giovedì 25 febbraio 2010

LA PERICOLOSA DERIVA DI UN PAESE ALLO STREMO

È da tempo che la lettura dei giornali non aiuta il buonumore, ma qualcosa di nuovo in questi giorni accade. Il clima è particolarmente sgradevole e – speriamo di sbagliarci – anche inquietante. La situazione è paludosa. Si ha il sentore di vivere sospesi, come in attesa di uno shock ineluttabile.
Il Paese è senza bussola. Sapevamo già di che pasta siano i nostri governanti, affaristi spregiudicati e cinici, sovente incapaci, di norma irresponsabili (basti l’esempio del ministro degli Interni che raccomanda di essere «cattivi» contro gli immigrati). Ci era ben presente la figura del loro capo-manipolo, zelante custode di lucrosi commerci, podestà dell’informazione da sempre in guerra contro i magistrati. Non ne scopriamo adesso l’alto profilo morale.
Ma oggi siamo a un salto di qualità. Prima la sequenza degli scandali sessuali, dal caso Letizia ai festini con le escort. Poi la catastrofe della Protezione civile, con la scoperta di un enorme sistema di tangenti fondato sulla logica dell’emergenza. Infine, in queste ore – come per l’esplosione di una bomba a grappolo – l’affaire Telecom–Fastweb (fondi neri e riciclaggio per miliardi di euro) e la sconvolgente vicenda di un senatore «consulente e legale finanziario» della ’ndrangheta, nelle mani dei boss. Non sono solo storie da basso Impero e non è soltanto un’orgia di corruzione, di per sé ben più estesa e soffocante (parola del senatore Pisanu, non propriamente un nemico della destra) della Tangentopoli di vent’anni fa.
È il crollo, pezzo dopo pezzo, dell’architettura civile, istituzionale e politica di un Paese allo stremo, per troppo tempo in balìa di una «classe dirigente» infestata da oligarchi e mascalzoni.
Il dissesto idro-geologico del territorio è una buona metafora della frana che rischia di travolgerci. Poi non si dica di non aver capito, non ci si finga sorpresi. Un Paese non può convivere a lungo allegramente con un’evasione fiscale pari al 20% di quanto produce e con un terzo del reddito nazionale fuori legge. Di questo passo si finisce per forza di cose sudditi delle mafie.
Quale messaggio si trasmette al Paese? L’immagine più calzante è quella di una nave senza guida in un mare in tempesta. O abbandonata a una cricca di pirati. Un’altra metafora del disastro è lo squallido spettacolo di Sanremo. Mettiamo lo Stato al posto delle canzonette e il sistema di potere che spadroneggia al posto del televoto di Pupo e del Savoia, e avremo un fedele ritratto dello stato dell’arte. Salvo un dettaglio, non irrilevante.
Qualcosa ancora funziona, nella gestione della crisi il governo conosce il fatto suo. Sa a chi regalare soldi e a chi sottrarli. Aiuta i padroni, che poi chiudono le fabbriche e licenziano. Premia corrotti ed evasori. Taglia i fondi alla scuola, all’università, agli enti locali. Nega i diritti di quel che resta della libera informazione.
La situazione è talmente degradata da scatenare la guerra civile dentro la maggioranza. Il presidente della Camera ha solennemente dichiarato che i magistrati non debbono vergognarsi. In qualsiasi altro Paese parole del genere procurerebbero imbarazzo, qui suonano testimonianza di un alto senso delle istituzioni. Per quanto l’on. Fini si guardi bene dal riflettere sulle ragioni del malaffare dilagante, gli va dato atto che almeno cerca di smarcarsi. E di segnare una prospettiva.
Non altrettanto può dirsi dell’opposizione. Potrebbe, e dovrebbe, passare all’attacco. Dire al Paese che da questo incubo si può uscire. Indicare una direzione credibile di marcia. Invece appare inerte, assente come un pugile suonato.
Il Pd (non da oggi) è un mistero, come se alla base della sua latitanza pesassero ragioni che ignoriamo. L’Idv si è ritirata in buon ordine, dopo la cautelosa virata del suo padre-padrone. Tutti allineati e coperti, mentre si approssima un importante turno elettorale. E la tensione cresce.
La situazione è grave e seria. Ci piacerebbe tanto chiedere all’on. Veltroni e ai suoi successori e antecedenti se pensano che il Paese si sia giovato della guerra di sterminio a sinistra che hanno scatenato.
Comunque, con tutte le nostre difficoltà, noi – Rifondazione comunista e Federazione della sinistra – continuiamo nella nostra battaglia per ritrovare lo spirito della Costituzione tradita. Pensiamo che, in questo momento, su ogni calcolo di bottega debba prevalere la consapevolezza dei rischi che il Paese corre. Ieri il Corriere della sera ha scritto che l’Italia «sta tornando pericolosamente a respirare il clima degli anni bui». Ottant’anni fa Antonio Gramsci avvertiva che in una situazione di stallo, quando «il vecchio muore e il nuovo non può nascere», può accadere letteralmente di tutto. Siamo avvisati. Ognuno sappia che i problemi non si risolvono da sé, che non basta aspettare. Chi, potendo, non opera per una soluzione progressiva, si rende complice della devastazione.

Alberto Burgio, Liberazione, 25/02/2010

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