mercoledì 23 dicembre 2009


Un buon anno a tutti
La speranza ha due bellissimi figli:
lo sdegno e il coraggio...
Lo sdegno per la realtà delle cose,
il coraggio per cambiarle
.
Pablo Neruda.

martedì 15 dicembre 2009

Io, nero italiano

Io, nero italiano
e la mia vita ad ostacoli
di PAP KHOUMA (tratto da la Reppublica.it) http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/immigrati-13/nero-italiano/nero-italiano.html


Sono italiano e ho la pelle nera. Un black italiano, come mi sono sentito dire al controllo dei passaporti dell'aeroporto di Boston da africane americane addette alla sicurezza. Ma voi avete idea di cosa significa essere italiano e avere la pelle nera proprio nell'Italia del 2009?
Mi capita, quando vado in Comune a Milano per richiedere un certificato ed esibisco il mio passaporto italiano o la mia carta d'identità, che il funzionario senza neppure dare un'occhiata ai miei documenti, ma solo guardandomi in faccia, esiga comunque il mio permesso di soggiorno: documento che nessun cittadino italiano possiede. Ricordo un'occasione in cui, in una sede decentrata del Comune di Milano, una funzionaria si stupì del fatto che potessi avere la carta d'identità italiana e chiamò in aiuto altre due colleghe che accorsero lasciando la gente in fila ai rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava più o meno così.
"Mi ha dato la sua carta d'identità italiana ma dice di non avere il permesso di soggiorno. Come è possibile?".
"Come hai fatto ad avere la carta d'identità, se non hai un permesso di soggiorno... ci capisci? Dove hai preso questo documento? Capisci l'italiano?". "Non ho il permesso di soggiorno", mi limitai a rispondere.
Sul documento rilasciato dal Comune (e in mano a ben tre funzionari del Comune) era stampato "cittadino italiano" ma loro continuavano a concentrarsi solo sulla mia faccia nera, mentre la gente in attesa perdeva la pazienza.
Perché non leggete cosa c'è scritto sul documento?", suggerii. Attimo di sorpresa ma.... finalmente mi diedero del lei. "Lei è cittadino italiano? Perché non l'ha detto subito? Noi non siamo abituati a vedere un extracomunitario...".
L'obiezione sembrerebbe avere un qualche senso ma se invece, per tagliare corto, sottolineo subito che sono cittadino italiano, mi sento rispondere frasi del genere: "Tu possiedi il passaporto italiano ma non sei italiano". Oppure, con un sorriso: "Tu non hai la nazionalità italiana come noi, hai solo la cittadinanza italiana perché sei extracomunitario".
Quando abitavo vicino a viale Piave, zona centrale di Milano, mi è capitato che mentre di sera stavo aprendo la mia macchina ed avevo in mano le chiavi una persona si è avvicinata e mi ha chiesto con tono perentorio perché stavo aprendo quell'auto. D'istinto ho risposto: "Perché la sto rubando! Chiama subito i carabinieri". E al giustiziere, spiazzato, non è restato che andarsene.
In un'altra occasione a Milano alle otto di mattina in un viale ad intenso traffico, la mia compagna mentre guidava ha tagliato inavvertitamente la strada ad una donna sul motorino. E' scesa di corsa per sincerarsi dello stato della malcapitata. Ho preso il volante per spostare la macchina e liberare il traffico all'ora di punta. Un'altra donna (bianca) in coda è scesa dalla propria macchina ed è corsa verso la mia compagna (bianca) e diffondendo il panico le ha detto: "Mentre stai qui a guardare, un extracomunitario ti sta rubando la macchina". "Non è un ladro, è il mio compagno", si è sentita rispondere.
Tutte le volte che ho cambiato casa, ho dovuto affrontare una sorta di rito di passaggio. All'inizio, saluto con un sorriso gli inquilini incrociati per caso nell'atrio: "Buongiorno!" o "Buona sera!". Con i giovani tutto fila liscio. Mentre le persone adulte sono più sospettose. Posso anche capirle finché mi chiedono se abito lì, perché è la prima volta che ci incontriamo. Ma rimango spiazzato quando al saluto mi sento rispondere frasi del genere: "Non compriamo nulla. Qui non puoi vendere!". "Chi ti ha fatto entrare?".
