mercoledì 31 agosto 2011

Abolizione delle Province? Non si risparmia sui servizi e sulla democrazia


La piega che ha preso in Italia il confronto politico sulle decisioni da prendere per la salvaguardia dei conti pubblici è oziosa e demagogica: con la scusa della crisi e degli sprechi della politica e sotto dettatura dei poteri economici e finanziari si procede, a colpi di consenso di un’opinione pubblica disinformata ad arte, alla soppressione dei luoghi più vitali della democrazia, ben lungi dal toccare i privilegi più odiosi ed indecenti della politica e delle altre caste.

L’abolizione delle Province rientra in questa fattispecie. A seguito del presunto accordo sancito nel vertice tra PDL e Lega, il governo si appresta infatti alla loro soppressione, seppur per via costituzionale, ma senza quell’orizzonte riformatore che richiederebbe il riordino del sistema istituzionale dello Stato. Prosegue così l’attentato ai presidi della democrazia e della rappresentanza e così si procederà ad un ulteriore taglio ai servizi più prossimi ai cittadini. Dietro l’angolo c’è la privatizzazione definitiva dei servizi di trasporto pubblico locale e dei servizi per il mercato del lavoro come i Centri per l’impiego, c’è il benservito ai servizi e alle infrastrutture per la tutela ambientale, c’è la deregulation di un settore delicato e ad alto rischio truffe e sprechi come la formazione professionale, c’è l’ulteriore marginalizzazione dell’edilizia scolastica con gravi conseguenze alla sicurezza degli studenti, c’è l’uccisione delle politiche di promozione della coesione sociale, della cultura, del turismo e dello sport, c’è la decadenza delle infrastrutture con la fine delle funzioni amministrative per la gestione del trasporto pubblico extra urbano e per la gestione dei 125 mila chilometri di strade nazionali extraurbane, con gravi conseguenze sulla sicurezza sociale e su quegli investimenti pubblici necessari al rilancio dell’economia.

La storia anche recente ci racconta infatti che alla devoluzione di competenze e di funzioni ad altri Enti non corrisponde mai la parità e la congruità dei trasferimenti necessari al loro assolvimento, tanto meno quando, come in questo caso, scomparirà la cornice istituzionale e politica di riferimento. Ancora una volta saranno i cittadini a pagare il conto di scelte che si pretendono a contrasto dell’emergenza economica, ma che si ribalteranno nel loro esatto contrario.

E ciò avverrà senza che si produrranno risparmi significativi. La scelta del governo è solo un atto di pura propaganda. Serve a gettare fumo negli occhi degli italiani per non toccare i veri privilegi, le disuguaglianze sociali e di trattamento fiscale e per non operare l’unica forma di giustizia sociale possibile nei tempi duri che stiamo vivendo anche secondo la più eminente tradizione del pensiero liberale: grandi rendite e grandi patrimoni.

La misura del governo costerà cara alla democrazia e ai cittadini. Per che cosa? Per tagliare solo quel misero 5,5% dei cosiddetti costi della politica. Tale è infatti l’incidenza delle spese per gli eletti e per gli Organi istituzionali della Province italiane sul totale delle spese per il mantenimento delle Istituzioni nel nostro Paese: 113 milioni di euro per tutte le giunte e i consigli provinciali d’Italia rispetto ai 416 milioni di euro del solo Parlamento e su un totale di 2 miliardi e 54 milioni di euro di spesa pubblica (Fonte Siope/Istat). Non si tagliano le indennità indecenti dei manager pubblici, dei parlamentari, dei consiglieri regionali e dei consiglieri di amministrazione delle tante agenzie inventate, ma si taglia sulla carne viva della democrazia e dei servizi ai cittadini.

In Europa, in 23 Paesi su 25 ci sono le Province come enti amministrativi intermedi tra Regioni e Comuni, ma nessuno ha osato proporre la loro soppressione. Dopo che per tutti questi anni si è negata la crisi e si è continuato ad assaltare la diligenza della spesa pubblica da parte della politica di palazzo, il fatto che oggi, nel nostro Paese, per salvaguardare presuntivamente i conti pubblici e per sottostare alle imposizioni della BCE, si pensi ad una misura così drastica di soppressione dell’assetto istituzionale formatosi storicamente e previsto come agente per l’assolvimento dei compiti fondamentali della Repubblica, la dice lunga sulla qualità della nostra democrazia e sulla qualità della classe dirigente e di governo.

E la dice lunga sul carattere profondo del berlusconismo e dei populismi nati per suo effetto: quello che si vuole veramente non è tagliare la spesa pubblica, ma la democrazia italiana. La storia ci insegna che dalla crisi non si esce migliori e più forti con la riduzione degli spazi e dei tempi della democrazia. Ma con un di più di democrazia e con un di più di politica: quella buona che rappresenta l’interesse generale e si volge al bene comune dei cittadini. Proprio vero, però: la storia insegna, ma non ha scolari.

