Tutti i principali media hanno diffuso l’immagine dei capi di stato a
braccetto in testa al corteo, in una Parigi diventata capitale del
mondo come ha detto, rispolverando antica grandeur, Hollande. Ebbene
questa immagine è un falso costruito ed alimentato ad arte.
Come mostrano le foto indipendenti che si trovano solo su internet, i
capi di stato e governo sfilavano da soli in una via deserta isolata
dal mondo dalle forze di sicurezza. Altrove
sfilava il popolo che con le origini e motivazioni le più diverse
mostrava il suo sdegno per la strage infame commessa dai fondamentalisti
islamici. Ma il corteo dei 200 potenti non era alla testa dei milioni
scesi in piazza, forse con molti di loro non sarebbe stato neppure in
connessione. Sono i mass media ad aver costruito questo legame, questa
rappresentanza degli uni rispetto agli altri e questa è semplicemente
moderna e sapiente propaganda bellica.
Siamo in guerra dicono mass media e finta testa del corteo, ma chi è
in guerra, contro chi e per quale scopo deve restare indeterminato per
lasciare spazio ad ogni manovra. Con il massimo della malafede
intellettuale si usa la denuncia di Papa Francesco contro una guerra
mondiale a pezzi che andrebbe fermata, per sostenere all’opposto che
essa vada condotta fino alla vittoria. Alla fine l’unico concetto che
rimane è quello della guerra di civiltà tra i valori democratici
occidentali e il fanatismo terrorista. Sulle dimensioni della guerra e
degli avversari ci si divide sia nella finta testa del corteo di Parigi,
sia tra di essa e le forze populiste e xenofobe escluse. Ci si divide
su modalità ed estensione della guerra, ma non sul fatto di farla.
Eppure fin dal 1991 siamo in conflitto armato contro i nuovi Hitler e
forse il massacro di Parigi dovrebbe imporre una riflessione su 24 anni
di guerre per la democrazia e sui loro risultati. Invece si reagisce
sempre allo stesso modo. Ho visto in televisione l’ex presidente
francese Sarkozy esaltare l’unità della nazione di fronte al terrorismo.
E ho pensato alla sua decisione di bombardare la Libia per sostenere i
ribelli contro Gheddafi. Ricordo anche le vibranti parole di Giorgio
Napolitano a sostegno di quella azione militare. Che ha avuto pieno
successo, Gheddafi è stato trucidato e ora in Libia dilagano tutte le
organizzazioni del terrorismo fondamentalista islamico.
Gli spietati assassini di Parigi sono cittadini francesi che hanno
fatto il loro apprendistato militare contro Assad in Siria. E Hollande
tuttora insiste per un maggior impegno militare della Nato a sostegno
dei ribelli siriani. Obama ha lanciato per primo l’appello contro
quell’Isis i cui gruppi dirigenti sono stati addestrati dagli USA sia in
funzione anti Siria che anti Iran.
Gli occidentali si stanno ritirando dall’Afghanistan dove hanno
sostanzialmente perso la guerra, condotta ora contro quei talebani
armati ed istruiti a suo tempo dagli USA contro l’occupazione sovietica
del paese.
In Somalia negli anni 90 ci fu un colossale intervento militare
guidato dagli USA. Ora quel paese non è più uno stato e scopriamo di
mantenere ancora lì delle truppe quando son minacciate da questa o
quella banda di signori della guerra.
In Kosovo D’Alema mandò i suoi bombardieri per difendere la libertà
dei popoli. Ora quello è uno stato canaglia in mano alle multinazionali
del crimine e anche una evidente via di transito e rifornimento per i
terrorismi, forse anche per gli assassini francesi. Da quel 1991 quando
Bush padre trascinò il mondo nella prima guerra contro l’Iraq di Saddam,
gli interventi militari dell’occidente son stati molteplici e tutti
dichiaratamente a favore della democrazia.
Abbiamo esportato la democrazia con le armi e abbiamo importato il
terrorismo fondamentalista. Ma nonostante tutto lo scambio continua. In
Ucraina i nazisti di tutta Europa si son dati convegno a sostegno del
governo appoggiato da Ue e Nato. Lì stanno facendo la loro scuola
militare, il loro apprendistato, poi li vedremo all’opera in tutta
Europa.