Nel settembre di quest'anno ero con mio figlio di 12 anni e aspettavo insieme a lui l'arrivo della metropolitana alla stazione di Palestro. Come sempre l'altoparlante esortava i passeggeri a non superare la linea gialla di sicurezza. Un anziano signore apostrofò mio figlio: "Parlano con te, ragazzino. Hai superato la linea gialla. Devi sapere che qui è vietato superare la linea gialla... maleducato". Facevo notare all'anziano che mio figlio era lontano dalla linea gialla ma lui continuava ad inveire: "Non dovete neppure stare in questo paese. Tornatevene a casa vostra... feccia del mondo. La pagherete prima o poi".
Qualche settimana fa all'aeroporto di Linate sono entrato in un'edicola per comprare un giornale. C'era un giovane addetto tutto tatuato, mi sono avvicinato a lui per pagare e mi ha indicato un'altra cassa aperta. Ho pagato e mi sono avviato verso l'uscita quando il giovane addetto si è messo a urlare alla cassiera: "Quell'uomo di colore ha pagato il giornale?". La cassiera ha risposto urlando: "Sì l'uomo di colore ha pagato!". Tornato indietro gli dico: "Non c'é bisogno di urlare in questo modo. Ha visto bene mentre pagavo". "Lei mi ha guardato bene? Lo sa con chi sta parlando? Mi guardi bene! Sa cosa sono? Lei si rende conto cosa sono?". Cercava di intimidirmi. "Un razzista!" gli dico. "Sì, sono un razzista. Stia molto attento!". "Lei è un cretino", ho replicato.
Chi vive queste situazioni quotidiane per più di 25 anni o finisce per accettarle, far finta di niente per poter vivere senza impazzire, oppure può diventare sospettoso, arcigno, pieno di "pregiudizi al contrario", spesso sulle spine col rischio di confondere le situazioni e di vedere razzisti sbucare da tutte le parti, di perdere la testa e di urlare e insultare in mezzo alla gente. E il suo aguzzino che ha il coltello dalla parte del manico, con calma commenta utilizzando una "formula" fissa ma molto efficace: "Guardate, sta urlando, mi sta insultando. Lui è soltanto un ospite a casa mia. Siete tutti testimoni..."Ho assistito per caso alla rappresentazione di una banda musicale ad Aguzzano, nel piacentino. Quando quasi tutti se ne erano andati ho visto in mezzo alla piazza una bandiera italiana prendere fuoco senza una ragionevole spiegazione. Mi sono ben guardato dal spegnerla anche se ero vicino. Cosa avrebbe pensato o come avrebbe reagito la gente vedendo un "extracomunitario" nella piazza di un paesino con la bandiera italiana in fiamme tra le mani? Troppi simboli messi insieme. Ho lasciato la bandiera bruciare con buona pace di tutti.
Ho invece infinitamente apprezzato il comportamento dei poliziotti del presidio della metropolitana di Piazza Duomo di Milano. Non volevo arrivare al lavoro in ritardo e stavo correndo in mezzo alla gente. Ad un tratto mi sentii afferrare alle spalle e spintonare. Mi ritrovai di fronte un giovane poliziotto in divisa che mi urlò di consegnare i documenti. Consegnai la mia carta di identità al poliziotto già furibondo il quale, senza aprirla, mi ordinò di seguirlo. Giunti al posto di polizia, dichiarò ai suoi colleghi: "Questo extracomunitario si comporta da prepotente!".
Per fortuna le mie spiegazioni non furono smentite dal collega presente ai fatti. I poliziotti verificarono accuratamente i miei documenti e dopo conclusero che il loro giovane collega aveva sbagliato porgendomi le loro scuse. Furono anche dispiaciuti per il mio ritardo al lavoro.
Dopotutto, ho l'impressione che, rispetto alla maggioranza della gente, ai poliziotti non sembri anormale ritrovarsi di fronte a un cittadino italiano con la pelle nera o marrone. "Noi non siamo abituati!", ci sentiamo dire sempre e ovunque da nove persone su dieci. E' un alibi che non regge più dopo trent'anni che viviamo e lavoriamo qui, ci sposiamo con italiane/italiani, facciamo dei figli misti o no, che crescono e vengono educati nelle scuole e università italiane.
Un fatto sconvolgente è quando tre anni fa fui aggredito da quattro controllori dell'Atm a Milano e finii al pronto soccorso. Ancora oggi sto affrontando i processi ma con i controllori come vittime ed io come imputato. Una cosa è certa, ho ancora fiducia nella giustizia italiana.