Luciano Della Vecchia, Assessore PRC provincia Perugia

Morale e politica questioni non separate


di Luciano Muhlbauer, PRC

su il manifesto del 31/08/2011


«Nessuno aveva nulla da obiettare sui privilegi dei nobili di Francia, fin quando essi assicuravano un governo alla nazione». Forse quelle parole di Voltaire non dicono tutto, ma indubbiamente illuminano il nocciolo della questione. Cioè, ieri come oggi, questione morale e questione politica sono inscindibili. Anzi, il dilagare dell'immoralità pubblica è direttamente proporzionale all'intensità della crisi politica. Ecco perché non ha senso discutere della questione morale come se fosse una cosa separata. Sarebbe soltanto un esercizio di ipocrisia e di autoassoluzione. Vale in generale e vale anche per il caso Penati, comunque vada a finire la sua vicenda giudiziaria.
Già, perché quei «dimettiti» e «rinuncia a» sparati ormai a raffica all'indirizzo di Penati, dopo la reticenza iniziale, non convincono. In fondo Filippo Penati non è proprio una meteora. È stato sindaco, segretario provinciale, presidente della Provincia, coordinatore della segreteria nazionale, candidato alla presidenza regionale e vicepresidente del consiglio regionale. Ma soprattutto è stato l'ispiratore, il simbolo e il capofila di quel Pd del Nord che postulava la risalita della china in terra nemica mediante un'operazione culturale che portasse i democratici ad assomigliare sempre di più all'avversario e ad integrarsi sempre maggiormente nel sistema di potere esistente. Ed ecco, dunque, il Penati che parlava come la Lega e De Corato, coltivava rapporti ravvicinati con Cl e annessi, emetteva scomuniche contro la cultura del '68 e, ovviamente, definì una politica delle alleanze incentrata sulla rincorsa del centro e sulla rottura a sinistra.
Molto difficile, dunque, sostenere che il caso Penati riguardi soltanto Penati. Beninteso, il punto non è processare il Pd, come vorrebbe la destra. Infatti, anche nel periodo di massima forza del penatismo vi fu chi dentro il Pd dissentì e si oppose, così come fuori dal Pd vi fu chi non si oppose e, anzi, condivise. No, il punto è un altro ed è tutto politico. Cioè, occorre finirla con quella tragica rimozione della politica, perché a disintegrare ogni presunta «diversità» e a costruire il brodo di coltura dell'affarismo fu proprio la concezione penatiana della politica. E, peraltro, senza nemmeno realizzare l'obiettivo che doveva giustificarla, cioè la risalita della china. Anzi, il penatismo è stato foriero di sconfitte e arretramenti.
L'esempio forse più lampante sono le elezioni regionali del 2010. Penati non ha solo ha rotto il fronte dell'opposizione a Formigoni, estromettendo Rifondazione senza peraltro arruolare l'Udc, ma soprattutto ha realizzato un risultato assolutamente negativo, collocandosi ben 10 punti sotto quello del compianto Riccardo Sarfatti del 2005. Soltanto un anno più tardi Giuliano Pisapia avrebbe vinto le elezioni a Milano, con una politica che era l'esatto opposto di quella di Penati. Anche per questo risultano più che stucchevoli i tentativi di coinvolgere Pisapia, specie se provengono da esponenti dello stesso centrosinistra.
Sarebbe un errore straordinario se il Pd insistesse nella rimozione della questione politica, illudendosi di salvare il salvabile. È vero il contrario, basta guardarsi attorno. La primavera dei sindaci e dei referendum sembra già lontana, le due manovre finanziarie hanno un segno classista esplicito e il governo sembra redivivo e capace di sopravvivere a questo autunno, mentre l'opposizione parlamentare si azzuffa addirittura sullo sciopero generale. Insomma, o il Pd trova la lungimiranza di cogliere l'occasione per un rinnovamento politico serio oppure il prezzo lo pagheremo tutti, con altri Penati e nuove sconfitte.


