La tessera 2014 del PD l’avevo rinnovata in extremis, a dicembre, iscrivendomi al circolo ferrovieri di Roma.
L’avevo fatto per senso di
responsabilità, essendo componente, insieme ad altre
mille-e-non-so-quante persone, di quell’organismo pletorico e
sostanzialmente inutile che si chiama Assemblea Nazionale.
E l’avevo fatto per tigna. Per
continuare ad esercitare il diritto di dire la mia, per continuare ad
esercitare il diritto di critica pur all’interno di un partito che, al
passare del tempo, stentavo a riconoscere.
In questi giorni ho avuto tra le mani
l’oggetto e ho pensato a quanto mi sentissi fuori luogo in una casa che
ormai non era più la mia. Una casa che ho contribuito a fondare. Ho dato
una mano per le fondazioni, ho tirato su i muri, e già il colore delle
pareti non è che proprio mi piacesse, qualche tempo fa, anche negli anni
precedenti al 2013. Ma poi qualcuno ha messo mobili e tappezzeria che
davvero non mi garbano, e allora prendi le tue (pochissime) robe e vai.
Dovevamo costruire un partito
alternativo al centrodestra, e invece il centrodestra non solo l’abbiamo
preso come alleato di governo, ma ce lo siamo portato in casa. E
abbiamo fatto entrare in casa nostra, con tutti gli onori, un
pregiudicato. Al quale manine e manone provano a restituire agibilità
politica. Alla beneficenza, in politica, non crede nessuno.
Dovevamo costruire un partito che
sapesse parlare alle nuove generazioni, ai precari, agli studenti di
ogni ordine e grado, agli startupper. E ci ritroviamo il jobs-act, che
introduce ulteriori dualismi nel mondo del lavoro e che comprime i
diritti dei lavoratori. Ci ritroviamo al palo sugli investimenti in
ricerca scientifica, i giovani che vogliono aprire un’impresa vedono
aumentare le tasse. Evviva le partite IVA.
Dovevamo costruire un partito attento
all’ambiente, e invece ci ritroviamo a bloccare leggi regionali che
limitano l’uso del suolo e ad autorizzare trivellazioni di petrolio. La
fonte energetica del futuro, a quanto sembra.
Dovevamo costruire il partito dei
diritti, e invece timidamente introduciamo formule astruse con
terminologie anglofone, senza avere il coraggio di fare (e chiamare con
il loro nome) le cose che vanno fatte. M-a-t-r-i-m-o-n-i-o per le
persone dello stesso sesso. E aspettiamo ancora una legge sul fine vita.
Dovevamo essere il partito delle
riforme, e ci ritroviamo con una riforma farlocca delle province, nella
quale l’unica cosa ad esser stata abolita è la possibilità di scelta dei
cittadini. E una riforma altrettanto farlocca del Senato, anch’esso,
nella nuova formulazione, luogo di prescelti dalla politica, e i
cittadini si fottessero. E si fottessero anche per la scelta dei
deputati con l’Italicum o chiamatelo come cavolo volete. Capilista
bloccati e pluricandidature. Giusto per non dimenticare chi li sceglie, i
parlamentari.
Dovevamo essere il partito
dell’uguaglianza, e ci ritroviamo con i ricchi sempre più ricchi e i
poveri sempre più poveri, anche nel nostro Paese.
Dovevamo essere il partito delle regole,
e ci ritroviamo da anni a fare primarie scandalose, a calpestare lo
Statuto, senza che nessuno muova un dito. E chi prima era incudine ora è
martello, e va bene così.
Dovevamo essere il partito della
partecipazione, e non siamo mai riusciti ad utilizzare gli elenchi delle
primarie per coinvolgere chi ci vota trecentosessantacinque giorni
all’anno. Al massimo i file vengono forniti sottobanco al galoppino del
capocorrente che invia sms ed e-mail abusive quando serve.
Dovevamo essere il partito dei circoli, e
i circoli li hanno ammazzati. Anche quelli che funzionano, che non sono
asserviti al ras locale, non sono mai interpellati per sapere cosa
pensa la cosiddetta base dei provvedimenti in discussione. Troppo
pericoloso utilizzare i referendum interni, anche per la nuova
segreteria.