giovedì 10 dicembre 2009


I POVERI

di Ascanio CELESTINI

I poveri erano così poveri che presero la loro fame, la misero in bottiglia e andarono a vendersela.Se la comprarono i ricchi. I ricchi che nella vita avevano mangiato tutto dal caviale all'ossobucodiculodicane allo spiedo e volevano conoscere anche il sapore della fame dei miseri.
Per un po' quei poveri tirarono avanti, ma poi tornarono a essere poveri come prima. Allora imbottigliarono la loro sete e andarono a vendersela. Se la comprarono i ricchi che nella vita avevano bevuto tutto, dal Brunello al Tavernello ma non avevano ancora assaggiato la sete dei miseri.
Ancora un po' i poveri tirarono avanti, ma poco tempo più tardi tornarono nella povertà. Allora presero la loro rabbia la misero in bottiglia e andarono a vendersela. Se la comprarono i ricchi. I ricchi che nella vita si erano sentiti indispettiti, che avevano avuto un po' di rodimento di culo, ma la rabbia vera non l'avevano mai provata. Così se la comprarono dai poveri che ce n'avevano tanta.
I poveri tirarono avanti, ma poi vendettero anche il loro pudore, la loro vergogna, il loro dolore. Imbottigliarono la commozione e l'insubordinazione, la violenza e il riscatto, la rivolta e la pietà.
Col tempo le cantine dei ricchi si riempirono di bottiglie. Accanto ai grandi vini d'annata collezionavano la fame dei sanculotti della rivoluzione e la rabbia dei braccianti che occupavano le terre del Meridione. Tra gli spumanti e gli champagne trovavano posto la pazzia dei pellagrosi nelle campagne o l'orgoglio dell'aristocrazia operaia che aveva difeso le fabbriche dai nazisti e s'era guadagnata i diritti nelle lotte sindacali. Tra novelli e i passiti c'era il disgusto dei precari e dei senza casa o la determinazione dei Zapatisti che marciarono verso Città del Messico col passamontagna.
Dopo qualche generazione i poveri s'erano venduti tutto. I poveri diventarono così poveri che presero la loro povertà, la misero in bottiglia e andarono a vendersela. Se la comprarono i ricchi che volevano essere così tanto ricchi da possedere anche la miseria dei miseri.
Quando i poveri restarono senza niente si armarono. E non di coltello e forchetta, ma di pistole e fucili perché la rivoluzione non è un pranzo di gala, la rivoluzione è un atto di violenza. Marciarono verso il palazzo. Però quando arrivarono sotto il balcone del podestà si fermarono e rimasero zitti.
Perché senza la rabbia e la fame, senza l'orgoglio e il disgusto, senza cultura e coscienza di classe non si fa la rivoluzione.
Così il podestà scese in cantina, tornò con una bottiglia e la riconsegnò al popolo. C'era imbottigliata la libertà che avevano conquistato i loro nonni, ma che i padri s'erano già venduta da un pezzo. Potevano farci un inno o un partito, un circolo o una bandiera. La stapparono, ma non riuscirono a farci niente. Perché la libertà da sola non serve.
Allora il podestà si cercò in tasca e trovò una scatola di caramelle alla menta. La consegnò al popolo. E da quel momento i poveri furono liberi.
Liberi di succhiare mentine.


Guarda il Video I POVERI
di Ascanio CELESTINI


mercoledì 9 dicembre 2009

Un titolo azzeccato

Un titolo azzeccato: paese di merda
di Ascanio Celestini
da Il Manifesto, del 06.12.2009