martedì 30 agosto 2011

Essere grillini a propria insaputa

A parte essere il popolo delle manifestazioni autorizzate e dei grandi scioperi generali della durata esagerata di ben otto ore (vedi il prossimo 6 settembre), noi italiani siamo anche il popolo delle etichette. Ci sentiamo tanto rappresentati da loghi e bandiere che ogni tanto questi prendono il sopravvento sulla personalità. Faccio una premessa. Un po’ lunga ma indispensabile. Sulla mia bacheca di Facebook, da quando io e il mio socio Massimo Merighi abbiamo pubblicato il video satirico Beppe Grillo come fa?, gli adoratori di Grillo se la sono un po’ presa. Paradossalmente non abbiamo mai ricevuto nessun commento negativo dagli elettori del Pdl. E chi ci conosce sa che proprio il nostro (ahinoi) premier è l’oggetto dei nostri strali satirici. Ma perché se la sono presa così tanto? Un po’ per aver offeso (secondo loro) il guru Grillo (perché finché si prendono in giro Berlusconi e soci va tutto bene. Grillo è intoccabile) e un po’ per quella rima “il populismo instilla, ai giovani Balilla” contenuta all’interno della parodia . E le risposte, da parte dei grillini, non hanno tardato ad arrivare: “Balilla lo dici a tua sorella!”, “Fascista ce sarai te, co****ne!” e oltre. Beata ignoranza (la Gelmini non c’entra)! Ma se avessimo voluto dare del fascista a qualcuno, avremmo utilizzato delle parole più dirette e una rima più semplice. In ogni caso, l’ignoranza sta nel non conoscere il termine Balilla. Infatti, quelle poche persone vicine all’ambiente del Movimento 5 Stelle che sanno cosa sia la satira e che conoscono la storia, hanno fatto un sorriso guardando il nostro video (anche complimentandosi) e facendo notare ai fanatici grillini che il Balilla in questione era Giovan Battista Perasso, vissuto nel 1700 e non il modo in cui Mussolini chiamava i suoi giovani (anche se un’attinenza, effettivamente, c’è). Questo solo per mettere i puntini sulle “i”. Adesso veniamo al sodo. Da un po’ di tempo a questa parte, adoro leggere certi commenti grillini. Li leggi e vedi tutta l’arroganza di chi ti guarda dall’alto (di non si sa cosa) e ti dice che l’unica salvezza per il Paese è proprio il Movimento 5 Stelle. E magari lo è. Ma i modi e gli argomenti sono un po’, come dire, discutibili. E tutto ciò escludendo le risposte a pappagallo che ti propinano quando poni delle domande ben precise. Tuttavia, la cosa che mi ha fatto venire voglia di scrivere questo post è stato leggere i commenti di tre grillini in particolare. Ovviamente per rispetto della privacy non farò i loro nomi, ma i commenti ve li devo proprio riportare. Per sommi capi, perché altrimenti ci vorrebbero ore solo per leggerli tutti. Al primo ho chiesto: “Come pretendete di cambiare il Paese se non vi sedete sulle poltrone?” - Si possono prendere i seggi anche facendo parte di una lista civica! - Cos’è un seggio? - Posto assegnato al Comune o alla Regione dopo essere stato eletto. - Visto che allora vi sedete sulle poltrone? - Veramente no, perché nella nostra città non ci sono poltrone ma banchetti di legno. Ho aspettato qualche minuto sperando che l’ultima fosse una risposta simpatica seguita da una ben più seria. Ma purtroppo non è stato così. Quella era la risposta definitiva. Inutile dire che non ho voluto più proseguire il discorso, chiudendolo con un gelido “Ho capito”. Un altro episodio è dato da una grillina che, alla mia affermazione “Il calciatore è un mestiere” (riferendomi esclusivamente a ciò che concerne preparazione atletica e fisica e contratto di lavoro. Gli stipendi stellari non c’entrano nulla), ha chiesto “Troja, tu che lavoro fai?”. Alla mia risposta “Il musicista (e sono professionista iscritto al Ministero del Lavoro sezione Collocamento dei Lavoratori dello Spettacolo dal 2001), la grillina ha ribadito dicendo: “Ecco, allora, perché ritieni che anche il calciatore sia un lavoro”. E quando le ho fatto notare che anche quello del comico, come Grillo, è un mestiere, la risposta è stata: “Grillo fa un mestiere intelligente. Quanti musicisti possono dire lo stesso?”, seguita da “Alcuni si mettono a fare dei mestieri per non lavorare”. Boh! Non vi riporto altri commenti perché vi siete fatti già un’idea del personaggio. Ma il primo premio lo vince quel grillino che attribuisce al Movimento 5 Stelle l’esclusiva di valori come vocazione al servizio del bene comune, attivismo e onestà, aggiungendo che proprio il partito di Grillo è un partito-movimento che coinvolgerà un intero popolo, nazionale, di massa, che rifugge il populismo, che non sovverte l’ordinamento istituzionale, che conosce la storia, che ha obiettivi politici seri e condivisi, in grado di rimettere in piedi un Paese in ginocchio, di ricreare sviluppo, di far sognare le persone”. E aggiunge che i valori di cui sopra sono “gli stessi che hanno i cittadini onesti e sensati (che io chiamo del Movimento 5 Stelle, anche se alcuni non sanno di esserlo)”. Quindi, ricapitolando: noi cittadini onesti siamo grillini a nostra insaputa. Mio nonno direbbe: “E Mussolini voleva vincere la guerra…”

