venerdì 12 agosto 2011

CGIL SCEGLI CHE FARE. Intervista a Cofferati

E' scontro nel più grande sindacato italiano: l'accordo stipulato da Susanna Camusso viene messo apertamente in discussione. Rinaldini chiede la convocazione del Direttivo nazionale.

Cgil, scegli che fare


«Chiediamo a Cisl e Uil uno straordinario impegno unitario per contrastare la politica unilaterale di attcco ai ceti deboli e al lavoro che è fulcro della manovra economica che si accinge a varare il governo». Una scarna nota del sindacato di corso d'Italia stigmatizza le parole del ministro Tremonti al Parlamento in una giornata silente dal punto di vista delle reazioni delle forze sociali. Che il governo intendesse partire lancia in resta all'attacco di pensioni e diritti si era già capito. La segretaria della Cgil, Susanna Camusso aveva dunque già ventilato la possibilità di una mobilitazione generale. Sperando però di evitare la rottura di un fronte (quello con Cisl, Uil e Confindustria, sugellato dalla lettera inviata all'esecutivo) appena consolidato. Ma Cisl e Uil per il momento di sciopero non vogliono sentire parlare, e ieri le parole di Tremonti sono state sufficientemente vaghe sia in materia di pubblico impiego che di pensioni per temporeggiare ancora. Perciò Camusso, intervistata dal Tg3, solo dopo una serie di premesse ha concluso: «Lavoriamo perchè la manovra non sia ingiusta ma se lo fosse non si potrà non reagire».
Intanto a corso d'Italia l'aria si fa sempre più pesante. Diverse categorie covano malumori. Un attacco frontale arriva dall'area di opposizione interna La Cgil che vogliamo: «In queste settimane non si è svolta alcuna riunione degli organismi dirigenti della Cgil che abbiano deciso e validato il documento presentato al governo da parte di tutte le forze sociali - dice l'ex segretario della Fiom, Gianni Rinaldini - Quel documento costituisce un atto di puro arbitrio e irresponsabilità da parte del segretario generale». «Non è possibile procedere in questo modo che mette a rischio il rapporto della Cgil con le persone che vogliamo rappresentare - è la conclusione - Chiediamo la convocazione urgente del direttivo per valutare la situazione e decidere la mobilitazione generale, compreso lo sciopero generale per settembre».
I proclami di Tremonti d'altro canto non hanno convinto neppure Confindustria, che spinge per «riforme» più radicali: «La mancanza di informazioni non consente una valutazione concreta sull'efficacia delle misure allo studio del governo», dice al Tg1 il direttore generale di Confindustria Gianpaolo Galli.

Intervista a Sergio Cofferati. L'ex segretario: "il sindacato deve mobilitarsi. L'attacco al lavoro non porta crescita ma scontro sociale"

di Giorgio Salvetti su il manifesto

«Prima il governo ha preso per il naso le parti sociali, poi ha preso per il naso gli italiani trincerandosi dietro le raccomandazioni della Banca centrale europea. A questo punto tanto vale trattare direttamente con la Bce». Sergio Cofferati non è stupito dalle parole del ministro Tremonti, che ha persino parlato di una sostanziale abolizione di quell'articolo 18 che impedisce il licenziamento senza giusta causa e che fu la grande battaglia vinta dalla Cgil di Cofferati nel 2002.

Tremonti, quando parla dei licenziamenti, ma anche di pensioni e addirittura di taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici, si richiama alla lettera della Bce ma non toglie la riserva su cosa farà davvero il suo governo. Si tratta di minacce o come un mercante alza il prezzo per cercare di strappare le migliori, anzi peggiori, condizioni possibili?

Questo governo ha perso ogni legittimità. Non solo si mostra evidentemente commissariato ma non dimostra neanche quel minimo di senso di responsabilità per dire che cosa vuole fare. Non si è mai visto un esecutivo che incontra le parti sociali, non dice nulla, e il giorno dopo parla per bocca della Bce. Il punto però è che l'orientamento di fondo è fin troppo chiaro. Si punta a colpire i ceti più deboli. E' questo il profilo ideologico che tiene insieme le ipotesi, alcune delle quali veramente reazionarie, annunciate da Tremonti.

Si aspettava un attacco all'articolo 18 giocato in questi termini e in questo momento?

Più o meno me lo aspettavo. Non c'è neppure un timido nesso tra l'abolizione dell'articolo 18 e eventuali misure per fare ripartire la crescita. Lo dice anche la commissione crisi del parlamento europeo. A metà luglio dopo due anni di lavoro ha ribadito che per sostenere la ripresa bisogna puntare sulla qualità del lavoro, ridurre frammentazione e precarizzazione e investire sulla formazione. Non si può in alcun modo attribuire la crisi all'impossibilità di licenziare senza giusta causa. Questa è una cosa che riguarda solo la dignità di chi lavora. Si tenta di mettere il lavoratore nella posizione di potere subire una ingiustizia. Altro che crescita. Se così non fosse dopo il 2002 l'economia italiana sarebbe dovuta andare malissimo e invece è successo il contrario. Anzi la difesa dell'articolo 18 è stata un elemento positivo della nostra economia e questo dovrebbe fare pensare e riflettere destra e anche sinistra. Abolire l'articolo 18 serve solo a scatenare lo scontro sociale.

Tremonti, però, ha citato come un fatto importante l'elenco dei punti presentato al governo dalle parti sociali firmato da Confindustria e dai sindacati, Cgil compresa. Come può la Cgil difendere ancora quella piattaforma comune?

Quel documento era ambiguo e annunciava principi astratti senza scendere nel concreto. Ma col passare del tempo si sta creando una vistosissima divergenza tra organizzazioni che rappresentano interessi opposti. Ed è normale che sia così, il contrario non è dato in natura. Ai sindacati, e in particolare alla Cgil, non resta altro da fare che prendere le distanze dalle ipotesi del governo e ricominciare a mobilitarsi.

Susanna Camusso non ha escluso l'ipotesi dello sciopero generale.

Ci sono tutte le condizioni per deciderlo.

Ma Bonanni ha già detto di no.

Per me anche la forma conta. La Cgil deve mettere sul piatto tante azioni di contrasto, compreso lo sciopero generale. In questo contesto credo che anche per la Cisl di Bonanni sarà difficile tirarsi indietro.

Insomma, non è più il caso di tentare di mantenere un fronte comune con Confindustria, neppure per nobili ragioni come quella di cacciare Berlusconi e provare a immaginare un futuro senza Cavaliere?

Quel percorso aveva come suo presupposto una forte discontinuità rispetto a questo governo. Invece da un punto di vista delle politiche economiche si rischia di andare nel senso opposto. E Berlusconi è sempre lì.

Dal 2002 sono cambiate molte cose, quale sponda politica può avere la mobilitazione dei sindacati? Che deve fare il Pd?

Credo che nessuna organizzazione progressista possa digerire le misure annunciate dal governo. Sono in gioco le condizioni di vita e di lavoro di una larga parte dei cittadini rappresentati anche dal Pd, e sono in gioco equità e giustizia sociale. Si tratta di valori costitutivi. Il ruolo di un partito di sinistra, o centro sinistra, in un momento di crisi così grande, deve essere quello di mettere in campo questi valori, non di annacquarli. Cercando di proporre soluzioni concrete, ma anche conseguenti ai propri principi.

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