Confesso di essermi accostata a Rosa
Luxemburg da vera e propria dilettante e di esserne rimasta affascinata.
Dalla donna e dalla pensatrice,forse in egual misura.
E’ difficile trovare una persona in cui
il vissuto e la politica si intreccino così profondamente come in
Rosa.Una donna di parte,profondamente di parte,ma consapevole che c’era
un mondo fuori dalla sua parte. Un mondo da analizzare e da comprendere
in maniera persino spregiudicata.
Di solito quando si attribuisce a una
donna un pensiero sessuato si vuole dire che la donna in questione è una
femminista che fa della differenza femminile un punto di vista per
analizzare la realtà. Niente di tutto questo per Rosa Luxemburg, e
tuttavia è difficile pensare che il suo essere donna, la sua mente lucida
e il suo corpo in sofferenza non abbiano segnato i suoi modi di
esprimersi, le sue analisi politiche.
Rosa non vuole approfittare di essere
una donna, per giunta fisicamente debole, per presentare appello ed essere
scarcerata. Scrive il 7 febbraio 1917 a Marta Rosembaum: “…mi dispiace
che,proprio perché sono una donna,si insista sulla mia debolezza
fisica”( p.60, Lettere contro la guerra). Di Clara Zetkin, infaticabile
attivista nell’allora movimento delle donne socialiste Rosa guarda con
distacco il correre qua e là in piccole riunioni, ma poi è a Clara che
rivolge una lettera molto affettuosa, in cui (18 novembre 1918) le
chiede: “Aspetto il tuo articolo con grande impazienza: cortissimo! Non
ti dà molto lavoro. E’ il tuo nome che vogliamo avere subito. Scrivi
qualcosa sulle donne, ad esempio; è così importante attualmente e qui
nessuno di noi ci capisce granché” (p.102).
Parlerò ora del Programma di Spartaco,
di quello che mi ha interessata di più, ossia il riferimento ai caratteri
del socialismo. Qui, contrariamente alla vulgata diffusa su di lei, Rosa
non ritiene veritiero nessun crollo meccanico del capitalismo, anzi
afferma che sta alla soggettività (anche se questo è un termine che lei
non usa) delle masse (operaie) intervenire nel processo rivoluzionario:
“la politicizzazione dei bisogni immediati della vita quotidiana può
dispiegare una carica esplosiva sovversiva”(Programma di Spartaco).
Le lotte sociali, insomma, vanno insieme
alle riforme (qui sta il rifiuto di Rosa Luxemburg del riformismo alla
Bernstein o la sua opposizione sprezzante al gradualismo
istituzionale), insieme devono concorrere a quella conquista del potere
politico senza della quale è irrealizzabile qualsiasi processo
rivoluzionario. Ma per riforme Rosa intende sostanzialmente l’intervento
nell’anarchia dell’economia capitalistica attraverso la progressiva
socializzazione del processo produttivo e soprattutto attraverso
l’organizzazione e la coscienza di classe. Rosa Luxemburg si rifa
naturalmente alla lettura marxiana del capitalismo, e cioè a quello che a
me pare il più grande contributo teorico-politico di Marx, la scoperta
della storicità del capitalismo, non più ordine naturale del mondo, ma
forma economica, sociale, politica di una classe, la borghesia nelle sue
varie, storiche modificazioni e ristrutturazioni. E perché questa lettura
emerga – e diventi coscienza di massa oltre che spinta all’iniziativa
politica- occorre costruire il punto di vista socialista, cioè di
classe.
Per quanto riguarda il carattere della
rivoluzione e del socialismo, Rosa Luxemburg nel Programma di Spartaco
ci lascia una esplicita critica ad una concezione per cui “bastasse fare
la rivoluzione politica e impadronirsi del potere statale per dare
immediatamente al socialismo sostanza di vita”(p.30),citando
esplicitamente un passo del Manifesto di Marx ed Engels nella prefazione
del 1872 (dopo l’esperienza della Comune,per intenderci): “la Comune
ha,specialmente,fornito la prova che la classe operaia non può
semplicemente prendere possesso della macchina statale bell’e pronta e
metterla in moto per i propri fini”. Tuttavia per Rosa Luxemburg questo
passo non va inteso,come avvenne nella Seconda Internazionale,nel senso
che il socialismo fosse “come una lontana stella luminosa,come una meta
ultima”,mentre il compito immediato sarebbe la “minuta lotta quotidiana
sul terreno politico ed economico”: giacché “il socialismo diventerà una
necessità storica”,ma non è un processo automatico e
politico-istituzionale.
Era un’illusione che “sarebbe bastato
soltanto rovesciare il vecchio governo e porre in sua vece un governo
socialista” e “poi si sarebbero emanati i decreti che instauravano il
socialismo”(p.49).
Il socialismo non si fa per decreto né
si può fondare sulla conquista del governo: il socialismo dev’essere
fatto dalle masse,da ciascun proletario. Là dove essi sono legati alla
catena del capitale, là deve essere spezzata la catena. Solo questo è il
socialismo“, cioè una rottura rivoluzionaria.
Una rivoluzione che nel suo farsi costruisce il socialismo.
Rosa Luxemburg insiste su questo
concetto,contro ogni gradualismo ma anche contro ogni meccanismo
deterministico. “Nelle rivoluzioni borghesi…bastava rovesciare al centro
il potere ufficiale e sostituirlo con un paio o con un paio di dozzine
di uomini nuovi”. “Noi dobbiamo lavorare dal basso”,e cioè nel cuore
dello sfruttamento,di ogni proletario e proletaria sfruttati, nella
coscienza di ognuno/a.
Sappiamo che non avvenne così; sappiamo
che i consigli dei soviet furono depotenziati dallo stato socialista,e
che molti punti dei programmi rivoluzionari si tentò di attuarli “per
decreto”. E che gli eserciti degli stati socialisti furono impiegati per
sedare le cosiddette “controrivoluzioni” nelle varie “periferie
dell’impero”, da Budapest a Praga fino a Sarajevo e alla Cecenia (anche
dopo il ‘crollo’,cioè) passando per Tien an Men. Ciò che ne è derivato è
la diretta testimonianza che non c’è un ‘campo’ geopolitico in cui il
militarismo è positivo,e che la rivoluzione non si esporta né si espande
con le armate. Né si impone,appunto,per decreto.
Rosa fu uccisa dall’”interno” del suo
“campo”, quasi come Olympia de Gouges. Lenin e Stalin furono compianti
ed ebbero statue, mausolei e funerali di stato. Ma la storia davvero a
questo proposito non è la storia dei vincitori (cfr.Cassandra di Christa
Wolf),e comunque quei vincitori non hanno vinto, e noi abbiamo perso
con loro.
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