Blog | di Massimo Merighi & Tony Troja

venerdì 26 agosto 2011

Aspettando il 15 ottobre tra Cgil e Indignados - Salvatore Cannavò


Il calendario dell’autunno inizia a infittirsi e a descrivere un percorso di mobilitazione contro la manovra economica, e contro il governo Berlusconi, che al di là della linearità delle date presenta moventi e progetti diversi. Un ruolo centrale lo ha assunto di nuovo la Cgil che si appresta a realizzare uno degli scioperi “più duri” degli ultimi anni solo dopo aver costruito l’unità sociale con Cisl, Uil e… Confindustria sia con l’accordo del 28 giugno che con il documento comune sulla crisi. La scena della conferenza stampa tenuta dalle “parti sociali” a palazzo Chigi in cui Emma Marcegaglia ha parlato a nome di tutti, anche di Susanna Camusso, risuona ancora nelle orecchie del mondo cigiellino e mostra quale errore di valutazione il segretario generale, e il gruppo dirigente che lo sostiene, abbia compiuto nell’ultima fase. Ora, però, sia pure con una schizofrenia evidente, la Cgil prova a riprendere in mano il pallino della mobilitazione, provando nuovamente a sperimentare la tattica della “svolta” a sinistra per riequilibrare i rapporti con le altre parti, Confindustria in primis. E anche per parare i mal di pancia interni togliendo agibilità alla Fiom. In ogni caso il 6 settembre potrebbe diventare una data importante e di grande mobilitazione se davvero lo sciopero incontrerà una contestazione diffusa della manovra e una rabbia generale. Intelligente, in ogni caso, la decisione della Usb di scioperare, sia pure su una piattaforma distinta da quella della Cgil – e nei fatti alternativa – nella stessa data del 6 settembre. Nel recupero di iniziativa a sinistra della Cgil, la decisione dell’Usb e degli altri sindacati, tra cui l’Orsa, ripristina le posizioni della sinistra sindacale e offre la possibilità a quei settori critici della stessa Cgil di sviluppare una iniziativa unitaria. Del resto, l’appello “Dobbiamo fermarli”, che ha superato le 1200 adesioni, è composto da delegati Cgil ma anche del sindacalismo di base e la scelta dello sciopero del 6 settembre ne rafforza i margini di iniziativa (comitati per lo sciopero? Comitati unitari di lotta, altro). Nell’autunno che viene c’è però anche un’altra componente sociale che è decisa a giocare un ruolo. Potremmo chiamarla la cittadinanza attiva ma si tratta di settori, come il Popolo viola o i grillini, che interpretano anche esigenze sociali di equità contro la “casta” politica, alternative a un sistema politico e sindacale che spesso appare irreggimentato e burocratico. E così il 10 settembre si terrà a Roma la manifestazione “viola” che vuole accamparsi in piazza San Giovanni nella notte tra il 10 e l’11 seguendo l’esempio degli Indignados spagnoli e probabilmente determinando una dinamica importante dagli esiti imprevedibili. Lo stesso giorno anche Grillo sarà in piazza, davanti a Montecitorio, per chiedere un Parlamento pulito – ricordando le leggi di iniziativa popolare su cui il suo movimento ha raccolto le firme due anni fa – ma anche riprendendo un’iniziativa politica più generale. Ancora il 10 settembre, infine, l’assemblea nazionale promossa da Roma Bene Comune. Difficile dire se queste iniziative faranno male al governo. Se lo sciopero dovesse intercettare una “rivolta” generale e quindi vedere un’adesione massiccia qualcosa potrebbe succedere. Così come se “l’accampamento” di piazza San Giovanni dovesse vedere un afflusso inaspettato, allora si movimenterebbe anche la scena politica. Chi, certamente, è destinato a soffrire di questo calendario è il Pd, stretto tra i richiami al “bene nazionale” fatti dal Capo dello Stato, le pressioni del suo elettorato, gli atteggiamenti ondivaghi del suo gruppo dirigente. Il Pd è già andato nel pallone per la decisione della Cgil di scioperare. Immaginiamoci cosa accadrebbe se un migliaio di tende stazionassero nel centro di Roma chiedendo una rinnovamento generale della politica. E, ancora, cosa potrebbe accadere se si realizzasse un incontro tra piazze e istanze che, ai blocchi di partenza, appaiono poco componibili. In realtà c’è chi lavora per fare in modo che movimento sindacale e movimenti giovanili, precari e “anti-casta” si incontrino. La Fiom si è già detta disponibile a dare vita al movimento degli Indignados italiani e il 30 agosto terrà un’assemblea nazionale aperta a movimenti, associazioni, comitati – ricordiamo anche il protagonismo dei referendari per l’acqua pubblica o dei NoTav – per provare a raccordare le iniziative. Nella stessa direzione va l’appello “Dobbiamo fermarli” firmato da esponenti del mondo viola, oltre che da molti settori della sinistra sindacale e radicale e che propone una grande assemblea nazionale il prossimo 1 ottobre. Sullo sfondo c’è una data che ormai rimbalza tra una riunione e un sito internet, tra Facebook e Twitter: il 15 ottobre, giornata dell’indignazione europea promossa dai movimenti spagnoli. Per quel sabato si prepara una grande manifestazione a Roma – esattamente un anno dopo la manifestazione della Fiom del 2010 che invase la capitale. Sarà una manifestazione contro il governo, contro i sacrifici, per una politica economica diversa. Non potrà che creare fastidi anche al Pd. L’autunno dirà se sarà anche una manifestazione costituente di una nuova stagione politica.

