giovedì 15 gennaio 2015

Il socialismo non si fa per decreto di Imma Barbarossa

Confesso di essermi accostata a Rosa Luxemburg da vera e propria dilettante e di esserne rimasta affascinata. Dalla donna e dalla pensatrice,forse in egual misura.
E’ difficile trovare una persona in cui il vissuto e la politica si intreccino così profondamente come in Rosa.Una donna di parte,profondamente di parte,ma consapevole che c’era un mondo fuori dalla sua parte. Un mondo da analizzare e da comprendere in maniera persino spregiudicata.
Di solito quando si attribuisce a una donna un pensiero sessuato si vuole dire che la donna in questione è una femminista che fa della differenza femminile un punto di vista per analizzare la realtà. Niente di tutto questo per Rosa Luxemburg, e tuttavia è difficile pensare che il suo essere donna, la sua mente lucida e il suo corpo in sofferenza non abbiano segnato i suoi modi di esprimersi, le sue analisi politiche.
Rosa non vuole approfittare di essere una donna, per giunta fisicamente debole, per presentare appello ed essere scarcerata. Scrive il 7 febbraio 1917 a Marta Rosembaum: “…mi dispiace che,proprio perché sono una donna,si insista sulla mia debolezza fisica”( p.60, Lettere contro la guerra). Di Clara Zetkin, infaticabile attivista nell’allora movimento delle donne socialiste Rosa guarda con distacco il correre qua e là in piccole riunioni, ma poi è a Clara che rivolge una lettera molto affettuosa, in cui (18 novembre 1918) le chiede: “Aspetto il tuo articolo con grande impazienza: cortissimo! Non ti dà molto lavoro. E’ il tuo nome che vogliamo avere subito. Scrivi qualcosa sulle donne, ad esempio; è così importante attualmente e qui nessuno di noi ci capisce granché” (p.102).
Parlerò ora del Programma di Spartaco, di quello che mi ha interessata di più, ossia il riferimento ai caratteri del socialismo. Qui, contrariamente alla vulgata diffusa su di lei, Rosa non ritiene veritiero nessun crollo meccanico del capitalismo, anzi afferma che sta alla soggettività (anche se questo è un termine che lei non usa) delle masse (operaie) intervenire nel processo rivoluzionario: “la politicizzazione dei bisogni immediati della vita quotidiana può dispiegare  una carica esplosiva sovversiva”(Programma di Spartaco).
Le lotte sociali, insomma, vanno insieme alle riforme (qui sta il rifiuto di Rosa Luxemburg del riformismo alla Bernstein o la sua opposizione sprezzante al gradualismo istituzionale), insieme devono concorrere a quella conquista del potere politico senza della quale è irrealizzabile qualsiasi processo rivoluzionario. Ma per riforme Rosa intende sostanzialmente l’intervento nell’anarchia dell’economia capitalistica attraverso la progressiva socializzazione del processo produttivo e soprattutto attraverso l’organizzazione e la coscienza di classe. Rosa Luxemburg si rifa  naturalmente alla lettura marxiana del capitalismo, e cioè a quello che a me pare il più grande contributo teorico-politico di Marx, la scoperta della storicità del capitalismo, non più ordine naturale del mondo, ma forma economica, sociale, politica di una classe, la borghesia nelle sue varie, storiche modificazioni e ristrutturazioni. E perché questa lettura emerga – e diventi coscienza di massa oltre che spinta all’iniziativa politica- occorre costruire il punto di vista socialista, cioè di classe.
Per quanto riguarda il carattere della rivoluzione e del socialismo, Rosa Luxemburg nel Programma di Spartaco  ci lascia una esplicita critica ad una concezione per cui “bastasse fare la rivoluzione politica e impadronirsi del potere statale per dare immediatamente al socialismo sostanza di vita”(p.30),citando esplicitamente un passo del Manifesto di Marx ed Engels nella prefazione del 1872 (dopo l’esperienza della Comune,per intenderci): “la Comune ha,specialmente,fornito la prova che la classe operaia non può semplicemente prendere possesso della macchina statale bell’e pronta e metterla in moto per i propri fini”. Tuttavia per Rosa Luxemburg questo passo non va inteso,come avvenne nella Seconda Internazionale,nel senso che il socialismo fosse “come una lontana stella luminosa,come una meta ultima”,mentre il compito immediato sarebbe la “minuta lotta quotidiana sul terreno politico ed economico”: giacché “il socialismo diventerà una necessità storica”,ma non è un processo automatico e politico-istituzionale.
Era un’illusione che “sarebbe bastato soltanto rovesciare il vecchio governo e porre in sua vece un governo socialista” e “poi si sarebbero emanati i decreti che instauravano il socialismo”(p.49).
Il socialismo non si fa per decreto né si può fondare sulla conquista del governo: il socialismo dev’essere fatto dalle masse,da ciascun proletario. Là dove essi sono legati alla catena del capitale, là deve essere spezzata la catena. Solo questo è il socialismo“, cioè una rottura rivoluzionaria.
Una rivoluzione che nel suo farsi costruisce il socialismo.
Rosa Luxemburg insiste su questo concetto,contro ogni gradualismo ma anche contro ogni meccanismo deterministico. “Nelle rivoluzioni borghesi…bastava rovesciare al centro il potere ufficiale e sostituirlo con un paio o con un paio di dozzine di uomini nuovi”. “Noi dobbiamo lavorare dal basso”,e cioè nel cuore dello sfruttamento,di ogni proletario e proletaria sfruttati, nella coscienza di ognuno/a.
Sappiamo che non avvenne così; sappiamo che i consigli dei soviet furono depotenziati dallo stato socialista,e che molti punti dei programmi rivoluzionari si tentò di attuarli “per decreto”. E che gli eserciti degli stati socialisti furono impiegati per sedare  le cosiddette “controrivoluzioni” nelle varie “periferie dell’impero”, da Budapest a Praga fino a Sarajevo e alla Cecenia (anche dopo il ‘crollo’,cioè) passando per Tien an Men. Ciò che ne è derivato è la diretta testimonianza che non c’è un ‘campo’ geopolitico in cui il militarismo è positivo,e che la rivoluzione non si esporta né si espande con le armate. Né si impone,appunto,per decreto.
Rosa fu uccisa dall’”interno” del suo “campo”, quasi come Olympia de Gouges. Lenin e Stalin furono compianti ed ebbero statue, mausolei  e funerali di stato. Ma la storia davvero a questo proposito non è la storia dei vincitori (cfr.Cassandra di Christa Wolf),e comunque  quei vincitori non hanno vinto, e noi abbiamo perso con loro.

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