sabato 24 gennaio 2015

Via dal PD di Raffaele Viglianti




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La tessera 2014 del PD l’avevo rinnovata in extremis, a dicembre, iscrivendomi al circolo ferrovieri di Roma.
L’avevo fatto per senso di responsabilità, essendo componente, insieme ad altre mille-e-non-so-quante persone, di quell’organismo pletorico e sostanzialmente inutile che si chiama Assemblea Nazionale.
E l’avevo fatto per tigna. Per continuare ad esercitare il diritto di dire la mia,  per continuare ad esercitare il diritto di critica pur all’interno di un partito che, al passare del tempo, stentavo a riconoscere.
In questi giorni ho avuto tra le mani l’oggetto e ho pensato a quanto mi sentissi fuori luogo in una casa che ormai non era più la mia. Una casa che ho contribuito a fondare. Ho dato una mano per le fondazioni, ho tirato su i muri, e già il colore delle pareti non è che proprio mi piacesse, qualche tempo fa, anche negli anni precedenti al 2013. Ma poi qualcuno ha messo mobili e tappezzeria che davvero non mi garbano, e allora prendi le tue (pochissime) robe e vai.
Dovevamo costruire un partito alternativo al centrodestra, e invece il centrodestra non solo l’abbiamo preso come alleato di governo, ma ce lo siamo portato in casa. E abbiamo fatto entrare in casa nostra, con tutti gli onori, un pregiudicato. Al quale manine e manone provano a restituire agibilità politica. Alla beneficenza, in politica, non crede nessuno.
Dovevamo costruire un partito che sapesse parlare alle nuove generazioni, ai precari, agli studenti di ogni ordine e grado, agli startupper. E ci ritroviamo il jobs-act, che introduce ulteriori dualismi nel mondo del lavoro e che comprime i diritti dei lavoratori. Ci ritroviamo al palo sugli investimenti in ricerca scientifica, i giovani che vogliono aprire un’impresa vedono aumentare le tasse. Evviva le partite IVA.
Dovevamo costruire un partito attento all’ambiente, e invece ci ritroviamo a bloccare leggi regionali che limitano l’uso del suolo e ad autorizzare trivellazioni di petrolio. La fonte energetica del futuro, a quanto sembra.
Dovevamo costruire il partito dei diritti, e invece timidamente introduciamo formule astruse con terminologie anglofone, senza avere il coraggio di fare (e chiamare con il loro nome) le cose che vanno fatte. M-a-t-r-i-m-o-n-i-o per le persone dello stesso sesso. E aspettiamo ancora una legge sul fine vita.
Dovevamo essere il partito delle riforme, e ci ritroviamo con una riforma farlocca delle province, nella quale l’unica cosa ad esser stata abolita è la possibilità di scelta dei cittadini. E una riforma altrettanto farlocca del Senato, anch’esso, nella nuova formulazione, luogo di prescelti dalla politica, e i cittadini si fottessero. E si fottessero anche per la scelta dei deputati con l’Italicum o chiamatelo come cavolo volete. Capilista bloccati e pluricandidature. Giusto per non dimenticare chi li sceglie, i parlamentari.
Dovevamo essere il partito dell’uguaglianza, e ci ritroviamo con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, anche nel nostro Paese.
Dovevamo essere il partito delle regole, e ci ritroviamo da anni a fare primarie scandalose, a calpestare lo Statuto, senza che nessuno muova un dito. E chi prima era incudine ora è martello, e va bene così.
Dovevamo essere il partito della partecipazione, e non siamo mai riusciti ad utilizzare gli elenchi delle primarie per coinvolgere chi ci vota trecentosessantacinque giorni all’anno. Al massimo i file vengono forniti sottobanco al galoppino del capocorrente che invia sms ed e-mail abusive quando serve.
Dovevamo essere il partito dei circoli, e i circoli li hanno ammazzati. Anche quelli che funzionano, che non sono asserviti al ras locale, non sono mai interpellati per sapere cosa pensa la cosiddetta base dei provvedimenti in discussione. Troppo pericoloso utilizzare i referendum interni, anche per la nuova segreteria.