Il leader della sinistra incontra il leader della destra per discutere di regole democratiche. Se davvero gliene importasse qualcosa le rispetterebbero e basta. Invece si incontrano per legittimarsi a vicenda, in un paese dove la politica è delegittimata.
Il governo di destra ha fatto la riforma Biagi? e quello di sinistra invece di cambiarla come aveva dichiarato nel programma ha fatto il condono alle aziende che precarizzano il lavoro.
Il governo di destra ha fatto le leggi ad personam? E quello di sinistra né le ha modificate né ha risolto il conflitto di interessi.
Il governo di destra ha portato l'Italia in guerra? E quello di sinistra ha aumentato i finanziamenti all'eroica impresa militare alla faccia dei pacifisti.
Da un governo all'altro non è cambiato nulla. Bene. Sono felice di vivere ancora in un paese di merda.
Da dove deriva questa mia felicità? Mi presento: io sono un industriale di merda, produco merda, distribuisco merda, vendo merda all'ingrosso e al dettaglio.
Mi è bastato osservare quanta merda c'è nel mondo, esso è un elemento presente a ogni livello della nostra società: ci sono presone che vivono in quartieri di merda, abitazioni che lasciano la mattina per andare a fare lavori di merda alle dipendenze di padroni di merda. Per molti la vita stessa è una vita di merda e tutta questa merda è in balia degli eventi. Così io l'ho raccolta e ne ho fatto un prodotto tutelato. Oggi la merda ha un marchio e io sono il padrone.
Forse avrete fatto caso che abbiamo già incominciato da tempo a sostituire numerosi oggetti, concetti, realtà con concetti, oggetti, realtà di merda. Vi ricordate come era la scuola qualche anno fa? Be', adesso è diventata una scuola di merda. Vi ricordate come erano gli ospedali? Oggi sono ospedali di merda.
Io sono un industriale di merda, io produco merda, io distribuisco merda, vendo merda al dettaglio e all'ingrosso. La merda da me prodotta è ovunque. Tra pochissimo tempo sarà indispensabile come ora è il petrolio e come il petrolio io incomincerò a produrne sempre di meno e ad applicare restrizioni e controlli in maniera da far salire il prezzo: 50 dollari un barile di merda, 60, 70, 80, 100 dollari un barile di merda.
Servirà sempre più merda per fare prodotti di merda, da trasportare su strade di merda, con automobili e camion e aeroplani di merda che producono un'aria di merda. Finanzieri e politici di merda gestiranno banche di merda e assicurazioni di merda, con i quali la gente perderà capitali e dignità. Il contribuente affogherà nei propri debiti, sarà con la merda fino al collo.
E ciò, tutto ciò accadrà nel sofisticato silenzio della confusione mediatica. Ci sarà un momento che qualcuno dovrà fermarsi, ma non lo farà. Non lo faranno gli intellettuali che parlano un linguaggio di merda, né i giornalisti pagati dagli editori di merda per scrivere su giornali di merda.
La merda sarà ovunque e sarà indispensabile per fare ogni cosa. Allora noi chiuderemo il rubinetto. Sarà complicato, perché la merda a differenza del petrolio è inesauribile e prodotta da tutti.
Ovviamente la Chiesa sarà al nostro fianco: una schiera di sacerdoti, stregoni, dai maggiori monoteismi ai più piccoli animismi e superstizioni di carattere etnico e regionale saranno con noi. Parleranno ai poveri, li convinceranno a usare cinture di stiticità, mutande blindate che occludono l'ano, li convinceranno a non cagare come li hanno convinti a non farsi le pippe. Diranno: chi caga diventa cieco.
Col tempo la razza si evolverà e continueranno a cagare soltanto i ricchi. Chi continuerà a detenere il potere della defecazione diventerà la nuova aristocrazia, una classe che avrà nel proprio stesso corpo una zecca inesauribile. Produrrà capitale ogni mattina dopo il caffè e la sigaretta. Saranno i nuovi nobili e come nel passato si distingueranno per una decisa peculiarità naturale e organica. Una volta era il sangue blu, da quel momento sarà la merda. I poveri invece non avranno accesso a questo prezioso capitale, i poveri nasceranno senza culo.
Ricordo una vecchia battuta, diceva: la vita è come la scaletta delle galline, corta corta e piena di merda. E allora vi annuncio che anche io ho fondato un nuovo partito e quella scaletta sarà la nostra bandiera, il nostro simbolo. Quelle galline cafone saranno il mio staff elettorale, la futura classe dirigente.
Gioite, il futuro è una merda e lo stiamo costruendo per voi.

martedì 8 dicembre 2009

le proposte del Partito Rifondazione Comunista

Rifondazione propone
Tre campagne per l’istituzione del reddito sociale, per l’effettiva applicazione della legge sull’odontoiatria pubblica e per la ripubblicizzazione dell’ acqua