Salvatore Cannavò, Il Fatto quotidiano

L'economia voodoo alla riscossa

di Nicola Melloni

su Liberazione del 26/08/2011

In Europa ancor più che in America è l'ora della riscossa dei liberali d'accatto. I problemi legati ai debiti sovrani, alle speculazioni contro i titoli pubblici e ai deficit dei governi europei hanno rimesso al centro del dibattito il ruolo dello stato nell'economia. Ostellino, sul Corriere, imputa al troppo stato la nascita della crisi finanziaria nel 2008, non dimenticandosi poi di renderci edotti che le ricette keynesiane sono più adatte a dittature come era quella sovietica che non a democrazie liberali. Certo, che la crisi nasca nel sistema bancario e in quei paesi (Usa e Uk) che i nostri liberali, tra cui lo stesso Ostellino, indicavano come l'esempio da seguire è un particolare irrilevante. Che poi il deficit sia soltanto la conseguenza del salvataggio delle banche deve apparire come una inezia.
Quell'intervento era indispensabile ma ora basta con le spese inutili, e subito intuiamo il vero obiettivo dei liberali d'accatto: le pensioni, la sanità, la scuola. Anche perché ora pure la teoria economica spiega che l'austerity è la miglior medicina per la crisi. Alberto Alesina, economista liberale italiano di stanza ad Harvard, ha appena rivoltato come un calzino settant'anni di studi, illustrando con dovizia di particolari che i tagli alle spese dello stato, componente della domanda aggregata, in realtà aiutano la stessa domanda a crescere. Una tesi talmente assurda (e validata solo attraverso un utilizzo a dir poco disinvolto delle statistiche) che per contrastare la tesi di Alesina sono scesi in campo dei bastioni del socialismo internazionale come l'Economist ed il Fondo Monetario Internazionale. Poco male, alla destra basta avere una pur minima copertura teorica, anche la più ridicola, per imbracciare il cannone e cominciare a sparare politiche economiche dagli effetti devastanti. Successe con Reagan e la curva di Laffer (l'idea secondo cui più si diminuiscono le tasse più aumenta il gettito fiscale, una teoria talmente priva di appigli reali che fu presto ribattezzata economia voodoo) ed ora ci siamo di nuovo con la Ue che sposa un'altra bufala - l'austerity che stimola la crescita - per cercare di imporre a tutti i paesi membri l'obbligo del pareggio di bilancio per legge.
Insomma, par proprio di essere in mano a degli stregoni che non avendo idee si affidano a riti magici. Questi stregoni sono al comando in Francia, in Germania, nella Bce e tentano di imporre le loro politiche senza logica al resto d'Europa, trovando una ottima sponda nell'inetto governo italiano.
Lo abbiamo detto più volte, il problema italiano è soprattutto legato alla crescita, crescita che già prima della manovra era stimata attorno all'1%. Per ridurre il debito, e di conseguenza rassicurare i mercati (che sarebbe poi quello che i liberali così fortemente vorrebbero), è indispensabile accelerare la crescita dell'economia, in quanto solo con un tasso di crescita nominale del Pil superiore agli interessi pagati sul debito si può mettere ordine alla dinamica del debito stesso.
In parte, ovviamente, ci potrebbe aiutare la Bce con una politica monetaria più espansiva, aumentando l'inflazione e riducendo di conseguenza gli interessi reali sul debito. Una soluzione che farebbe comodo a tutti i paesi in difficoltà dell'area mediterranea e che non avrebbe effetti negativi sulle economie più solide del Nord Europa. Ma a Berlino e Francoforte si preferisce aderire ad un'altra fantasiosa teoria economica, e cioè che l'inflazione sopra il 2-3% sia un problema per l'economia, quando invece, in situazioni come queste, rappresenta una opportunità.
Non potendo contare sulla leva monetaria, il nostro paese ha bisogno ora più che mai di una manovra che rilanci la crescita e non di una finanziaria recessiva come è invece quella proposta dal governo Berlusconi. Certo le spese improduttive devono essere cancellate, mentre bisogna rilanciare gli investimenti. Per reperire risorse e per cominciare ad abbattere il debito è inevitabile che tale manovra parta da una tassa patrimoniale il cui effetto sui consumi, al contrario di un innalzamento dell'Iva, sarebbe assai limitato. Che un governo di classe come quello di Berlusconi non la voglia appare ovvio e scontato; lo è assai meno che pure il Pd continui, assurdamente, a rinunciare a proporre tale tassa che non solo è moralmente equa ma anche e soprattutto economicamente giusta.
L'unica maniera di uscire da questa crisi è evitare che le politiche fiscali, come già quelle monetarie, rimangano ostaggio di una elite di super ricchi che si fanno scudo con teorie economiche fantasiose e dagli effetti disastrosi per l'Europa e per il mondo.

La dittatura è arrivata su internet

Il Senato approva un emendamento che sancisce la fine della libertà per i bloggers in Italia


Se la notizia divulgata da Fabio Ludovici il 25 agosto 2011 alle ore 2 e 15′ prendesse forma è la morte dei blog e de blogger in Italia. Nessun telegiornale ha avuto il permesso di diffondere questa notizia. Precedentemente pubblicata da Tom Bosco il giorno mercoledì 24 agosto 2011 alle ore 17.09.

Il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d.L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC) identificato dall’articolo 50-bis: “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”; la prossima settimana Il testo approderà alla Camera come articolo nr. 60.