Dovevamo essere il partito del rinnovamento, e invece nei territori molti dei capibastone hanno annusato il vento e si sono buttati per tempo con il vincitore. Tutti Renziani, anche quelli che hanno contribuito a rendere il PD quello che è. E chi si opponeva a questi personaggi ora ci va a braccetto, tutti insieme appassionatamente nel nuovo corso, basta sconfiggere i frenatori, i gufi, i rosiconi. Che pochezza di argomentazioni, ragazzi.
Dovevamo essere il partito del dialogo, e invece il PD è diventato una caserma, prendere o lasciare, e se non ti sta bene quella è la porta, tra insulti e pernacchie. Il metodo Esposito.
Potrei andare avanti parlando di Europa, di trasparenza, di giustizia, di legalità.
Mi sento dire: aspetta che vi (ti) caccino. No. Ho esaurito le energie, e non voglio essere considerato, nel mio piccolissimo, corresponsabile delle scelte contronatura che il PD farà da oggi ai prossimi giorni, ai prossimi mesi.
Non sono Cofferati, sono un semplice iscritto. Ma credo che il segretario debba temere di più le tante persone normali che hanno abbandonato, che abbandonano e che continueranno ad abbandonare il PD, rispetto ai big che lasciano. La disaffezione al voto aumenta, in termini assoluti i voti al PD diminuiscono, ma nessuno se ne cura. Alcuni di quelli che vanno via sono sostituiti con chi, fino poco fa, era nostro avversario, distante anni luce culturalmente prima che politicamente. Ed è tutto normale, va tutto bene. È la mutazione antropologica, baby. Conta vincere, costi quel che costi.
Però mi sento tranquillo. Ho mantenuto vive le idee che condividevo con molti quando abbiamo fondato il PD. Le mie idee, le mie aspirazioni, sono rimaste quelle, mentre intorno il PD si snaturava. Sono rimasto la stessa persona, il PD non è rimasto lo stesso partito. E anche molti di quelli con cui ho fatto un pezzo di strada, negli ultimi cinque anni quasi sei, sono cambiati. O forse c’era un equivoco di fondo sui fini e sui mezzi che, a questo punto, è bene sciogliere.
Non ho mai creduto nelle proprietà taumaturgiche di un leader, mi bastano vent’anni di Berlusconi. Ho sempre pensato invece alla bontà dei progetti collettivi, che partono dal basso.
E dal basso riparto, certo di non essere solo, in questo mare aperto che è la sinistra italiana.

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L’ex sindaco di Forza Italia entra nel Pd. E io mi dimetto 

di Valentina Spata

Mi dimetto dalla Segreteria Provinciale del Pd a Ragusa, dal ruolo di Responsabile regionale del PSE (Partito Socialista Europeo) e mi auto-sospendo dal Partito Democratico.
Le motivazioni sono tante, tantissime ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’ingresso nel Partito Democratico ragusano di “personaggi” del centro destra.
Appresa dai giornali la notizia che l’On. Nello Dipasquale, ex Sindaco di Forza Italia della mia città, entrava nel Partito Democratico, insieme ad altri del centro destra siciliano, ho iniziato a manifestare pubblicamente il mio dissenso. Tra l’altro vengo a conoscenza del fatto che anche il Consigliere Comunale di Ragusa Mario Chiavola, ex Alleanza Nazionale, ha effettuato l’iscrizione al Pd. Ci tengo a precisare che non ho nulla contro le “persone” ma sono assolutamente avversa al mutamento identitario del Pd che negli ultimi mesi è stato accentuato dal “nuovo” modo di intendere la politica da parte della dirigenza nazionale.
E se è vero che il campo di battaglia non si abbandona alle prime difficoltà, altrettanto vero è che le modalità con le quali è stata condotta questa “fase” ed, in particolare, la scelta di far entrare “personaggi” di centro destra nel Pd, a parer mio, anziché rappresentare un “cambiamento” ed il rispetto dell’elettorato, rasentano la negazione totale della nostra storia e dei valori sulla quale abbiamo fondato questo partito.