Nella drammatica situazione di crisi che il Paese sta attraversando, lontana ancora da una sua rapida conclusione, serve un salto di qualità nella comprensione e gestione dei diffusi problemi economici, materiali e psicologici dei cittadini. Basti pensare che, secondo una ricerca condotta dalle Università Cattolica e Bocconi di Milano, il 4,4% delle famiglie residenti in Italia, ovvero tre milioni di persone, vive sotto la soglia di povertà alimentare. Se la spesa per cibo e bevande è inferiore a 222,29 euro al mese scatta l'allarme indigenza, è questo il limite individuato a livello nazionale dallo studio, che ha messo a punto anche indici regionali per tenere conto del differente costo della vita. Così le soglie di povertà oscillano a Nord tra i 233-252 euro, al centro tra i 207-233 euro e nel Mezzogiorno tra i 196-207 euro. Un milione e mezzo di famiglie si trova, quindi, in grave difficoltà ad acquistare quelli che sono prodotti necessari per vivere, come pane, pasta, carne. La causa principale di questa situazione (nel 60% dei casi) è la perdita del lavoro.
Ritenere che una situazione del genere si possa sanare da sola o, come dice Berlusconi, si possa risolvere “pensando positivo” è da irresponsabili. Al contrario, Rifondazione Comunista pensa che lo Stato, gli Enti locali, il “pubblico” devono, come sancisce la nostra Costituzione all’articolo 3, (“è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona …”) farsi carico di tutti i cittadini e non solo, tramite “scudi” e condoni, degli evasori e speculatori.
Rifondazione ha operato e si muove lungo questa prospettiva. Per questo lancia tre campagne politiche che danno risposte concrete ai bisogni dei cittadini. Si tratta dell’istituzione del reddito sociale a favore di disoccupati , precari e inoccupati, della effettiva applicazione della legge regionale nr. 7 sulla “assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica” e della legge di iniziativa popolare che chiede il ritorno ad una gestione interamente pubblica del ciclo dell’acqua.
1-Le privatizzazioni dei servizi pubblici essenziali fatte in questi anni dimostrano in abbondanza che l’aumento dell’incidenza dei privati nella gestione dei servizi pubblici, in particolare dell’acqua, significa aggravio di tariffe, riduzione dei servizi e penalizzazione dei ceti più deboli. Ultimo esempio, nella nostra regione, è quello del deposito cauzionale sulle bollette dell’acqua di 75 euro che “Umbria Acque spa” pretendeva dagli utenti. Un provvedimento vessatorio, figlio di una visione privatistica della gestione dei beni comuni, contro il quale Rifondazione Comunista fin dall’inizio ha espresso la sua contrarietà. Noi pensiamo che l’intero ciclo dell’acqua, in quanto “bene comune” deve essere gestito dalla mano pubblica secondo criteri, sicuramente di economicità, ma che non possono ridursi alla semplice ricerca del profitto. Per questo nei mesi scorsi Rifondazione Comunista è stata protagonista, assieme ad altre forze, nella raccolta di firme (oltre 400.000) per la proposta di legge popolare che ri-pubblicizzi l’acqua come bene comune.
2-Lo scorso anno il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista è riuscito a far approvare la legge nr. 7 sulla “assistenza odontoiatrica, ed ortesica” e, più recentemente ha incalzato la Giunta regionale ad approvare il relativo regolamento di attuazione per dare concreta applicazione a tale legge.
Questo provvedimento è volto non solo al potenziamento dei servizi pubblici di odontoiatria in modo da avere, in ogni distretto sanitario l’attivazione di “due poltrone”, ma anche ad un forte abbassamento dei costi (circa il 50%) per i cittadini che si rivolgano agli studi dentistici privati convenzionati, mediante la predisposizione di un tariffario regionale concordato. Adesso che l’iter legislativo è concluso non sono più tollerabili ritardi, da parte delle USL e Distretti sanitari, nell’attivazione di questo servizio.
Rifondazione Comunista vigilerà nelle prossime settimane affinché si dia concreta possibilità ai cittadini di usufruire di questo servizio.
3– In queste settimane Rifondazione Comunista ha presentato una proposta di legge a firma del consigliere regionale Stefano Vinti per l’istituzione di un reddito sociale a favore di disoccupati, precari e inoccupati.
La proposta prevede la destinazione di circa 7.000 euro annui oltre ad alcuni servizi a costi agevolati, ai soggetti appartenenti alle categorie sopra richiamate, alla condizione che i disoccupati siano residenti in Umbria da almeno due anni, iscritti ai Centri per l'impiego, (dimostrando così di cercare realmente un lavoro), avere un reddito precedente non superiore agli 8mila euro ed infine non aver maturato diritti alla pensione.
L’introduzione del reddito sociale assume una rilevanza centrale in tema di democrazia redistributiva. Certo di fronte alla crisi sarebbero necessarie forme generalizzate di sostegno al reddito a livello nazionale, perché l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa privo di misure del genere. Comunque, di fronte al disagio sociale anche misure parziali a livello regionale possono essere utili.
Insomma, di fronte alla crisi economica, le istituzioni pubbliche, a partire dagli Enti Locali, hanno gli strumenti per intervenire, ma molto spesso manca la volontà politica.
Rifondazione Comunista lavora quotidianamente, sia nelle istituzioni che nella società, per la difesa del reddito dei lavoratori, disoccupati, precari e pensionati. Per il miglioramento e l’estensione dei servizi sociali, per la gestione pubblica dei beni comuni.


