di un movimento per la pace non è più rinviabile.Gino Strada, il fondatore di “Emergency”, la ong italiana in prima linea con il suo ospedale di Lashkargah, a pochi chilometri da Marjah dove infuriano i combattimenti, ci invita ad andare sul sito di Peacereporter (
www.peacereporter.net) per trovare i volti e le storie dei civili colpiti. Facciamolo.
Stefano Vinti
Segretario regionale Prc-Umbria

ITALIA MEDIANA: "Verso un patto per programmi comuni"

Baldelli (Prc): riunione dei parlamentari di Lazio, Toscana, Umbria e Marche conferma nostra felice intuizione.



Il consigliere Luca Baldelli, capogruppo del PRC alla Procincia di Perugia e delegato ai Rapporti con i Territori, manifesta la sua soddisfazione per l’incontro tenutosi ieri a Roma, presso il Senato della Repubblica, tra i Parlamentari di Lazio, Toscana, Umbria e Marche e le Province del Patto di Cagli.
"L’intuizione dell’Italia mediana, propria del PRC umbro - afferma -, ha ricevuto la sua sanzione ieri. I temi dello sviluppo delle arterie viarie, della difesa delle peculiarità economiche, turistiche ecc…. del Centro Italia, hanno trovato la sintesi politica nella proposta di un coordinamento delle Province del Centro Italia che nei prossimi mesi lavorerà per portare all’attenzione della politica nazionale le istanze dell’Italia mediana".
"Non si tratta - spiega Baldelli - di creare una sorta di leghismo di risposta, ma di difendere e tutelare il modello di governo solidale, partecipativo, democratico dell’Italia centrale, in un contesto in cui sempre più le risorse economiche, le grandi scelte di programmazione e quant’altro vengono concentrate dal Governo nazionale in maniera clientelare al sud e al nord, tralasciando le esigenze del Centro Italia E SOGGIACENDO ALLE ISTANZE EGOISTICHE E LOCALISTICHE DELLA LEGA NORD
".

RICORDO DI SANDRO PERTINI

Sandro Pertini è stato il migliore Presidente della Repubblica ma anche e sopratutto una grande anima di socialista e, potrei dire, di italiano nel senso che riassumeva dentro di sè le doti più belle di una nazione che, dopo di lui, ha ripreso a sfasciarsi. Nel Partito non era molto amato dal gruppo dirigente. Era considerato impolitico, veemente, insomma non un maestro. Ma si trattava di un giudizio sbagliato che riguardava più la tecnica e la manovra della politica che la politica stessa. Se questa è vibrazione all'unisono con il sentimento popolare, ebbene Pertini era politico assai di più di quanto lo fossero tanti altri. E' diventato Presidente della Repubblica contro la volontà di Craxi che arrivò a contrapporgli Antonio Giolitti nella speranza che i comunisti cessassero di appoggiarlo. Nel luglio sessanta, quando l'Italia fu in bilico per il mostro fascista che alleva da sempre nel suo ventre, nelle terribili giornate convulse e pericolose, era pronto a contribuire ad un movimento di lotta, se necessario anche armata per contrastare le voglie del duo Gronchi-Tambroni. Ricordo che da Genova lanciò un vibrante appello antifascista ad una Italia che era già in piazza, pronta a difendere la sua libertà.
Nel 56 venne ad Agrigento per un comizio. Alloggiò in un albergo situato all'ingresso della città e per tutta la notte ne vegliammo a turno il riposo temendo che subisse un attentato. Allora i politici giravano senza scorta e comunque non credo che l'avrebbe mai voluta. Si assunse la difesa della madre di Salvatore Carnevale al processo contro la mafia di Caccamo che lo aveva trucidato.Era avvocato anche se non esercitò mai la professione tranne che in questa occasione. I mafiosi furono difesi da un famoso avvocato napoletano che poi sarebbe diventato anch'egli Presidente della Repubblica anche se ne fu costretto alle dimissioni da uno scandalo enorme che allora inquietò l'Italia, lo scandalo Lockheed: Giovanni Leone.Pertini e Leone rappresentavano al processo Carnevale due Italie che allora si contrapponevano duramente.
Sandro Pertini rappresentava in misura paradigmatica valori che erano l'essenza stessa del socialismo: la coerenza tra la vita e le sue convinzioni. Non piegò mai la testa davanti al fascismo nè volle che lo facesse la madre per chiedere la grazia a Mussolini. Si fece tanti anni di carcere ed aveva cura a stirare i pantaloni da ergastolano piegandoli accuratamente sotto il pagliericcio e di essere sempre in ordine e ben sbarbato. Non voleva dare la soddisfazione al fascismo di averlo ridotto a non avere cura di se stesso. Suggerisco di leggere il suo libro " Sei condanne e due evasioni" per comprendere di quale pasta fosse fatto. Era persona onesta e di grande pulizia morale. Considerava il Palazzo del Quirinale un ufficio al quale si recava dalla sua mansarda di un edificio in Piazza Fontana di Trevi dove viveva con il grande amore della sua vita Carla Voltolina, partigiana, giornalista impegnata ed autrice di un libro "Lettere dalla case chiuse" che contribuì al successo della legge proposta dalla socialista Lina Merlin.
E' ancora per me motivo di orgoglio essere stato nello stesso partito di Sandro Pertini. Un Partito che era molto di più di un'organizzazione di parte perchè incarnava valori generali come la pace, la giustizia sociale, la libertà, la laicità, la dignità dell'uomo che deve essere liberato dalle catene dello sfruttamento e dall'umiliazione di condizioni di vita indecorose. Motivo di orgoglio di aver conosciuto anche persone come Pietro Nenni, Rodolfo Morandi, Emilio e Joice Lussu, Fernando Santi, Riccardo Lombardi che hanno vissuto la politica ed il socialismo con dedizione ed onestà e da statisti facendo della crescita e della diffusione del socialismo sostanza della stessa crescita civile d'Italia. Ma il PSI finisce con la questa generazione. Dal Congresso di Torino in poi, dopo la cancellazione del bellissimo simbolo della falce,martello,libro e sole nascente sostituita dal lugubre garofano ,non è più esistito anche se il nome ha continuato ad essere usato.


di Pietro Ancona, su http://www.esserecomunisti.it/

giovedì 25 febbraio 2010

TANGENTOPOLI AL QUADRATO


Siamo di fronte ad una Tangentopoli al quadrato.
Il governo fa muro di gomma.
Bisogna rimettere al centro la questione morale
Le ultime vicende giudiziarie legate a fatti di corruzione all’interno della pubblica amministrazione squarciano il velo di omertà intorno ad un sistema politico ed economico che sembrava bandito con la fine della cosiddetta “prima repubblica” ma che ora ci appare in tutta la sua attualità.
Un fenomeno che non esitiamo a definire odioso per le gravi ripercussioni che esso determina sulla trasparenza, l’autonomia, la qualità delle scelte della pubblica amministrazione, garanzia per tutti i cittadini. L’intreccio tra interessi privati e pubblici, infatti, costituisce una delle condizioni principali per l’intrusione della malavita organizzata nello stato.
Le indagini giudiziarie mostrano un’attitudine bipartisan alla commissione del reato in questione, ma non possiamo astenerci dal denunciare che il clima di impunità a che ha contribuito a creare il governo Berlusconi certamente non aiuta a debellare la piaga della corruzione. Ora il premier in versione pre-elettorale annuncia ai quattro venti l’emanazione di norme anti-corruzione.
Peccato che questi lodevoli intenti arrivino dopo le norme che hanno penalizzato il falso in bilancio, che hanno tolto la tracciabilità dei pagamenti e varato lo scudo fiscale per evasori e corruttori. Altro che legalità! Assumere atti, decisioni, provvedimenti tesi a dare il senso di un sistema dove tutto è permesso non può essere cancellato con roboanti dichiarazioni contraddittorie con la costruzione stessa delle liste e con le candidature.
Rifondazione Comunista ha posto la questione morale come elemento fondante della propria azione politica e amministrativa e lo sta dimostrando anche in questa tornata elettorale.
L’istituzione della commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria, voluta fortemente da Rifondazione Comunista ne è una testimonianza, come altrettanto qualificante è la candidatura di Paolo Ferrero in Campania sostenuto dalla lista della Federazione della Sinistra in alternativa a Pd e PdL.
Stefano Vinti
Segretario regionale Prc Umbria