Questo senatore NON fa neanche parte della maggioranza al Governo… il che la dice lunga sulle alleanze trasversali del disegno liberticida della Casta.

In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog (o un profilo su fb, o altro sulla rete) a disobbedire o a ISTIGARE (cioè.. CRITICARE..??!) contro una legge che ritiene ingiusta, i providers DOVRANNO bloccarne il blog o il sito.

Questo provvedimento può far oscurare la visibilità di un sito in Italia ovunque si trovi, anche se è all’ESTERO; basta che il Ministro dell’Interno disponga con proprio decreto l’interruzione dell’attività del blogger, ordinandone il blocco ai fornitori di connettività alla rete internet.

L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro 24 ore; pena, per i provider, sanzioni da 50.000 a 250.000 euro.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’ODIO (!) fra le classi sociali.

MORALE: questa legge può ripulire immediatamente tutti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta.

In pratica sarà possibile bloccare in Italia (come in Iran, in Birmania e in Cina) Facebook, Youtube e la rete da tutti i blog che al momento rappresentano in Italia l’unica informazione non condizionata e/o censurata. ITALIA: l’unico Paese al mondo in cui una media company (Mediaset) ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.

Con questa legge non sarà più necessario, nulla sarà più di ostacolo anche in termini PREVENTIVI.

Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra meno di 60 giorni dovrà presenterà al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” con leggi di repressione internet e tutto il sistema di relazioni e informazioni che finora non riusciva a dominare. Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet, l’Italia prende a modello la Cina, la Birmania e l’Iran. Oggi gli UNICI media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati la rivista specializzata “Punto Informatico” e il blog di Grillo. Fatela girare il più possibile per cercare di svegliare le coscienze addormentate degli italiani perché dove non c’è libera informazione e diritto di critica la “democrazia” è un concetto VUOTO. Documentazione diffusa da Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani. http://www.perlapace/

Ecco il testo approvato:

Proposta di modifica n. 50.0.100 al DDL n. 733

50.0.100 (testo 3)
D’ALIA (Approvato)

Dopo l’articolo 50, inserire il seguente:
«Art. 50-bis.
(Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecitecompiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
2. Il Ministro dell’interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all’adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
3. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’interno e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce, ai fini dell’attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
4. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.
5. Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: “col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda”.».

Il circo Barnum dell'Italia dei Valori dell'Umbria - Quinto Sertorio

da www.umbrialeft.it


Venghino venghino siore e siori, il circo Barnum dell’Italia dei Valori è in città pronto ad intrattenervi con le acrobazie più spericolate.

Mentre il consigliere regionale Oliviero Dottorini raccoglie le firme per l’abolizione delle province il vice – Presidente della Provincia di Perugia Aviano Rossi tace.
Mentre la vice – Presidente della Giunta regionale Casciarri approva una delibera che rimodula i ticket sulla base del reddito come fatto da Emilia Romagna e Toscana (scelta obbligatoria peraltro), il consigliere Brutti chiede l’abolizione dei ticket.
L’entrata è gratuita per grandi e bambini, il divertimento assicurato….o no?

giovedì 25 agosto 2011

Con la Cgil, contro governo e politiche europee


di Paolo Ferrero (Liberazione del 26 agosto 2011)
Gli attacchi alla Cgil per aver dichiarato sciopero il 6 di settembre sono semplicemente vergognosi. Sono la reazione rabbiosa di una classe dirigente che, consapevole del suo fallimento, gioca tutte le sue carte sull’unanimità, sull’Union Sacree. Come fa John Elkann, rampollo della famiglia più assistita d’Italia, che richiama all’unità. Ma quale unità se la vostra manovra è un disgustoso miscuglio di politiche che non sfiorano nemmeno i privilegi di classe e di casta e scaricano i costi della crisi per intero sul mondo del lavoro, sui giovani, sul popolo? Una manovra iniqua e recessiva, che non serve a nulla contro la speculazione finanziaria. Il fatto che sia stata benedetta dal Presidente della Repubblica non sposta di un millimetro il problema: questa è una manovra di classe, degli italiani ricchi contro la grande maggioranza degli italiani.
Contro questa manovra lo sciopero è solo un primo passo. Noi dobbiamo lavorare alla sua riuscita e dobbiamo porre con forza i nostri contenuti: dalla raccolta di firme per la patrimoniale e sulla piattaforma alternativa, alla contestazione radicale delle politiche europee. Il nodo politico è tenere insieme mobilitazione sociale e contenuti chiari per uscire dalle politiche neoliberiste, superando gli sbandamenti della stessa Cgil. Dobbiamo costruire la consapevole ribellione civile del popolo italiano contro il neoliberismo e il suo fallimento. Per questo serve lo sciopero: per aggregare una soggettività che solo nella lotta può esprimere la propria autonomia, dal governo, dai padroni e dall’Europa. Perché l’altro nemico, oltre a governo e padroni, è quest’Europa. Berlusconi non è che il maldestro esecutore delle deliranti politiche europee che stanno ingrassando gli speculatori e portando in recessione tutto il continente. Nessuna unità con questi signori che favoriscono i ricchi e gli speculatori e fanno pagare il conto ai lavoratori. Serve invece l’unità di tutti i popoli europei contro queste classi dirigenti. Serve l’unità di classe per porre, in tutta Europa, il tema dell’uscita dalle politiche neoliberiste e dal capitalismo, che ha fallito. Per questo il 6 settembre cominciamo con lo sciopero generale e - oltre a tante altre iniziative - il 15 ottobre saremo in piazza per la manifestazione europea proposta dagli indignados spagnoli. In questo contesto, è gravissima l’assenza del Pd. Non ha preso posizione come partito e qualche suo esponente ha criticato la Cgil. Ma come pensano di cambiarla la manovra? Convincendo Berlusconi nel dibattito parlamentare? Questa manovra si può cambiare solo con la lotta. Oggi la sinistra non c’è in parlamento; occorre costruirla nelle piazze, contro questa manovra, contro le politiche europee. Facciamo del movimento contro la manovra e le politiche europee la vera costituente della sinistra italiana.