PECS, Il confronto delle idee nr. 10, Novembre 2009

Autostrada, autostrada delle mie brame …...


Autostrada, autostrada delle mie brame …...

Recentemente si è tenuto, con molta fretta e non adeguatamente pubblicizzato, un consiglio comunale aperto alla cittadinanza per discutere le valutazioni della nostra Amministrazione riguardo il progetto dell’ANAS di trasformare la E45 in autostrada.
In quella sede sia la Giunta che la minoranza consiliare hanno convenuto sull’utilità dell’autostrada per la nostra regione e, di fronte ai disagi che il piano ANAS comporta per la frazione di Fornaci, hanno proposto concordemente la necessità di una variante al tracciato previsto.
Come Rifondazione Comunista di Torgiano, riteniamo l’ipotesi di trasformazione della E45 in autostrada un progetto inutile per l’Umbria e per Torgiano.
1-Di fronte ad una crisi economica che rimette in discussione certezze consolidate in fatto di globalizzazione dei mercati, di risparmio energetico, di economia a chilometri zero, riteniamo da folli continuare sulle “vecchie strade”.
Ormai il mondo sta andando in direzione di un’economia ecosostenibile: basti pensare alle decisioni prese da Obama negli USA e alle numerose conferenze sul clima, non a caso sempre disattese dall’Italia.
In questo contesto si dovrebbe incentivare l’economia di prossimità e, in subordine, il trasporto merci su rotaia, non certamente il trasporto su gomma.
2-L’attuale E45 è più che sufficiente per le esigenze della nostra Regione. Non solo collega facilmente il nostro territorio a sud con Roma e a nord con la Romagna ma rappresenta la più importante via di comunicazione per il collegamenti regionali. La sua trasformazione in autostrada comporterebbe un aggravio non indifferente per i numerosi pendolari che ogni giorno utilizzano questa strada per andare al lavoro. Si promette che per i residenti la nuova autostrada sarà gratuita. Ma tale promessa non è credibile visto che gran parte del traffico attuale e futuro sarà rappresentata dai residenti, per cui l’ingente investimento per la trasformazione in autostrada non sarebbe renumerativo con i soli pedaggi per i forestieri.
3– Infine, per quanto riguarda il nostro territorio, la trasformazione della E45 in autostrada nella sede attuale comporterebbe l’abbattimento di circa 28 edifici in località Fornaci. Di fronte a questo rischio il Consiglio Comunale all’unanimità ha proposto una variante al tracciato, prevedendo la costruzione di una bretella che, bypassando il centro abitato, colleghi l’uscita Deruta Nord con la E45 all’altezza del distributore AGIP.
Noi riteniamo che questa proposta sia velleitaria. In primo luogo la variante comporta la costruzione di un nuovo ponte sul Tevere, con il risultato che alla fine in 1.500 metri ci sarebbero tre ponti, una densità che nemmeno Venezia si sogna. Ma un ponte ha un costo: chi paga?
In secondo luogo i comuni di Deruta e Perugia, sui cui territori insisterà gran parte della variante proposta si sono detti contrari.
Infine non si è tenuto conto della conformazione del centro abitato delle Fornaci già limitato a sud dal Tevere, ad est dall’argine e a nord dalla zona industriale di Bufaloro. La variante comporterebbe racchiudere la frazione anche ad ovest, verso San Niccolò di Celle.
Le decisioni prese dall’Amministrazione non tengono in nessuna considerazione le esigenze della frazione e sono state prese solo in vista delle modificazioni al Piano regolatore che il nuovo tracciato comporta. Attorno al nuovo tracciato, nelle intenzioni espresse dal Sindaco, dovrà infatti sorgere una nuova zona industriale. Ma Pontenuovo, le Fornaci hanno bisogno di una nuova zona industriale? E questa come inciderà sulla qualità della vita dei cittadini di queste frazioni? A queste domande l’Amministrazione e l’opposizione consiliare non hanno risposto. Evidentemente hanno altro da pensare. Ma i cittadini queste domande se le pongono.
Invitiamo tutti i cittadini a riflettere su quanto sta succedendo sopra le loro teste e sul futuro che si prospetta per i loro paesi.