LA PERICOLOSA DERIVA DI UN PAESE ALLO STREMO

È da tempo che la lettura dei giornali non aiuta il buonumore, ma qualcosa di nuovo in questi giorni accade. Il clima è particolarmente sgradevole e – speriamo di sbagliarci – anche inquietante. La situazione è paludosa. Si ha il sentore di vivere sospesi, come in attesa di uno shock ineluttabile.
Il Paese è senza bussola. Sapevamo già di che pasta siano i nostri governanti, affaristi spregiudicati e cinici, sovente incapaci, di norma irresponsabili (basti l’esempio del ministro degli Interni che raccomanda di essere «cattivi» contro gli immigrati). Ci era ben presente la figura del loro capo-manipolo, zelante custode di lucrosi commerci, podestà dell’informazione da sempre in guerra contro i magistrati. Non ne scopriamo adesso l’alto profilo morale.
Ma oggi siamo a un salto di qualità. Prima la sequenza degli scandali sessuali, dal caso Letizia ai festini con le escort. Poi la catastrofe della Protezione civile, con la scoperta di un enorme sistema di tangenti fondato sulla logica dell’emergenza. Infine, in queste ore – come per l’esplosione di una bomba a grappolo – l’affaire Telecom–Fastweb (fondi neri e riciclaggio per miliardi di euro) e la sconvolgente vicenda di un senatore «consulente e legale finanziario» della ’ndrangheta, nelle mani dei boss. Non sono solo storie da basso Impero e non è soltanto un’orgia di corruzione, di per sé ben più estesa e soffocante (parola del senatore Pisanu, non propriamente un nemico della destra) della Tangentopoli di vent’anni fa.
È il crollo, pezzo dopo pezzo, dell’architettura civile, istituzionale e politica di un Paese allo stremo, per troppo tempo in balìa di una «classe dirigente» infestata da oligarchi e mascalzoni.
Il dissesto idro-geologico del territorio è una buona metafora della frana che rischia di travolgerci. Poi non si dica di non aver capito, non ci si finga sorpresi. Un Paese non può convivere a lungo allegramente con un’evasione fiscale pari al 20% di quanto produce e con un terzo del reddito nazionale fuori legge. Di questo passo si finisce per forza di cose sudditi delle mafie.
Quale messaggio si trasmette al Paese? L’immagine più calzante è quella di una nave senza guida in un mare in tempesta. O abbandonata a una cricca di pirati. Un’altra metafora del disastro è lo squallido spettacolo di Sanremo. Mettiamo lo Stato al posto delle canzonette e il sistema di potere che spadroneggia al posto del televoto di Pupo e del Savoia, e avremo un fedele ritratto dello stato dell’arte. Salvo un dettaglio, non irrilevante.
Qualcosa ancora funziona, nella gestione della crisi il governo conosce il fatto suo. Sa a chi regalare soldi e a chi sottrarli. Aiuta i padroni, che poi chiudono le fabbriche e licenziano. Premia corrotti ed evasori. Taglia i fondi alla scuola, all’università, agli enti locali. Nega i diritti di quel che resta della libera informazione.
La situazione è talmente degradata da scatenare la guerra civile dentro la maggioranza. Il presidente della Camera ha solennemente dichiarato che i magistrati non debbono vergognarsi. In qualsiasi altro Paese parole del genere procurerebbero imbarazzo, qui suonano testimonianza di un alto senso delle istituzioni. Per quanto l’on. Fini si guardi bene dal riflettere sulle ragioni del malaffare dilagante, gli va dato atto che almeno cerca di smarcarsi. E di segnare una prospettiva.
Non altrettanto può dirsi dell’opposizione. Potrebbe, e dovrebbe, passare all’attacco. Dire al Paese che da questo incubo si può uscire. Indicare una direzione credibile di marcia. Invece appare inerte, assente come un pugile suonato.
Il Pd (non da oggi) è un mistero, come se alla base della sua latitanza pesassero ragioni che ignoriamo. L’Idv si è ritirata in buon ordine, dopo la cautelosa virata del suo padre-padrone. Tutti allineati e coperti, mentre si approssima un importante turno elettorale. E la tensione cresce.
La situazione è grave e seria. Ci piacerebbe tanto chiedere all’on. Veltroni e ai suoi successori e antecedenti se pensano che il Paese si sia giovato della guerra di sterminio a sinistra che hanno scatenato.
Comunque, con tutte le nostre difficoltà, noi – Rifondazione comunista e Federazione della sinistra – continuiamo nella nostra battaglia per ritrovare lo spirito della Costituzione tradita. Pensiamo che, in questo momento, su ogni calcolo di bottega debba prevalere la consapevolezza dei rischi che il Paese corre. Ieri il Corriere della sera ha scritto che l’Italia «sta tornando pericolosamente a respirare il clima degli anni bui». Ottant’anni fa Antonio Gramsci avvertiva che in una situazione di stallo, quando «il vecchio muore e il nuovo non può nascere», può accadere letteralmente di tutto. Siamo avvisati. Ognuno sappia che i problemi non si risolvono da sé, che non basta aspettare. Chi, potendo, non opera per una soluzione progressiva, si rende complice della devastazione.

Alberto Burgio, Liberazione, 25/02/2010

martedì 23 febbraio 2010

A cosa servono i padroni?

