domenica 7 agosto 2011

IL COMPLICE

Trichet è il capo degli speculatori

di Paolo Ferrero,
segretario nazionale PRC


Nella vicenda della crisi italiana, in questi giorni siamo arrivati ad un punto di passaggio politicamente rilevante. Nelle settimane scorse è cominciata la speculazione sui titoli italiani, speculazione che proseguirà nelle prossime settimane per il semplice fatto che gli speculatori agiscono a fine di guadagno e fino quando pensano di poter guadagnare continueranno a speculare. Questa speculazione, come abbiamo detto più volte, ha origine nella deregolamentazione prodotta dalle politiche neoliberiste. In particolare, si verifica in Europa e non in altre parti del mondo perché l’Europa è l’unico aggregato economico in cui la banca centrale (la Bce) finanzia le banche private, ma non gli stati sovrani, finanzia gli speculatori e non coloro che sono colpiti dalla speculazione. Infatti la Bce non compra mai i titoli degli stati europei al mercato primario (cioè direttamente alla loro emissione e al tasso di interesse base) come invece fanno la Federal Reserve negli Usa, la Banca centrale d’Inghilterra, la Banca centrale giapponese e tutte le altre banche centrali. In pratica la Bce è all’origine della speculazione finanziaria sui titoli degli stati europei e, quindi, Trichet è, a tutti gli effetti, il capo degli speculatori, colui che dà i soldi agli assassini e non li dà alle vittime.

In questi giorni sentiamo però dire che la Bce comprerà i titoli di stato italiani. Peccato che lo farà sul mercato secondario (cioè al prezzo già definito dalle pratiche speculative) e a condizioni che l’Italia faccia un lavacro sociale pari a quello subito dalla Grecia. In pratica, la Bce si rifiuta di intervenire nella fase in cui è possibile impedire che si formi il meccanismo speculativo al ribasso (come fanno invece le altre banche centrali mondiali) e invece interviene nella fase successiva a garantire l’ossigeno al moribondo a condizione che esso accetti politiche di taglio drastico del welfare.
Il ruolo della Bce è quindi completamente politico ed è un ruolo che utilizza la minaccia della speculazione al fine di obbligare gli stati europei a tagliare il welfare e i diritti dei lavoratori.

Come sappiamo, il taglio del welfare e dei diritti dei lavoratori non c’entrano nulla con la lotta alla speculazione finanziaria. L’unico modo serio per batterla è inibirla in radice, vale a dire attraverso l’acquisto diretto dei titoli di stato italiani da parte della Bce.
Il taglio del welfare ha invece un effetto recessivo: se tagliamo welfare e diritti il Pil scenderà e con esso le entrate fiscali. In questo modo il deficit crescerà e peggiorerà il rapporto deficit/Pil.

Le politiche deflazioniste imposte dalla Bce non servono quindi a combattere la speculazione, ma a ridurre salario diretto e indiretto, cioè il costo del lavoro per unità di prodotto.
Questo è il vero punto politico: la speculazione finanziaria – presentata come un fenomeno naturale, come una maledizione degli dei – viene utilizzata dalla Bce, dalla Germania e dai governanti europei, come “vincolo esterno” per obbligare i paesi europei a minor produttività del lavoro a ridurre drasticamente i livelli di vita nei rispettivi stati. La speculazione non viene combattuta alla radice, ma viene usata per imporre – paese per paese - drastiche manovre antioperaie che non sarebbero altrimenti accettate socialmente.
In Italia questa operazione si sta realizzando alla grande, addirittura con la ciliegina sulla torta. Infatti, le cosiddette parti sociali hanno presentato una piattaforma in sei punti, che scavalca a destra il governo Berlusconi e si pone come l’interprete diretta della volontà della Bce in Italia.
Negli Stati Uniti sono i pazzoidi del Tea Party - quelli che fanno paura anche ai repubblicani moderati - a proporre di inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio di bilancio. In Italia è la segretaria generale della Cgil in compagnia della Presidente di Confindustria. In Italia rischiamo quindi di avere una dialettica politica racchiusa in una rincorsa liberista tra un governo populista di destra e un’opposizione egemonizzata dai poteri forti connessi alle tecnocrazie europee.
In questo contesto, oltre alla drammatica posizione dei sindacati – gli unici in tutta Europa ad essere chiaramente schierati contro i lavoratori - è del tutto evidente la debolezza dell’opposizione parlamentare, che essendo subalterna alla vulgata neoliberista, non è in grado di proporre un proprio progetto alternativo, per cui sbanda tra la richiesta di elezioni, la proposta di governi tecnici e addirittura l’idea di un dialogo “costruttivo” con Berlusconi. Non a caso la strada che l’Italia sta imboccando a passi da gigante è proprio la strada Greca, quella del drastico peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone.
In questo contesto di grande caos e dove la gente non capisce letteralmente nulla di cosa sta succedendo, noi dobbiamo tenere un profilo chiaro e costruire una precisa posizione politica.
Innanzitutto la costruzione dell’opposizione alle manovre messe in campo da Berlusconi in raccordo con l’Europa. Si tratta di operare per l’estensione e la connessione del conflitto sociale. Con chi ci sta. Si tratta di fare un salto di qualità da settembre puntando chiaramente il dito contro il sistema finanziario: la Bce e il sistema delle banche sono i nostri avversari primi e vanno aggrediti con forza.
In secondo luogo, occorre produrre un enorme sforzo di demistificazione di quanto sta avvenendo sul terreno economico e finanziario. Il pensiero unico neoliberista tende a “naturalizzare”, a far credere oggettive, scelte che sono puramente politiche. La speculazione viene presentata come un fenomeno soprannaturale, per cui i mercati “si innervosiscono, si impauriscono, si arrabbiano”. Noi poveri umani dovremo evitare di far incazzare gli dei seguendo i consigli dei Santoni (gli economisti neoliberali), che ovviamente ci stanno portando al disastro. Il fatto che il neoliberismo sia fallito, ma il pensiero neoliberista sia tutt’ora egemone, rappresenta il principale ostacolo al conflitto. infatti noi ci troviamo nella condizione in cui la gente si lamenta per le misure del governo, ma in fondo pensa che il governo rappresenti gli interessi generali. Contestano Berlusconi, ma pendono dalle labbra di Monti e di Tremonti per sapere cosa succederà. Occorre aggredire consapevolmente questa ideologia dominante: per battere il neoliberismo occorre sconfiggere l’ideologia neoliberista, altrimenti risulteremo del tutto subalterni. Spiegare e studiare sono quindi punti fondamentali, più che in altre fasi della nostra azione politica. La lotta non è solo mobilitazione ma, come ci insegnava Marx, critica dell’economia politica.
Da ultimo, dobbiamo tenere ferma la barra sulla proposta del fronte democratico. Di fronte ai tentativi di uscita da destra dal berlusconismo, alla subalternità della Camusso e all’indeterminatezza del Pd, noi dobbiamo proporre con nettezza che il governo si dimetta per andare subito alle elezioni. Nelle elezioni proponiamo la costruzione di un fronte democratico tra la sinistra e il centro sinistra, alternativo tanto a Berlusconi che alla Marcegaglia. Al popolo del centro sinistra, a livello di massa, deve essere posta chiaramente l’alternativa tra l’accordo con i poteri forti e l’accordo con la sinistra. Sono due strade opposte per chiudere la fase di Berlusconi e per affrontare la crisi.
La nostra proposta consiste in questo: allargare le lotte, far crescere la coscienza anticapitalista e prospettare un concreto percorso politico per superare il governo Berlusconi senza cadere in un governo Marcegaglia.

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