Il PD e lo sciopero generale del 6 settembre


MARINI, ERRORE DELLA CGIL ANDARE DA SOLI ALLO SCIOPERO . SPERO SI TORNI A RAGIONARE

Roma, 25 ago. - (Adnkronos) - «È questo senso di autosufficienza che mi colpisce, e mi sorprende, nella decisione della Cgil». È quanto afferma il senatore del Pd, Franco Marini, in un'intervista a 'La Repubblicà sullo sciopero indetto per il 6 settembre dalla Cgil contro la manovra varata dal governo. «Speravo in un impegno per tenere salda quell'unità d'azione recuperata nell'accordo dei tre sindacati il 28 giugno scorso - osserva l'ex segretario nazionale della Cisl - era stata una scelta importante che ora rischia di saltare. Ognuno pensa di andare avanti da sè». «Lo sciopero generale è uno strumento vecchio di trent'anni, pesante per i lavoratori e che peraltro - afferma - dovrebbe rappresentare l'arma da mettere in campo solo come ultimo atto nelle trattative. Mai partite, però». «L'azione sindacale per conto proprio dimezza la forza di impatto sulle scelte del governo», osserva Marini. «Sono certo che sul piano delle scelte politiche e parlamentari sarebbe più incisiva una grande manifestazione unitaria che uno sciopero che sancisce le divisioni». Nessuna «illusione» da parte di Marini sulla possibilità che la Cgil revochi lo sciopero «ma spero - conclude - che da qui al 6 settembre si torni a ragionare» (Sec-Cim/Ct/Adnkronos)

FIORONI, SCIOPERO SBAGLIATO, PD SI SCHIERI CONTRO. TROVARE IN PARLAMENTO INTESE E CONDIVISIONI UTILI AL PAESE

Roma, 25 ago. (Adnkronos) - «È uno sciopero assurdo, sbagliatissimo, controproducente, indetto da un solo sindacato e che divide i sindacati. Bisogna opporvisi. Punto e basta». Ad affermarlo è, in una intervista a Il Messaggero, il deputato del Pd Beppe Fioroni che sollecita con forza i vertici del partito a schierarsi contro l'iniziativa annunciata dalla Cgil. «Non si indice uno sciopero -spiega Fioroni- in piena recessione e per di più spaccando le parti sociali e le forze politiche. Bisogna, piuttosto, trovare la più larga condivisione, come ha chiesto con forza e giustamente Napolitano». E le controproposta del Pd per modificare una manovra «iniqua e sbagliata» non possono essere utilizzate «come un manifesto o un vessillo per aprire un ulteriore, drammatico scontro nel Paese. Piuttosto, vanno utilizzate nel solco tracciato da Napolitano per trovare in Parlamento quelle intese e condivisioni tra maggioranza e opposizione utili al Paese». Il Pd «deve puntare alla parlamentarizzazione della crisi economica, le Camere devono esserne il centro del confronto e delle intese. Una linea, questa, che ho colto positivamente nelle parole e negli atteggiamenti di Casini, così come in Montezemolo. C'è bisogno di tutti per uscire dal guado».

'NON ORA, PARLAMENTARI QUARANTENNI DEL PD CONTRO LO SCIOPERO'

Roma, 25 ago. (Adnkronos) - «Non ora». È lo slogan di un gruppo di parlamentari del Pd che, scrive Il Foglio, sta preparando un documento contro lo sciopero generale indetto dalla Cgil per il 6 settembre prossimo contro la manovra economica del governo. «No, noi non ci dobbiamo essere, non ci dobbiamo cascare. Noi -dice Antonio Misiani, tesoriere del Pd- è giusto che in un momento delicato come quello che sta attraversando il nostro Paese non perdiamo di vista l'orizzonte dialogante e responsabile suggeritoci in questa fase dal presidente Giorgio Napolitano». «E per quanto la manovra presentata dal governo sia iniqua e a mio avviso non all'altezza della situazione, l'idea di uno sciopero convocato durante la discussione parlamentare della manovra mi sembra sia quanto di meno appropriato si potesse proporre in questo frangente; e credo sia anche un clamoroso passo indietro rispetto alla fase in cui sembrava si fosse creata una significativa unità delle organizzazioni sindacali. Ed è anche per questo, dunque, che non dovremmo esitare a dire no, ragazzi, noi il sei settembre non saremo in piazza con la Cgil. Non è il momento giusto. Punto»