Attilio Gambacorta, Il confronto delle idee nr. 10, Novembre 2009


C’era una volta la politica degli ideali


C’era una volta la politica degli ideali

Sembra l’inizio di una bella storia, ma è una bella storia che fa parte di un passato molto remoto di cui la mia generazione ha fatto parte e che ora, purtroppo, si avvia verso un triste finale.
Finita l’epoca delle ideologie e degli uomini che fermamente hanno portato avanti e lottato per dei valori e per un futuro migliore, ci si avvia, ora, verso la demolizione di pilastri importanti della vita, di idee forti e coerenti e di valori veri e disinteressati.
Il mondo della politica appare oggi come un mondo contorto e privo di fondamenta, un mondo nel quale chi ne fa parte cerca solo di soddisfare un proprio interesse e garantire la propria carriera personale senza badare al benessere collettivo. Un mondo non più fatto di ideologie, una politica non più basata su valori si trasformano così in un mondo privo di coinvolgimento ed in una politica fine a se stessa.
Senza le passioni, le idee, i sentimenti la politica si trasforma in tecnica di manipolazione mediatica e in pura gestione amministrativa, la realtà sociale e culturale si rattrappisce, il mondo diviene meno coinvolgente, l’individuo si singolarizza, si isola. Da qui la corsa frenetica alla ricerca di surrogati (droga, alcolismo, tifoserie ultrà…) che diano un senso all’esistenza e ci facciano sentire meno soli.
In questo processo degenerativo le prime vittime sono inevitabilmente i giovani. Quei giovani che vengono privati dell’idea di un futuro migliore, che vengono privati dei loro ideali, spezzati da una politica incompetente, incapace di una visione di ampio respiro che antepone il rigoroso mantenimento del proprio spazio al benessere della collettività.
Purtroppo anche la politica locale ha risentito e risente di questo fenomeno. Anche nel nostro territorio le forze politiche hanno investito poco e con discontinuità sui giovani. Le sedi dei partiti sono sempre meno frequentate e questo non per disinteresse dei giovani ma perché la politica odierna non cerca più la partecipazione, non accoglie le idee nuove di cui i giovani sono portatori, ma richiede solamente l’adesione acritica, la fedeltà a questo o a quel “leader”, la certezza del voto.
È necessario investire di più sulle politiche giovanili e, in modo particolare, sulla partecipazione dei giovani alla vita politica e sociale del nostro territorio. Solo così creano le condizioni per una cittadinanza attiva e consapevole. Solo così si opera per quella riforma della politica di cui tutti, anche a sproposito, parlano. A questo compito sono chiamati tutti: le famiglie, le forze politiche, l’amministrazione comunale.
La politica non si può limitare alla, più o meno buona, amministrazione del territorio. Non basta ristrutturare palazzi e stadi, inaugurare piazze, inventarsi mostre...
C’è bisogno di una politica diversa, una politica che, di fronte alla disgregazione sociale e culturale, di fronte all’individualismo esasperato sia capace di produrre cultura, socialità e un nuovo senso civico. Una politica quindi che faccia della partecipazione il suo asse portante.
C’è bisogno di una nuova cultura politica, di un nuovo soggetto che, anche nel nostro territorio, sappia recuperare, affrontando la realtà odierna, le passioni, le idee e l’entusiasmo che hanno caratterizzato la mia generazione. Spero che la futura sinistra unita sia capace di affrontare, anche nel nostro territorio, un tale compito.

Franco Mordivoglia, Il Confronto delle Idee, nr. 3


silvio special