La politica industriale della FIAT è così riassunta dal segretario FIOM Giorgio Cremaschi:
”Si chiude dove minimamente non conviene e si aprono gli stabilimenti dove gli stati pagano gran parte dell’investimento e i lavoratori ricevono stipendi incivili. Otto miliardi di dollari sono il finanziamento del governo degli Stati Uniti all’unione Fiat-Chrysler. Quasi due miliardi ha promesso Putin alla Fiat per un nuovo stabilimento in Russia. Quasi altrettanto paga il governo messicano per fare le 500, attualmente costruite in Polonia, dove il costo del lavoro comincia ad essere eccessivo. Cifre minori, ma comunque significative, la Fiat riceverà per riprendere la produzione automobilistica in Serbia”.
Insomma la FIAT investe dove gli Stati pagano. A livello mondiale ha accumulato in breve tempo almeno dodici miliardi di dollari di pubblici finanziamenti. Nello stesso tempo sposta la produzione dove i salari sono più bassi licenziando migliaia i lavoratori nei paesi industrializzati, in particolar modo in Italia (vedi Termini Imerese).
Pur con questi accorgimenti, la situazione della FIAT non è rosea: il 2009 si è chiuso con una perdita netta di 800 milioni di euro a fronte di un utile di 1.700 milioni nel 2008. Le vendite sono aumentate solo grazie agli incentivi che i vari governi hanno elargito per sostenere la produzione.
Di fronte ad una crisi di queste dimensioni si presume che un “buon imprenditore” riduca i costi e aumenti gli investimenti, insomma che faccia tutto il possibile per salvare l’azienda e i posti di lavoro.
Così infatti afferma la vulgata corrente imperante nei media e nel senso comune. Così afferma perentoria la presidente di Confindustria Marcegaglia ogni giorno in televisione: “siamo sulla stessa barca, bisogna fare sacrifici e gli imprenditori sono proprio quelli che si sacrificano di più per il bene dei loro dipendenti”.
Ma questa è solo ideologia.
A spulciare i bilanci della FIAT si scopre, per esempio, che di fronte alla crisi conclamata i vertici della FIAT hanno pensato solo di aumentare i loro già lauti compensi. Sergio Marchionne si è aumentato lo stipendio da 3,4 a 4,7 milioni di euro all’anno. Così come il presidente Luca di Montezemolo ha avuto il suo bell’aumento: da 3,3 a 5,1 milioni di euro annui. Complessivamente il top management dell’azienda si è aumentato gli stipendi da 11 a 19 milioni all’anno. Questo mentre il premio aziendale per gli operai e gli impiegati, nel 2009, è stato tagliato da 1.200 a 600 euro e per il 2010 si annuncia già ridotto fino a 300, sempre annui.
In questa situazione anche gli azionisti hanno avuto la loro parte: la Fiat quest’anno ha perso 800 milioni di euro, come risulta dai bilanci. Ma gli azionisti si sono comunque distribuiti 250 milioni di dividendi.
Si prepara la chiusura di Termini Imerese, si annunciano tagli complessivi dell’occupazione, cresce l’incertezza di molti stabilimenti, la cassa integrazione permanente oramai riduce le retribuzioni reali di un lavoratore Fiat a 900 euro netti mensili, ma la famiglia Elkann-Agnelli si distribuisce lauti guadagni.
Insomma, mentre i lavoratori del gruppo, in nome della crisi, pagano costi sociali drammatici, con vite intere che vengono messe in discussione, gli azionisti, Marchionne e Montezemolo, se la sguazzano.
E’ una vergogna senza precedenti, che dovrebbe suscitare un moto d’indignazione nell’opinione pubblica e che invece, fino ad ora, viene presentata con giustificazioni o assuefazioni. La concreta strategia imprenditoriale di Marchionne è tagliare i posti di lavoro e i salari, inseguire il costo del lavoro più basso e farsi pagare gli investimenti con i soldi pubblici. Il resto sono fumi pubblicitari atti solo a mascherare la realtà.
Se la realtà è quella sopra descritta sorge una domanda: a cosa servono gli imprenditori?
Nella teoria economica l’imprenditore è chi si assume il rischio dell’impresa economica; chi investendo i propri risparmi crea impresa organizzando la forza lavoro in modo da creare valore. In questo senso il profitto non è altro che la renumerazione del costo dell’investimento e del rischio connesso. Questo secondo la teoria economica dominante.
Ma se gli investimenti sono finanziati non dai risparmi dell’imprenditore ma dallo Stato con i soldi di tutti è ancora possibile giustificare il profitto? E se in situazioni di crisi l’imprenditore non rischia nulla ma aumenta i propri guadagni scaricandone i costi sul lavoro mediante licenziamenti, cassa integrazione, riduzione di salari e aumento dei ritmi dove va a finire la funzione sociale dell’imprenditore?
La crisi non provoca solo distruzione di beni e ricchezze, non determina solo un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita dei lavoratori. La crisi è anche il momento in cui i rapporti sociali si manifestano senza i veli dell’ideologia delle classi dominanti. La crisi è un grande momento di verità. Bisogna saperne approfittare.
PECS

COMUNICATO STAMPA

E’ possibile che nel Comune di Torgiano il nostro amatissimo sindaco insieme alla sua giunta, sensibilissima alle questioni sociali ed umani…, abbia fatto in modo che la Cooperativa Camst vincente della gara di appalto per la gestione della mensa scolastica sostituisse con altro personale dipendente sempre della stessa cooperativa le due lavoratrici applicate in mensa da tanti anni? Come vuole il buon senso e come fanno tutte le cooperative in questo caso, solitamente, cambia la cooperativa ma le lavoratrici rimangono al loro posto! E’ possibile credere che tutto questo è soltanto per un rinnovamento e per dare un segno di cambiamento della nuova amministrazione politica? Come è possibile ignorare l’umiliazione e la mortificazione che si provoca con questo atteggiamento alle lavoratrici? Sarà pretestuoso pensare che la motivazione è soltanto politica? Così facendo non si danneggia chi evidentemente non è concorde con quelle idee ideologiche tanto care al nostro illuminato Sindaco? Se poi alla fine della storia una delle due lavoratrici rimane a lavorare Torgiano, mentre quell’altra viene assunta in un altro luogo, mi chiedo, è sempre per un rinnovamento del personale e per dare un segno del cambiamento? E’ legittimo e malizioso pensare che si tratta di discriminazione politica e niente altro? In questo scenario che ricorda situazioni che speravamo ormai superati e relegati lontano nel tempo, l’unico soggetto che abbia dimostrato serietà e sensibilità è la Camst, cooperativa vincente della gara di appalto, che ha comunque proposto alle lavoratrici un’assunzione e considerando il periodo di crisi non è poco. Complimenti al nostro Sindaco che per la sua politica del fare e non delle chiacchiere, ha dimostrato in questo caso sensibilità umana e sociale, umiliando e mortificando chi fino ad adesso aveva lavorato con serietà e professionalità. Colgo l’occasione di questo comunicato per informare i compagni del mio partito che ho dato le dimissioni nelle sedi opportune da segretario del circolo di Torgiano, perché, sono convinto che la famiglia è al primo posto in una scala di valori, e conti più della politica. Quindi, esco di scena, lascio la politica. Penso, che nei livelli alti della politica ci sono degli equilibri e accordi che nessuno riesce a scardinare, e quindi tra predicare bene e poi mettere in pratica quello in cui si crede diventa difficile per tutti e a volte impossibile.


