Gli eventi storici hanno i loro piccoli dettagli. Così vorrei
ringraziare il sindaco di Parigi, madame Anne Hidalgo, o chi per lei,
per certi cartelli stradali – quelli con gli avvisi di servizio agli
automobilisti – scritti nell’ormai irrinunciabile formula del “je suis”.
“Je suis”… ebreo, musulmano, cristiano, poliziotto eccetera eccetera e
anche, per una volta, “ateo”. Ecco, grazie. Che
a ricordare questa minoranza (?) di senzadio per scelta sia la città
che ha insegnato il laicismo a tutti mi pare giusto. E un po’ meno
giusto mi pare invece la voce degli atei non si senta praticamente mai.
Mentre Parigi e la Francia facevano qualcosa di storico, gridando slogan
come “Li-berté d’ex-pression”, qui da noi ci beccavamo Salvini in heavy
rotation come la canzone regina, per una volta de-felpizzato ma stoico
come un fachiro a recitare il repertorio.
Vespa col mitra in mano, ci ha dato qualche soddisfazione, per il
resto, dibattito fiacco e molta polvere sull’Islam, soprattutto da
destra (i soliti delicati titoli di Libero e il Giornale)
e alcuni interessanti interventi su religione e democrazia, religione e
gente che ammazza altra gente, religione e crisi economica, religione e
fanatismo. In sostanza un enorme, un po’ informe, dibattito sul
laicismo senza che mai (o molto raramente) si sentisse pronunciare
questa parola e senza che mai qualcuno si alzi a dire che c’è pure il
caso che Dio non esista.
Si sa che i vegetariani non guardano le vetrine delle macellerie, e
così sarà difficile per un ateo comprendere fino in fondo i sottili
distinguo e i grandi dogmi delle religioni, delle loro correnti,
sfumature, sette, apparati, schegge impazzite, predicatori e
propagandisti. Certo è – anche per gli atei – che questa faccenda di Dio
ha mille sfaccettature. Lungo le freeway americane è tutto un fiorire
di cartelli contro il darwinismo, o un indicare numeri di telefono:
“Chiama Gesù, lui ha la risposta”, per non dire degli adesivi sui
paraurti tipo: “Gesù ha detto che non devi tamponarmi”. Poi ci sarebbero
altri dei, più o meno cattivi, o descritti come molto cattivi da chi
agisce in loro nome. Poi ci sarebbe il grande dibattito su Bibbia,
Corano e testi sacri: cosa c’è scritto veramente, come va interpretato,
come va letto storicamente.
Un ateo osserva tutto questo un po’ costernato, da fuori, come
assistendo a un folle spettacolo in cui la fede in Dio oscilla da “fammi
vincere a bigliardino ” a imbottire i bambini di tritolo, e
probabilmente ciò rafforza il suo scetticismo. Quando gli autori di
Charlie Hebdo parlano di “Diritto alla blasfemia”, probabilmente
intendono questo, e ora che si discetta apertamente di guerre di civiltà
e di religioni la cosa ha un suo fondamento.
A guardarla bene, la manifestazione di Parigi era questo: una
rivendicazione di laicità universale. Cercate di non fare troppi danni
con il vostro Dio e soprattutto lasciate in pace noi. Non diverso da
quello che scriveva (in tempi non sospetti, cioè quando non gli
ammazzavano i redattori a mitragliate) François Cavanna, che di Charlie
Hebdo fu il fondatore. Una lunga invettiva verso dogmi, fedi, credenze,
pratiche, superstizioni e imposizioni che si concludeva con: “Non
rompeteci i coglioni. Fate i vostri salamelecchi nella vostra capanna,
chiudete bene la porta e soprattutto non corrompete i nostri ragazzi”.
Ecco, un punto di vista fieramente ateo, che nessuno cita nelle profonde
elucubrazioni di questi giorni, e che avrebbe, invece, pieno diritto di
cittadinanza nel dibattito.
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