Farsi sbranare dai mostri che si sono allevati è la coazione a
ripetere che l’Occidente non riesce ad interrompere. Anzi di nuovo
risuonano gli stessi appelli e le stesse strumentalità che abbiamo
sentito negli ultimi decenni.
Per combattere davvero questo terrorismo l’Occidente e l’Europa
dovrebbero cambiare politica economica e militare, anzi dovrebbero
mettere in discussione la stessa coalizione che le definisce. Da un
quarto di secolo l’Occidente pratica politiche liberiste di austerità e
le accompagna con guerre umanitarie in difesa della democrazia. L’Unione
Sovietica non c’è più, ma la NATO esiste e chiede ancora più tributi.
L’arsenale nucleare cresce e continua a minacciare la stessa
esistenza umana anche se, per ora, non è in mano ai terroristi. Non sono
un pacifista gandhiano, voglio sconfiggere iI fondamentalismo islamico,
e con esso ogni oscurantismo religioso e politico compreso il ritorno
del fascismo e del razzismo europei. Ma le politiche economiche e di
guerra della coalizione occidentale hanno prodotto sinora un solo
risultato, hanno diffuso e rafforzato il nemico che han dichiarato di
voler combattere. Per questo la destra integralista occidentale
rivendica una guerra totale vera e non le si può ipocritamente
rispondere che basta una guerra in modica quantità.
Da noi dopo decenni di precarizzazione del lavoro senza risultati
occupazionali, Renzi ha convinto il Pd ad abolire quell’articolo 18
contro cui si era sempre scagliata la destra economica. Se sulla guerra
si seguisse la stessa logica dopo 24 anni di fallimenti, non resterebbe
che una vera completa guerra mondiale.
Se si vuole abbattere il mostro che le stesse guerre democratiche
dell’Occidente hanno creato ed alimentato ci sono precise scelte di
rottura da compiere. La prima è sciogliere la NATO e costruire una vera
coalizione mondiale, con Russia, Cina, Iran, India, America Latina,
Sudafrica. Il primo atto di questa nuova coalizione dovrebbe essere la
fine della corsa agli armamenti e lo smantellamento del nucleare, che
non dovrebbe servire contro il terrorismo.
Questa coalizione dovrebbe operare dentro l’ONU e non con la guerra
ma con una azione comune a sostegno delle forze che si oppongono al
fondamentalismo, come timidamente e contraddittoriamente si fa con i
Curdi a Kobane. Questa coalizione dovrebbe avere come primo alleato sul
posto il popolo palestinese e dovrebbe costringere Israele a tornare sui
confini del 67 e a riconoscere lo stato di questo popolo oppresso.
Questa coalizione dovrebbe abbandonare le alleanze con i finti moderati,
corresponsabili della crescita del terrorismo islamico. Parlo
dell’Arabia Saudita e delle altre monarchie del petrolio, vera base
culturale e finanziaria del fondamentalismo.
Infine bisogna cambiare le politiche interne, perché non bisogna
essere marxisti ortodossi per affermare ciò di cui erano consapevoli i
democratici che sconfissero il nazifascismo. E cioè che la
disoccupazione e l’ingiustizia sociale sona da sempre il brodo di
coltura di dittature e guerra. Bisogna cancellare le politiche di
austerità e riprendere quelle di eguaglianza sociale, bisogna finirla
con l’assecondare quella guerra economica permanente che è stata
chiamata globalizzazione.
Solo così sarà più facile riconquistare quelle periferie emarginate,
ove si scontrano il rancore fondamentalista con quello xenofobo.
Onestamente credo poco che la finta testa del corteo di Parigi, che di
questo disastro venticinquennale è responsabile, sia in grado di
cambiare. Per questo bisogna respingere l’appello all’unità nazionale
dietro di essa e costruire ad essa un’alternativa. Altrimenti tra poco
potremmo sentirci dire in qualche talkshow che il solo modo per
sconfiggere un miliardo e mezzo di minacciosi musulmani è far ricorso al
nucleare. In fondo non è già stata usato per concludere una guerra?
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