Giuseppe Mezzoiuso

domenica 21 febbraio 2010

Beata Ignoranza

Superiori ancora senza regole.
Iscrizioni al buio per 500mila

Scelta al buio per un milione e mezzo di studenti italiani. Le iscrizioni al primo e agli anni successivi delle scuole superiori targate Gelmini inizieranno il 26 febbraio, ma i Regolamenti che giustificano la riforma, definita "epocale" dallo stesso ministro dell'Istruzione, misteriosamente non sono ancora stati pubblicati. E senza Regolamenti, gli studenti non sapranno cosa e come studieranno, gli insegnanti non sapranno cosa e dove insegneranno, le scuole e gli enti locali (le province e le regioni) non potranno formulare i loro piani dell'offerta formativa. Si va avanti in questi giorni a forza di bozze non ufficiali, che possono cambiare da un momento all'altro, di voci provenienti dalla capitale e di indiscrezioni. Ma di certo c'è poco, solo una circolare sulle iscrizioni che la Flc Cgil definisce piena di "contraddizioni".
E dire che dalla definitiva approvazione della riforma da parte del Consiglio dei ministri, avvenuta lo scorso 4 febbraio, sono passati ben 15 giorni. I tre Regolamenti - che verranno pubblicati in gazzetta sottoforma di decreti del Presidente della repubblica, non avrebbero ancora ottenuto il benestare dei tecnici del ministero dell'Economia, particolarmente attenti ai tagli. Il numero di ore tagliate in ogni indirizzo, come si evince dalla relazione tecnica allegata al provvedimento, sarà sufficiente a garantire la cura dimagrante (27 mila cattedre in tre anni) per gli organici del personale docente che il governo si aspetta? E' questo il quesito che si pongono gli esperti di via XX settembre. Intanto, gli oltre 500 mila ragazzini che frequentano la terza media sono chiamati a scegliere come proseguire gli studi, ma i dubbi sono ancora parecchi. La Flc Cgil ne cita soltanto alcuni. "La circolare sulle iscrizioni - dicono da via Leopoldo Serra - evidenzia numerose contraddizioni legate alle possibili scelte degli indirizzi". Allo scientifico, per esempio, "manca la distinzione tra il liceo scientifico e l'opzione delle scienze applicate: quella senza il Latino". Quali scuole potranno attivarla? E in quale misura: una classe, due classi o tutte? Le scuole non lo sanno e di conseguenza non lo sapranno neppure le famiglie. Stesso discorso per le opzioni dei licei delle scienze umane e "per l'istituto professionale per i servizi socio sanitari, per i quali - continuano dalla Cgil - non si fa nessuna distinzione rispetto alle due ulteriori articolazione di Ottico e Odontotecnico". Ma non è tutto.
Anche i licei linguistici e quelli musicali e coreutici, di cui si sa pochissimo, viaggiano a vista. Dove saranno attivati? E con quanti posti disponibili? Il fatto è queste cose sono di competenza delle regioni e delle province, che dovrebbero predisporre i cosiddetti Piani dell'offerta formativa territoriali, ma in assenza dei Regolamenti tutto è fermo. "Risulta veramente paradossale - commenta i sindacato guidato da Mimmo Pantaleo - che l'informazione alle famiglie possa essere fornito attraverso un sistema automatico di confluenze, vedi punto 11 della circolare, in barba alle competenze delle Regioni e alle eventuali richieste delle scuole".
I dubbi diventano enormi passando agli istituti tecnici e professionali. Sono circa un milione gli studenti delle prime, seconde e terze classi che il prossimo anno (quando diventeranno seconde, terze e quarte classi) si vedranno ridotto l'orario delle lezioni. A 32 ore oppure a 34 per le seconde e 35 ore per le terze e quarte? Una bozza di regolamento prevede tagli alle ore soltanto nelle seconde e terze, un altro anche alle quarte. Qual è quello più attendibile? E quali materie verranno sforbiciate negli istituti tecnici, quelle con il maggiore numero di ore: cioè quelle tecniche? Potrebbe essere, ma non è ancora certo. E ancora, quali materie potranno insegnare i docenti? Ma, soprattutto, in quali indirizzi. Solo a titolo di esempio, si veda la questione della Matematica al liceo scientifico. I docenti di sola Matematica potranno continuare ad insegnarla al biennio o saranno dirottati altrove? E chi insegnerà l'Informatica negli scientifici? E le lingue straniere, è vero che col tempo si farà una sola cattedra per Inglese e Francese? Al momento, e senza documenti ufficiali, l'unica cosa certa sembra proprio l'incertezza.
Le scuole, in più, non sono ancora in grado di definire i loro piani dell'offerta formativa, anche perché, si vocifera che gli eventuali docenti che dovessero rimanere senza cattedra, visto che lo stato li pagherà ugualmente, potrebbero essere richiesti dalle stesse scuole per ampliare l'offerta formativa. Ma sarà vero? E, in ogni caso, quando si saprà? Probabilmente ad agosto quando scatteranno i trasferimenti dei docenti. Ma, in questo caso, i genitori avranno già scelto da un pezzo e ritornare sui propri passi sarà impossibile.
di SALVO INTRAVAIA, da www.repubblica.it

giovedì 18 febbraio 2010

REDDITO SOCIALE:


Melasecche: "Il reddito sociale? Un salario facile per tutti che significa essere fuori dalla storia"
L’esperienza di questi anni in Regione ci ha insegnato cose importanti. L’Umbria ha molti problemi che si acuiscono in questa crisi dura e difficile ma la demagogia è la soluzione peggiore che si possa offrire a chi ha bisogno di aiuto e spera nella ripresa, dalle famiglie che non vedono un futuro sereno per i propri figli, alle imprese che con estrema difficoltà cercano di tenere il mercato e chiedono alla istituzioni un approccio serio ma concreto ed amico. Ebbene riempire le piazze dell’Umbria di migliaia di manifesti promettendo un salario facile per tutti, ovviamente senza lavorare, significa soltanto vivere fuori dalla storia. Finanziare poi il salario sociale togliendo aiuti alle imprese che debbono viceversa crescere e fortificarsi prima di riprendere ad assumere è pura follia. Per non parlare dell’attuale Piano Regionale per l’Energia che, sotto il ricatto di Rifondazione, ha impedito di realizzare una centrale a turbogas, come se i forni delle acciaierie o le filiere della Basell potessero funzionare grazie al vento che muove quattro pale eoliche! Chi glielo spiega agli operai che lavorano in tutte le multinazionali della chimica ternano-narnese, che il loro futuro è legato ad un filo sottilissimo, in cui le valutazioni di redditività di quegli impianti fortemente energivori, sono prese in altri Paesi, da azionisti cui neanche sfiorano le minacce di chi agita i lavoratori? L’economia va governata. Può l’Umbria andare avanti in questo modo? Catiuscia Marini oggi ha una grande responsabilità: o ha il coraggio di liberarsi dal ricatto continuo di chi vuole la conservazione per la conservazione, oppure, anche in caso di vittoria, l’attendono tempi durissimi e procellosi relegando la nostra regione alla marginalità economica e politica. L’esatto contrario di ciò che occorre agli umbri.

di Enrico Melasecche, consigliere regionale dell'Udc

Vinti:" E' il ciclo centrista ad essere antistorico. Italia unico paese d'Europa senza una misura simile

Capisco che la lucidità di analisi del collega Melasecche sia offuscata dal tormento infertogli da questi primi giorni di cilicio, ma qualche precisazione a proposito della sacrosanta battaglia di Rifondazione comunista per il reddito sociale va fatta. Il collega Melasecche accusa Rifondazione di aver riempito “le piazze dell’Umbria di migliaia di manifesti promettendo un salario facile per tutti, ovviamente senza lavorare”: questo per lui significa “vivere fuori dalla realtà”. Informiamo Melasecche che l’Italia sta vivendo una profonda anomalia rispetto a quanto è stato costruito in questi decenni in paesi notoriamente dediti al bolscevismo e ai piani quinquennali come Francia, Inghilterra e Germania. Tra coloro che si occupano di questa materia si indicano infatti l’Italia e la Grecia come un vero e proprio modello mediterraneo di assenza di interventi di sostegno alle persone che hanno perso un’occupazione o che addirittura non sono mai entrate nel circuito occupazionale. Tutto ciò mentre gli altri paesi hanno dato vita a misure che rappresenterebbero un sogno per gli inoccupati, i precari e i disoccupati italiani. Basti pensare che nel Regno Unito il reddito sociale, l’importo garantito, è di circa 1.834 euro, di 1.300 euro in Svezia e di 1.859 euro nella Germania della “compagna” Merkel. Non più tardi di ieri il “compagno” Tito Boeri, professore della Bocconi, sottolineava come “l’Italia è l’unico Paese dell’eurozona dove non esiste un sussidio unico garantito per tutti i disoccupati”. “Chi perde il lavoro in Italia – aggiungeva il professore - ha una probabilità di diventare povero sei volte superiore alla media: per questo c’è bisogno di una riforma organica, che copra tutti i tipi di lavoratori e dia certezza a chi si aspetta di essere aiutato se perde il posto”. Capisco che al collega piaccia il sottosviluppo tipico di paesi come Grecia e Italia, ma allora non venga ad accusare Rifondazione di essere “la forza della conservazione antistorica e marginale”. Ad essere antistorico e marginale è il cilicio centrista: “L’esatto contrario – tanto per concludere come il collega – di quello che occorre agli umbri”.