Una scelta, l’ennesima, studiata a dovere nelle stanze del potere. Non ho condiviso i metodi e il diktat nazionale che costituisce, a mio avviso, un’arbitraria ed intollerabile intromissione nella vita democratica del Pd della Provincia di Ragusa e come sempre mortifica l’autonomia e l’intelligenza dei suoi gruppi dirigenti e di tutti i militanti. Il fatto che la tessera a Dipasquale sia stata data dal nazionale è di una gravità inaudita. Chi si iscrive on line, in base al regolamento, riceve una “pre-iscrizione” ma poi dovrà andare al circolo della propria città per ritirare la tessera firmata solo esclusivamente dal Segretario di quel circolo o al massimo dal Segretario provinciale. Io apprendo invece che la tessera viene mandata direttamente dal nazionale senza fare alcun passaggio con il territorio e senza valutare la compatibilità con le regole presenti nel nostro Statuto. Da Roma dicono che “ormai le tessere possono essere inviate direttamente da loro quando si tratta di iscrizioni on-line”. Dicono che “le cose sono cambiate”.
Mi chiedo: quando hanno cambiato le regole? E quando è stato votato il presunto “nuovo” regolamento”? Non mi sembra che né in Assemblea Nazionale e né in Direzione nazionale sia stato fatto alcun passaggio che modifica di fatto lo Statuto e il regolamento del tesseramento. Non si può non rilevare, inoltre, la assoluta anomalia dell’intera vicenda. Dipasquale, oltre ad essere il promotore di un movimento di centro destra “Territorio” (che non ha sciolto) che per storia, valori e visioni è sempre stato contrapposto al Partito Democratico ragusano, è il deputato regionale di “Megafono”. Caso strano e singolare è che tale movimento politico, costituito dal Presidente Crocetta, in molte realtà siciliane si trova in giunta con il centro destra ed è in forte contrapposizione con il PD. Lo stesso movimento che alle scorse amministrative si è presentato, nella maggior parte dei casi, alleato con il centro destra contro il Partito Democratico. Ma essendo il movimento del Presidente Crocetta, che con un piede sta dentro e con l’altro sta fuori dal Pd, il Partito Democratico siciliano non hai mai adottato provvedimenti nonostante le continue lamentele, da parte di molti dirigenti e militanti, rispetto a questa enorme contraddizione in palese violazione delle regole statutarie. Tra l’altro non comprendo per quale motivo i deputati regionali di Megafono non sono stati autorizzati ad entrare nel gruppo parlamentare del Pd all’ARS ma viene consegnata loro (dal nazionale) la tessera del Pd. Altro atteggiamento irregolare e fuori da ogni logica.
Pertanto, il prevalere di questi atteggiamenti che, oltre a snaturare l’identità del Partito Democratico di cui sono stata fondatrice e a cedere anche sul piano della dignità politica e personale, comporta, almeno per me, la libertà di assumere una decisione molto dolorosa ma coerente con i miei valori e la mia idea di “sinistra”: mi dimetto dalla Segreteria Provinciale e dal ruolo di Referente regionale del PSE (Partito Socialista Europeo) e mi autosospendo dal Partito Democratico. Alle scorse amministrative mi sono rifiutata di votare un’alleanza che univa una parte del Pd ragusano con “Territorio”, Pdl e Udc per una questione di “dignità” e di rispetto nei confronti di tutte quelle persone che rappresentiamo. Oggi non mi si può chiedere di restare in silenzio e inerme di fronte a quanto accaduto. Rimango coerente con me stessa a costo di rinunciare ad una delle esperienze più belle della mia vita.
Questo non è il modello di partito a cui ho aderito. La mia idea naturale di Pd è quella del partito di tipo associativo, con una adesione fortemente sentita (la tessera), una struttura organizzativa efficace, il coinvolgimento dei militanti, soprattutto, e un confronto aperto sulle decisioni che determinano il futuro di questo Paese e della nostra isola. Il Pd doveva essere un “partito nuovo, non un nuovo partito”. Un partito che, attraverso il rinnovamento delle idee, dei progetti e anche della classe dirigente (rinnovamento non tanto anagrafico ma del modo di fare politica), sarebbe dovuto essere innovativo e riformista. Quel partito che avrebbe dovuto rappresentare un vero cambiamento morale e civile, oltre che politico. Un partito coinvolgente ma che, invece, oggi riesce solo a deludere talmente tanto da allontanare le persone, soprattutto i giovani come me che vivono un sentimento di profondo smarrimento. Infatti, nel giro di pochi giorni, appresa la notizia dei nuovi “compagni”, tutti coloro che ero riuscita ad avvicinare al gruppo Civati di Ragusa e alla Segreteria Provinciale si sono riallontanati, delusi, come un’alta marea estemporanea e prematura. Sono circa una sessantina (30 solo di Ragusa) i militanti che non rinnoveranno più la tessera del Pd. Questa è una grande sconfitta non solo per me ma per l’intero partito che nei fatti, da quando c’è Renzi, è diventato un partito di conservazione, dove chi la pensa diversamente viene emarginato e dove si spalancano le “porte” a tutti coloro, indistintamente dalla propria storia politica e culturale, che hanno un consenso necessario ad accrescere il potere del Segretario-Premier.
