giovedì 5 agosto 2010

La vocazione smarrita del Pd

Si dice che in queste ore vari esponenti Pd abbiano fatto arrivare a Berlusconi messaggi rassicuranti sulle intenzioni, diciamo così, poco bellicose del maggior partito d’opposizione. Chissà, forse impressionati da quella frase: al primo incidente si va alle urne. Non sappiamo quanto sia vera la voce, ma certamente è autentica la paura che attanaglia i vertici democratici davanti alla minaccia di elezioni anticipate. Una situazione davvero curiosa visto che nel normale gioco della politica, con una maggioranza sfibrata da una sanguinosa scissione, sarebbe naturale per qualsiasi opposizione mettere subito all’incasso i guai altrui. Per carità, non cadiamo dal pero. Conosciamo, come li conosce Bersani, i sondaggi che inchiodano a un malinconico 26-27 per cento quello che solo tre anni fa si autodefiniva, tra squilli di tromba, un partito a vocazione maggioritaria. Come insegna madre Chiesa la vocazione si può anche perdere per strada, soprattutto quando dall’altra parte c’è un signore che malgrado scandali ed escort (tre alla volta stando alle ultime rivelazioni) auspica il ritorno alle urne sicuro di poter rivincere ancora. E allora, invece di baloccarsi con ipotesi di governi Tremonti, il vertice Pd non dovrebbe più utilmente chiedersi come sia possibile che il loro partito sia l’unica forza d’opposizione in Europa a non guadagnare terreno nei confronti del governo? Di questo pessimo e disastrato governo?
Antonio Padellaro, da il Fatto Quotidiano del 4 agosto 2010

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