di Stefano Vinti, segretario regionale Prc Umbria

Libera volpe in libero pollaio

Quella che sta svolgendosi in queste ore, sotto i nostri occhi, è la rappresentazione plastica di un disastro politico, economico e morale. Si badi: non c’è, in questa affermazione, alcuna enfasi propagandistica, né alcun compiaciuto retrogusto polemico. Perché parliamo del disastro di un’Italia a tal punto svenata e sgovernata che tutto sembra precipitare in un abisso senza fondo. Le frane di Maierato e di San Fratello, che stanno letteralmente ingoiando quei paesi, fanno da raccapricciante contrappunto simbolico al grumo di malversazione, di concussione, di corruzione che sta emergendo dalla vicenda della Protezione civile. Di giorno in giorno, il fronte di quest’altra frana si allarga e assume un profilo inquietante. Vedremo presto sin dove è risalita la cancrena, quali stanze del potere ha contaminato.
Toccherà ai magistrati accertare le violazioni di legge e le responsabilità penali, che sono personali. A noi compete e interessa invece un ragionamento politico, per istruire il quale abbiamo già a disposizione il materiale necessario. I fatti sono che la Protezione civile, la quale istituzionalmente avrebbe dovuto occuparsi di prevenire, per quanto possibile, attraverso opere di bonifica ambientale, eventi di dissesto geologico, ha progressivamente ampliato a dismisura il perimetro del proprio intervento sino a spostarne il baricentro in tutt’altra direzione. E lo ha fatto utilizzando sino in fondo le facoltà discrezionali che con interessata generosità il governo e la presidenza del consiglio le hanno riconosciuto. Col risultato che sotto l’egida dell’emergenza e attraverso procedure incontrollabili si sono messi in moto interessi voraci, capaci di divorare ingenti risorse pubbliche, messe a disposizione di una rete di faccendieri, speculatori, profittatori. Il mercimonio sessuale che fa da sordido contorno a questo banchetto non è che l’epifenomeno di un sistema, di un modello degenerato di gestione del potere che concede a chi lo detiene la possibilità di elargire favori, garantire coperture e protezioni.
L'altra faccia di questa medaglia è la disperazione della gente dell’Aquila, l’abbandono delle popolazioni messinesi che in queste ore stanno perdendo tutto nel più prevedibile degli eventi calamitosi; è la condizione dei lavoratori che stanno subendo licenziamenti di massa senza poter contare su alcuna tutela; è lo stato desolante della scuola pubblica, prosciugata sino a pregiudicare il diritto all’istruzione; è la condizione di totale precarietà in cui una generazione intera dibatte la propria esistenza grama, espropriata di fondamentali diritti di cittadinanza; è lo stato di ormai cronica marginalità sociale, di sfruttamento, quando non di persecuzione cui è sottoposta la popolazione migrante. Tutto questo, che sta passando nel tritacarne la vita di milioni di persone, scassandone il presente e ipotecandone il futuro, è considerato meno di nulla dal presidente del consiglio. Il quale, di fronte al verminaio che lambisce (o attraversa) la corte dei suoi sodali, riesce a dire che si tratta soltanto di «piccole volpi nel pollaio». L’impressione è che le volpi siano molte e, soprattutto, si trovino perfettamente a loro agio in un contesto politico nel quale, come abbiamo ripetutamente spiegato, le regole, le procedure, i vincoli, la trasparenza sono considerati soltanto ostacoli. Esattamente come la democrazia costituzionale, osteggiata e sbeffeggiata come un fastidioso balzello che si oppone all’esercizio spregiudicato della «politica del fare».
di Dino Greco
su Liberazione del 17/02/2010

domenica 7 febbraio 2010

IL MINISTRO ANTIBAMBOCCIONI

Non tutti sanno che il Ministro della Pubblica Amministrazione, il “grande” Renato BRUNETTA, in aggiunta al lauto stipendio di parlamentare e alla diaria e ai benefits da ministro prende ben 3.000 euro di pensione. Ne saranno contenti gli operai dell’Alcoa, i precari della scuola, i futuri disoccupati di Termini Imerese e tutti i cassaintegrati che sono costretti a campare con 800 euro mensili
Non tutti sanno che il nostro ministro, da giovane costretto a vendere gondolette, già a 23 anni conquistò il posto di assistente all’università e diventò professore universitario grazie ad una sanatoria per precari. Chissà che gioia per le centinaia di plurilaureati con master e tutti i titoli in regola che da anni aspettano invano un concorso universitario.
Non tutti sanno che mentre il nostro ministro antifannulloni faceva il deputato europeo (con un notevole tasso di assenteismo) la sua cattedra stava li ad aspettarlo buona buona, alla faccia di centinaia di ricercatori che ormai hanno perso le speranze di avere una “cattedra” (e quindi un posto fisso). E mentre non faceva né l’eurodeputato (troppe assenze) né il professore universitario (era in aspettativa) la sua pensione futura aumentava grazie ai contributi figurativi.
Non tutti sanno che il ministro che vuole abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in modo da favorire i giovani prende, solo di pensione, più del doppio dello stipendio dei padri dei giovani che intende difendere.
Non tutti sanno che mentre nelle sue comparsate televisive il nostro ministro si scaglia contro i doppi stipendi, contro i pensionati che lavorano, contro quelli che vanno in pensione prima dei 65 anni, contro un welfare cattivo che penalizza i giovani, in realtà sta facendo outing: sta confessando di non aver mai lavorato seriamente, di prendere insieme stipendio e pensione, più prebende varie, sconti, agevolazioni e privilegi.
Ma d’altra parte lui non è come noi, non è mai stato un “bamboccione”.
Forse era il caso che non fosse mai stato ministro!
PECS

venerdì 5 febbraio 2010

IL PRESIDENTE OPERAIO

http://www.youtube.com/watch?v=wfeqJtJailA



Ricordo, al "Presidente operaio",
l'articolo 3 della Costituzione italiana,
che recita:


"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

mercoledì 3 febbraio 2010

GAP TORGIANO


ESCI DAL SUPERMERCATO
ENTRA DAI PRODUTTORI
ENTRA A FAR PARTE DEI

GRUPPI di ACQUISTO POPOLARE

IL GAP è UN GRUPPO DI ACQUISTO POPOLARE
L'iniziativa che è partita da Roma, da PRC ed ACTION, si ispira al lavoro fatto dai GAS ( gruppo di acquisto solidale). I GAS e la rete che li mette insieme www.retegas.org infatti hanno nel tempo svolto un lavoro molto importante in termini di innovazione sul versante dei consumi critici; i GAS, pur essendo molto diversi fra loro sono stati riconosciuti dalla Finanziaria del 2008 – negli art. 266 –267 - 268.
Il Gas può essere riconosciuto quindi come ente associativo o come gruppo di persone informale che si mettono d’accordo per ordinare direttamente il prodotto al produttore. Quello che lo contraddistingue è il fatto che esso è un soggetto associativo senza scopo di lucro costituito al fine disvolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale.