FARINONE (PD), SCIOPERO È BOOMERANG

(ANSA) - ROMA, 25 AGO - «Lo sciopero della Cgil rischia di essere solo controproducente, un boomerang. Il momento di crisi non permette a nessuno di puntare i piedi, serve piuttosto il dialogo per cercare di migliorare una manovra che presenta troppi punti critici». Lo afferma il deputato del Pd Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari Europei. «La Cgil - spiega - rischia solo di dare alibi a chi realizzato questa manovra. Infatti il Pdl parla già di sciopero politico. Alla fine Camusso si accorgerà di aver commesso un errore - continua Farinone - Questo è il momento delle proposte alternative alla manovra, no dell'ennesimo richiamo alla piazza».

IN FACCIA ALLA CRISI - Loris Campetti, Il Manifesto

Dalla coesione di salute nazionale invocata da padroni, CISL e UIL sino a quella che ci porterà al 6 settembre allo SCIOPERO GENERALE proclamato dalla CGIL e al quale stanno aderendo tutti i sindacati di base per mettere in evidenza l'invivibilità del lavoro



La parola magica di questa confusa fine d'agosto è coesione. Sotto gli auspici di un mai così dinamico Presidente della Repubblica, tutti la invocano: coesione tra le forze politiche, coesione tra le forze sociali, tutti insieme per salvare l'Italia nel suo 150° compleanno. Ma da chi, destra e sinistra, capitale finanziario, produttivo e lavoro dovrebbero salvare un paese alla deriva? Dalla Grande Crisi, naturalmente, dalla mancata crescita, dal rischio di bancarotta. Anche la crisi è diventata una parola magica, addirittura neutrale. E la crescita, un dogma indiscutibile. La coesione invocata da troppi e per scopi opposti è un inganno.
La crisi non è il prodotto del destino ma di scellerate politiche liberiste, non colpisce tutti allo stesso modo ma scatena i suoi effetti devastanti sui più deboli. Pensare di uscirne con un'alleanza contro natura tra chi l'ha provocata e accompagnata e le sue vittime sarebbe una scelta suicida, foriera di un massacro sociale insostenibile.

La coesione necessaria, al contrario, è quella tra le forze sociali alle quali si vorrebbe nuovamente presentare il conto dei danni provocati dal maremoto liberista: giovani senza lavoro né reddito, dunque privati di autonomia e futuro; lavoratori ridotti a pedine del capitale, come d'autunno sugli alberi le foglie; precari già caduti dall'albero, a cui ogni diritto è negato; cittadini generosamente disponibili a battersi in difesa del bene comune e del territorio, traditi da una politica cinica e autoritaria; pensionati logorati da una vita di lavoro e da quelle tasse che a troppi vengono risparmiate e condonate.

E' sulla base di queste considerazioni che abbiamo accolto con sollievo la decisione del gruppo dirigente della Cgil, questa volta tempestiva, di indire per il 6 settembre uno sciopero generale contro la manovra classista del governo che colpisce in un'unica direzione e usa la crisi per regolare il conflitto di classe a favore dei più forti. E' una scelta che lascia aperta una speranza e forse una sponda a chi ormai sente di aver perduto ogni rappresentanza politica e fatica a trovarne una sociale. E' una scelta coraggiosa che segnala una possibile autonomia da un Pd che ha rotto un equilibrismo per schierarsi contro lo sciopero.

La proclamazione dello sciopero è una netta scelta di campo, potrebbe persino rappresentare un segnale di distensione all'interno della Cgil tra due linee differenti: da un lato chi aveva firmato l'accordo interconfederale Cisl, Uil e Confindustria su contratti e rappresentanza e a seguire un appello comune con banche e imprenditori presentato al governo. Dall'altro lato chi pensa che quei due passaggi abbiano segnato una perdita di autonomia della Cgil e aperto, al tempo stesso, la strada all'aggressione del trio Berlusconi-Tremonti-Sacconi ai diritti dei lavoratori, allo Statuto e alla Costituzione. Ora, esplicitate le opposte ricette anticrisi delle "parti sociali" - Emma Marcegaglia si lamenta per le troppe tasse pagate dai ricchi e si scatena contro le pensioni di anzianità mentre approfitta a man bassa dei prepensionamenti - che senso avrebbe confermare quell'accordo tra lupi e agnelli, magari attraverso una consultazione dimezzata? Lo sciopero generale è una scelta coraggiosa e impegnativa, se chi lo ha indetto ci crede davvero non può contraddirlo rivendicando un'alleanza contro natura. Altri, da ben diverse sponde, attendono segnali di fumo di risposta dalla Cgil.