E’ davvero difficile trovare le parole giuste per spiegare la mia profonda delusione e amarezza. In questo partito ci sono cresciuta. Ho sofferto tanto, ho ricevuto delusioni ma per fortuna anche tantissime soddisfazioni. Ho costruito una rete di relazioni personali e politiche non indifferente. Ho creato legami profondi con tanti amici e compagni. E con il progetto di cambiamento, quello vero, lanciato da Pippo Civati alle scorse primarie avevo trovato la mia dimensione ideale, un vero punto di riferimento ed un punto fermo da dove ricominciare a costruire le basi per un nuovo centro sinistra. A lui, rimasto sempre coerente al mandato elettorale e alle sue idee, devo tanto, tantissimo. Continuerò a sostenerlo, continuerò a far parte di questo meraviglioso gruppo che Pippo è riuscito a creare valorizzando le migliori eccellenze e competenze. Resterò sempre a suo fianco, per il contributo che posso dare, anche senza la tessera del Pd.
Come diceva Giorgio La Pira la politica è “un impegno verso gli altri che deve portare con sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di prudenza, ascolto, tolleranza, onestà e giustizia”. Sin da quando ero piccola, ho avuto la percezione che la politica fosse importante per la vita di ognuno di noi. Sono stata sempre convinta del fatto che la partecipazione rendesse libero l’uomo. Libero di esprimersi, di decidere, di confrontarsi e anche di sbagliare. Io all’interno del Partito Democratico mi sono sempre sentita Libera nel partecipare attivamente alla vita politica della mia città e del mio Paese per contribuire a quel cambiamento che attendiamo da tempo. Per questo continuerò a mettere al servizio della collettività il mio impegno.
Con grande dispiacere ma con i bei ricordi nel cuore lascio la Segreteria Provinciale ringraziando il Segretario Giovanni Denaro per la fiducia che ha voluto darmi. Non ho mai chiesto “ruoli” nel Pd, a differenza di tutti quelli che in questi mesi hanno innescato diverse polemiche, ma il Segretario ha voluto valorizzare la mia esperienza. Sono fiera ed orgogliosa di aver votato una persona che con tanta umiltà e con enorme coraggio sta cercando di ricostruire un partito, quello ibleo, che da anni versa in condizioni disastrose a causa di chi invece di pensare all’interesse collettivo pensa al suo posizionamento creando polemiche e rotture dannose per tutti. A lui e a tutti i membri della Segreteria auguro un’intensa e autentica opera di cambiamento necessaria per tutto il territorio ibleo. Sono certa che con le loro competenze e la loro voglia di mettersi in discussione saranno capaci di ridare dignità alla politica, di valorizzare le istanze delle persone che rappresentano. Questi sono gli obiettivi che solo una politica alta, fatta di passione e professionalità può aspirare. Tutto il resto è noia e va lasciato a chi si crede il “nuovo” e “migliore” degli altri ma nei fatti ha dimostrato di essere legato a logiche di potere degne della vecchia Dc.
Ringrazio altresì tutte le persone che in ogni parte d’Italia mi hanno sempre sostenuta, aiutata, valorizzata, apprezzata. A loro devo la mia crescita personale e politica. Ringrazio anche quelli che in tutti questi anni hanno scelto di giudicarmi attraverso la strada del pregiudizio. Questi ultimi sono stati quelli che mi hanno dato ancora più forza per combattere le mie battaglie.
Con grande rammarico e con il cuore in mano.

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