CARTA D'INTENTI
Il gesto di fare la spesa può assumere una forte e chiara valenza sociale, economica e politica. Prendere consapevolezza di questo potere permette di elaborare una strategia di condizionamento della politica di approvvigionamento, produzione e distribuzione delle imprese.Accanto a questa finalità il GAP ispira la sua azione anche a criteri legati alla qualità merceologica e alla valutazione delle politiche compiute dalle imprese produttrici in termini di:
· Impatto sociale: rispetto delle norme di sicurezza e dei diritti dei lavoratori, tipo di rapporti adottati con i regimi oppressivi, forme di presenza nei Paesi del Sud del Mondo.
· Impatto ambientale: rispetto della natura e dei suoi ritmi, rispetto delle norme e convenzioni internazionali, scelte in materia di imballaggi e di riciclaggio, test sugli animali.

Essere un Gruppo d’acquisto popolare perciò vuole dire risparmiare, ma anche chiedersi che cosa c’è dietro a un determinato bene di consumo: se chi lo ha prodotto ha rispettato le risorse naturali e le persone che le hanno trasformate; quanto del costo finale serve a pagare il lavoro e quanto invece la pubblicità e la distribuzione; qual è l’impatto sull’ambiente in termini di inquinamento, imballaggio, trasporto fino a mettere in discussione il concetto stesso di consumo attuale ed il modello di sviluppo che lo sorregge.

I CRITERI DI SCELTA DEI PRODUTTORI
· L’occupazioneI produttori piccoli sono in generale ad elevata intensità di mano d’opera (ore di lavoro utilizzate per un prodotto), rispetto alle aziende grandi che sono per lo più ad elevata intensità di capitale (quota di finanziamenti utilizzata per un prodotto). La scelta dei primi rispetto ai secondi è quindi uno strumento importante per creare occupazione, ovvero per fare in modo che i soldi che spendiamo servano a pagare in misura maggiore chi ha lavorato rispetto alle banche o agli azionisti.
· Le condizioni di lavoro
L’economia mondiale, nell’era della globalizzazione, sta portando ad una corsa verso il fondo nelle condizioni di lavoro: le multinazionali spostano la loro produzione dove i costi sono più bassi, ovvero dove la manodopera è pagata meno ed i diritti dei lavoratori sono meno rispettati. L’unico modo per uscire da questa corsa che danneggia tutti è richiedere un livello minimo accettabile nelle condizioni di lavoro, che venga rispettato in qualsiasi parte del mondo.
· Cultura e coltura
I prodotti locali spesso si accompagnano a colture e culture tradizionali della propria zona; entrambe rischiano di scomparire sotto le spinte di uniformità del mercato globale. Mangiare prodotti tradizionali è un modo per allungare la loro vita e proteggere la biodiversità, oltre che conservare un mondo di sapori, ricette e tradizioni

Per maggiori informazioni
inviare una mail con un recapito all'indirizzo: gap.torgiano@hotmail.it
Oppure chiama il numero 347-9408649 (Andrea)

L’Umbria e le elezioni: la sfida politica e progettuale del PRC e della sinistra.

Il contesto politico dell’Umbria a due mesi dalle elezioni regionali ci induce ad una riflessione seria su quanto ancora sia necessario fare per dare una scossa riformatrice incisiva all’azione del futuro governo regionale. A seguito delle vicende che hanno interessato il gruppo dirigente del Partito Democratico, ovvero la parte più numerosa e consistente delle classi dirigenti politiche dell’Umbria, ci saremmo aspettati un diverso atteggiamento. L’esito di questa discussione si è, invece, attestato sul crinale di autosufficienza delle primarie di partito. Nessuno ha mai osato mettere in discussione il diritto del PD, in virtù dei numeri e delle condizioni politiche, ad esprimere il candidato alla Presidenza, a trovare ipotesi condivise e a sviluppare una sintesi politica capace di esercitare ancora sul resto della coalizione quella funzione di guida mai misconosciuta. Rifondazione Comunista è stata in questa fase forza politica responsabile perché ha atteso con pazienza gli esiti di un travaglio interno di cui ci sfuggiva in verità il nocciolo vero della contesa ma di cui abbiamo avvertito tutta la drammaticità. Mentre in questi mesi accadeva ciò, abbiamo elaborato e sviluppato una proposta politica per l’Umbria autenticamente riformatrice che faceva i conti con i drammi della crisi economica e sociale e con l’urgenza di mettere in campo un nuovo modello di sviluppo ponendoci la meta di una riforma sociale. Politiche incisive contro la crisi del sistema industriale e in difesa del reticolo produttivo delle piccole imprese artigianali e commerciali, Reddito sociale per spezzare l’odioso ricatto sul lavoro e salvaguardare il diritto ad una vita libera e dignitosa dei giovani in cerca di lavoro, centralità del lavoro e dei suoi diritti, lo stesso ragionamento sull’Italia mediana, la pratica di lavoro sociale messa in campo dalle forze più fresche del nostro partito nei territori e sul “territorio” della crisi, la difesa e l’affermazione dei principi del “bene comune” in materia di diritti sociali, di diritto alla salute, di risorse ambientali come l’acqua che si possono ben saldare con un’azione di governo senz’altro più vicina all’interesse collettivo dei suoi cittadini piuttosto che ai soli poteri economici. Non è questo, di per sé, uno sforzo di elaborazione politica e programmatica che restituirebbe all’intera coalizione un profilo sociale e democratico degno delle migliori tradizioni della sinistra umbra? E non è questa una possibilità di governo che rimetterebbe in campo energie e soggetti da poter restituire un po’ di entusiasmo ad un corpo elettorale, considerato sempre e più e solo come tale, piuttosto che come attivo partecipe delle sfide cui è chiamata l’Umbria futura? Noi crediamo di sì. Ed è anche per questo che abbiamo sostenuto la necessità di una grande partecipazione che consentisse a tutto il centro sinistra di mettere a confronto, attraverso le primarie di coalizione, i progetti e i nomi che si candidano a realizzarli. Noi un progetto ce l’abbiamo e l’abbiamo messo in campo e la stessa candidatura di Orfeo Goracci, per l’esperienza e la capacità di governo dimostrata, può rappresentare al meglio quella sfida e quel progetto. Aspettiamo ancora una risposta dal Partito Democratico che domenica celebrerà la sua ennesima e tutta interna resa dei conti. Questo significa che lunedì prossimo il centro sinistra dell’Umbria avrà comunque due candidati su cui confrontarsi e su cui esprimersi. Questa coalizione, ad oggi, una proposta chiara ce l’ha ed è quella della sinistra e di Rifondazione Comunista: essa porta il senso della riforma e il dovere delle scelte chiare. Roba da matti? No, un contributo alla rigenerazione della politica e alla ricostruzione della capacità di governo della sinistra, una sveglia per tutti che i tempi possono cambiare e la sinistra, solo che voglia, può tornare a segnare la rotta, anche in Umbria.

Giuliano Granocchia
Comitato Politico Nazionale PRC-SE

Calistri (Socialismo 2000): primarie di coalizione e convergenza su candidato unico. Sinistra Democratica batta un colpo


Bisognerebbe chiedere la penna in prestito ad un Ionesco o un Tardieu o un Beckett o ad un altro grande del teatro dell'assurdo, per descrivere la vicenda che si sta vivendo all'interno del centro sinistra per l'individuazione del candidato Presidente da presentare alle prossime elezioni regionali: un partito, il Partito Democratico, che nazionalmente quasi si vanta di aver inventato le primarie, o comunque di averle introdotte in Italia quale pratica massima di democrazia e partecipazione popolare, che per mesi tuona di non volere giammai ricorrere alle primarie e che l'indicazione del candidato spetta al gruppo dirigente allargato, ma poi, letteralmente dalla sera alla mattina si converte alle primarie. Quando le altre forze della coalizione (Italia dei Valori esclusa perché a tutt'oggi non si è mai fatta vedere al tavolo della coalizione) si dicono d'accordo con primarie che coinvolgano tutto il centro sinistra, arriva l'alto là del Partito Democratico. Ma che scherziamo, primarie si, ma solo quelle che dico io, dove tutti possono partecipare, anzi più ampia è la partecipazione e meglio è, ma chi gareggia, i candidati, lo decido io. Il senatore democratico Agostini fin dall'inizio solitario fautore delle primarie e per lungo tempo candidato unico alle stesse, una volta ottenute le primarie, si ritira lanciando strali infuocati contro il suo partito ed i suoi amici di corrente. Il segretario provinciale del PD, Stramaccioni, si dimette all'indomani della scelta delle primarie, definendo, di fatto, il gruppo dirigente del PD una manica di incapaci. Altri pezzi importanti del PD, ad iniziare dal sindaco Locchi, si ritirano storcendo il naso. Le altre forze della coalizione, ad eccezione di Rifondazione Comunista, che pur avevano chiesto primarie di coalizione attonite, un po' sbandate, si acconciano ad aspettare gli esiti della competizione interna al PD, schierandosi, apertamente o sottobanco, per uno o l'altra dei candidati, che intanto sono scesi a due. Ovviamente, manco a dirlo, dei problemi dell'Umbria, di come affrontare nel prossimo quinquennio il combinato disposto di effetti della crisi ed avanzare di un progetto di federalismo voluto dal governo di centro destra, iniquo e non solidale, solo per citare due temi specifici, di tutto ciò non se ne parla.
C'è veramente di che chiedere scusa a tutte le elettrici ed elettori di centro sinistra che tra lo sgomento e l'indignato assistono attoniti a questa vicenda.
Di fronte a questo insopportabile atteggiamento di autosufficienza del Partito Democratico, che forse pensa di essere il PCI degli anni sessanta e non si ricorda che alle ultime europee e sceso al 34% con una PdL al 36%, è necessario che le altre forze della coalizione battano un colpo. Rifondazione Comunista e Socialismo 2000 lo hanno fatto. Coerentemente con quanto da sempre sostenuto al tavolo della coalizione, non solo hanno continuato a chiedere primarie di coalizione, ma per dimostrare che facevano sul serio hanno presentato un candidato, il sindaco di Gubbio Orfeo Goracci, e, cosa non di poco conto, un programma, che parla di piano regionale del lavoro, di reddito sociale, di nuove misure per la piccola impresa, di Italia mediana, e così via: un programma che parla dell'Umbria e parla agli umbri. Il resto della coalizione cosa spetta.
Mi rivolgo sopratutto alle compagne ed i compagni di Sinistra Democratica. Anni fa abbiamo fatto la scelta di non entrare nel Partito Democratico, di non acconciarci ad essere la sinistra di un qualcosa che, a nostro avviso, non aveva più alcuna connotazione di sinistra e ci siamo avviati lungo un percorso che aveva come meta la costruzione di una nuova sinistra forte ed autonoma. Adesso è il momento di dimostrare la nostra autonomia dal PD, uno scatto di orgoglio. Uniamoci tutti per chiedere primarie di coalizione e troviamo un'intesa su di un candidato della Sinistra.

Franco Calistri
Socialismo 2000 Umbria

La candidatura di Goracci: "E' stata una scelta necessaria: mentre gli altri si dilaniavano, noi parlavamo con la gente"


L’uomo è navigato ma una certa emozione non la nasconde: “Non nascondo l’emozione per questa scelta – ha detto il sindaco di Gubbio Goracci durante la conferenza stampa di questa mattina – che rappresenta una parte di storia importante di questa regione”. Il Prc dunque, “di fronte allo spettacolo poco edificante del Pd”, propone un suo candidato alla presidenza. Una scelta, secondo Goracci, che andava fatta addirittura qualche giorno prima: “La scelta che oggi rendiamo nota - dice - non solo è necessaria, ma addirittura avremmo dovuto farla qualche settimana fa, perché la gente dell'Umbria non si può permettere di aspettare ancora che il Pd risolva le sue numerose problematiche interne. Facendo, in questo modo, un danno non solo a sé stesso ma a tutto il centrosinistra ed ai cittadini umbri. Un danno per il quale dovrebbe chiedere scusa''.
L’occasione delle primarie, secondo Goracci, servirà anche “per parlare ai tanti elettori della sinistra che ci sono in Umbria. Io di certo non sono un grande amante delle primarie, ma di fronte a questa incapacità del Pd questa scelta si è rivelata necessaria”. Goracci poi si sofferma sullo scenario politico degli ultimi mesi e sottolinea che “mentre il Pd è stato capace soltanto di dilaniarsi, senza però essere in grado di intercettare i sentimenti e la realtà della gente comune, questo lavoro è stato portato avanti dal Prc”. A sostegno della sua tesi il sindaco eugubino porta alcuni esempi: “Anziché di mandati, statuti e ricorsi, noi abbiamo provato a parlare, ad esempio, della grande emergenza del lavoro: ci siamo dimenticati della crisi della Merloni che sta mettendo in ginocchio 1070 dipendenti?”.
Oltre alle tematiche del lavoro, Goracci intende mettere sul piatto della discussione altri punti che lui ritiene decisivi per quella politica di sinistra che, come ha ribadito anche stamattina, “in questa coalizione non può mancare: c’è bisogno di chi ha una lettura diversa delle cose”. E allora, oltre a ribadire un no forte al nucleare e la necessità di una forte riflessione sulla laicità, secondo il sindaco c’è bisogno di una grande valorizzazione delle politiche ambientali, come un’intensa opera di ripubblicizzazione delle acque ad esempio. Così come c’è la necessità di un “ragionamento sulle infrastrutture: non parlo solo di strade e autostrade, che vanno fatte evitando di devastare il territorio, ma anche di infrastrutture immateriali come quelle telematiche che sono decisive per uno sviluppo della regione”.
SCHEDA BIOGRAFICA DI ORFEO GORACCI
Di professione maestro elementare, diviene segretario del PCI nel 1987, dopo tre anni passati alla guida della locale sezione della FGCI. Nel 1988 è capogruppo in Consiglio comunale, e nel 1989 viene nominato assessore all'ambiente e ai lavori pubblici.
Nel 1992 aderisce al Partito della Rifondazione Comunista. Nello stesso anno viene eletto alla Camera dei Deputati, dove resta fino al 1994, mentre dal 1995 al 2000 siede nel Consiglio regionale dell'Umbria, e per quattro anni è anche vice-presidente della Giunta regionale.
Nel 2001, sostenuto da Rifondazione Comunista, Verdi e una lista civica, viene eletto Sindaco di Gubbio al ballottaggio con 10.623 voti; è confermato nel ruolo di primo cittadino anche dopo le consultazioni del 2006, nelle quali riceve oltre 11.000 preferenze.
Membro del comitato politico nazionale di Rifondazione in quota alla mozione 1 (Ferrero, Grassi), Goracci è stato candidato alle elezioni europee del 2009 nella Circoscrizione Italia centrale per la lista anticapitalista formata da PRC e PdCI.


di Daniele Bovi

La Lega Nord “Tiene famiglia”. Il figlio di Bossi candidato alle regionali

Alla notizia che Renzo Bossi, secondogenito dell’Umberto leader incontrastato della Lega Nord, verrebbe candidato per le regionali nel collegio blindatissimo di Brescia, è subito scoppiato un grande malumore nella seconda città lombarda. E’ addirittura sorto un movimento di giovani leghisti che si sono schierati apertamente contro questa proposta aprendo un dibattito su Facebook: il logo da loro inventato rappresenta un’urna elettorale con la figura di una trota sbarrata di rosso e la scritta esplicita “no, grazie”. E poi giù con i commenti del tipo “ Che vada a Varese”, “Forse a Milano non hanno ben capito che non siamo qui per farci prendere in giro!”, “Facciamoci sentire!” ed altri sullo stesso tono.
Ma che c’entra la trota? Per comprendere il termine occorre riandare a qualche tempo fa, allorché il Senatur aveva preso l’abitudine di farsi accompagnare dal pargolo in ogni occasione importante, tenendoselo accanto sul palco dei comizi, nelle riunioni importanti e perfino in occasione della rituale cerimonia della raccolta dell’acqua alle sorgenti del Po. Era il chiaro segnale che l’Umberto aveva scelto il figlio Renzo quale successore a capo della Lega, proclamandolo di fatto suo delfino, salvo poi ripensarci allorché cominciarono ad arrivargli dalla base messaggi non proprio incoraggianti, tanto che se ne scappò con la famosa frase che al momento più che ad un delfino il “bimbo” assomigliava ad una trota, per cui doveva ancora crescere. Da qui il nomignolo che gli è rimasto attaccato addosso.
Ma se come successore dell’augusto genitore la strada gli è stata sbarrata, occorreva comunque trovare anche a lui una buona sistemazione, migliore se possibile di quella rimediata per il figlio più grande, Riccardo, piazzato a Bruxelles, con un buon stipendio, quale assistente di Speroni. Insomma, anche l’integerrimo leader leghista ha un cuore da genitore, non insensibile perciò al richiamo del sangue, per cui non ha esitato ad issare la bandiera con su scritto “tengo famiglia”, quella stessa bandiera che era stata sventolata in passato da altri politici italiani.
Da qui la pensata di fargli posto come candidato a Brescia, liberandolo dalla presenza imbarazzante della “titolare” del ruolo, Monica Rizzo, che è stata comunque tacitata piazzandola nel “listino” bloccato del governatore Formigoni. Governatore che con una buona dose di piaggeria ha addirittura definito la mossa “Lo sbiadirsi del familismo”, e non mettetevi a ridere per la spiegazione che ha dato al riguardo: “E’ la democrazia, ora dovrà cercarsi le preferenze”. Piaggeria seconda solo a quella di Calderoli, una sorta di zio per il Renzino: anche lui ha infatti messo in risalto i pericoli che il giovane correrebbe poiché “dovrà affrontare la campagna elettorale e ottenere le preferenze sufficienti”, per poi aggiungere, senza minimamente arrossire, si tratta di “un atto di coraggio di fronte al quale mi tolgo tanto di cappello”.
Oltre alle numerose comparsate al fianco del padre, del giovane Bossi non si ricorda nulla di più, se non le pessime figure rimediate in ambito scolastico. La tesina su Cattaneo, che il fratello Riccardo poco simpaticamente attribuì ad alcuni deputati, non gli bastò per essere promosso agli esami di Stato ed il padre Umberto ne approfittò per prendersela con gli insegnanti meridionali che si sarebbero voluti vendicare di lui. Poi però venne respinto di nuovo, questa volta dai preti, ed il Bossi non se la sentì di dichiarare guerra al Vaticano. Dopo di che il giovine si dedicò tutto alla nazionale di calcio della Padania della quale si ricordano memorabili imprese.
Ora, il salto di qualità in Regione, con la speranza che almeno questa volta i suoi esaminatori siano clementi e non lo boccino di nuovo.

di Eugenio Pierucci
da www.umbrialeft.it

martedì 2 febbraio 2010

LETTERA DI PAOLO FERRERO


Cara compagna, caro compagno,
il nostro Partito arriva da un periodo molto travagliato: sconfitte elettorali, scissioni, e da un oscuramento dell’informazione che ci ha quasi fatto sparire dai mass media.In quest’ultimo anno abbiamo lavorato a ricostruire il partito. Per la prima volta dopo tanti anni siamo riusciti a darci una gestione interna unitaria, in cui tutte le le aree del partito collaborano, mentre parallelamente stiamo ricostruendo l’intervento politico esterno.Lo abbiamo fatto in questi mesi ricostruendo il lavoro sociale del partito: a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori nelle lotte per la difesa del posto di lavoro, nel movimento dei precari, nelle battaglie ambientali e per l’acqua pubblica, con l’impegno nel terremoto e con la raccolta di firme per il referendum contro il lodo Alfano. Lo abbiamo fatto costruendo dal basso il partito sociale, nelle mille forme di aggregazione e di solidarietà vertenziale a cui abbiamo dato vita sui territori.
Lo facciamo oggi con l’impegno concreto nella costruzione della Federazione della Sinistra, un processo unitario che partirà ufficialmente il 5 dicembre a Roma. Vogliamo mettere fine a troppi anni in cui i comunisti e la sinistra di alternativa si sono continuamente divisi, facendoci perdere ogni credibilità. Vogliamo ripartire unendo le forze, per ridare credibilità alla costruzione di un polo politico di alternativa, dove far vivere il progetto della rifondazione comunista. Una proposta unitaria che chiudendo la stagione delle continue divisioni, ridia una speranza alla nostra gente.
Per fare tutto questo abbiamo bisogno di voi. Abbiamo bisogno di rivitalizzare Rifondazione Comunista e di renderla più forte. Non si tratta di un fatto testimoniale. La crisi capitalistica ha riaperto i giochi e oggi concretamente ci troviamo di fronte al rischio di una svolta a destra, di cui il berlusconismo è l’espressione peggiore, fatta di ingiustizie e di guerra tra poveri: una vera e propria crisi di civiltà in cui tutti guardano al futuro con paura, in cui i giovani sono immersi in una precarietà senza confini che toglie ogni speranza. Noi lavoriamo per una uscita da sinistra dalla crisi, basata su maggior giustizia sociale, sull’allargamento della democrazia e su una riconversione sociale ed ambientale dell’economia. Per costruire l’alternativa abbiamo bisogno di più lotte ma anche di un Partito della Rifondazione Comunista e di una Federazione della Sinistra più forte.Per questo ti scrivo. Non è oggi il tempo di stare a guardare, è il tempo di dare una mano per ricostruire una sinistra degna di questo nome e una presenza dei comunisti forte e autorevole. Per questo ti propongo di iscriverti o re-iscriverti a Rifondazione; per ricostruire quel partito che ci ha fatto sperare e disperare ma di cui c’è, oggi più che mai, bisogno.Un caro saluto,


Paolo Ferrero

Segretario nazionale PRC-Se