Dovevamo essere il partito del
rinnovamento, e invece nei territori molti dei capibastone hanno
annusato il vento e si sono buttati per tempo con il vincitore. Tutti
Renziani, anche quelli che hanno contribuito a rendere il PD quello che
è. E chi si opponeva a questi personaggi ora ci va a braccetto, tutti
insieme appassionatamente nel nuovo corso, basta sconfiggere i
frenatori, i gufi, i rosiconi. Che pochezza di argomentazioni, ragazzi.
Dovevamo essere il partito del dialogo, e
invece il PD è diventato una caserma, prendere o lasciare, e se non ti
sta bene quella è la porta, tra insulti e pernacchie. Il metodo
Esposito.
Potrei andare avanti parlando di Europa, di trasparenza, di giustizia, di legalità.
Mi sento dire: aspetta che vi (ti)
caccino. No. Ho esaurito le energie, e non voglio essere considerato,
nel mio piccolissimo, corresponsabile delle scelte contronatura che il
PD farà da oggi ai prossimi giorni, ai prossimi mesi.
Non sono Cofferati, sono un semplice
iscritto. Ma credo che il segretario debba temere di più le tante
persone normali che hanno abbandonato, che abbandonano e che
continueranno ad abbandonare il PD, rispetto ai big che lasciano. La
disaffezione al voto aumenta, in termini assoluti i voti al PD
diminuiscono, ma nessuno se ne cura. Alcuni di quelli che vanno via sono
sostituiti con chi, fino poco fa, era nostro avversario, distante anni
luce culturalmente prima che politicamente. Ed è tutto normale, va tutto
bene. È la mutazione antropologica, baby. Conta vincere, costi quel che
costi.
Però mi sento tranquillo. Ho mantenuto
vive le idee che condividevo con molti quando abbiamo fondato il PD. Le
mie idee, le mie aspirazioni, sono rimaste quelle, mentre intorno il PD
si snaturava. Sono rimasto la stessa persona, il PD non è rimasto lo
stesso partito. E anche molti di quelli con cui ho fatto un pezzo di
strada, negli ultimi cinque anni quasi sei, sono cambiati. O forse c’era
un equivoco di fondo sui fini e sui mezzi che, a questo punto, è bene
sciogliere.
Non ho mai creduto nelle proprietà
taumaturgiche di un leader, mi bastano vent’anni di Berlusconi. Ho
sempre pensato invece alla bontà dei progetti collettivi, che partono
dal basso.
E dal basso riparto, certo di non essere solo, in questo mare aperto che è la sinistra italiana.
L’ex sindaco di Forza Italia entra nel Pd. E io mi dimetto
di Valentina Spata
Mi dimetto dalla Segreteria Provinciale del Pd a Ragusa, dal ruolo di Responsabile regionale del PSE (Partito Socialista Europeo) e mi auto-sospendo dal Partito Democratico.
Le motivazioni sono tante, tantissime ma la goccia che ha fatto
traboccare il vaso è l’ingresso nel Partito Democratico ragusano di
“personaggi” del centro destra.
Appresa dai giornali la notizia che l’On. Nello Dipasquale, ex Sindaco di Forza Italia della mia città, entrava nel Partito Democratico,
insieme ad altri del centro destra siciliano, ho iniziato a manifestare
pubblicamente il mio dissenso. Tra l’altro vengo a conoscenza del fatto
che anche il Consigliere Comunale di Ragusa Mario Chiavola, ex Alleanza
Nazionale, ha effettuato l’iscrizione al Pd. Ci tengo a precisare che
non ho nulla contro le “persone” ma sono assolutamente avversa al
mutamento identitario del Pd che negli ultimi mesi è stato accentuato
dal “nuovo” modo di intendere la politica da parte della dirigenza
nazionale.
E se è vero che il campo di battaglia non si abbandona alle prime
difficoltà, altrettanto vero è che le modalità con le quali è stata
condotta questa “fase” ed, in particolare, la scelta di far entrare
“personaggi” di centro destra nel Pd, a parer mio, anziché rappresentare
un “cambiamento” ed il rispetto dell’elettorato, rasentano la negazione
totale della nostra storia e dei valori sulla quale abbiamo fondato
questo partito.
Una scelta, l’ennesima, studiata a dovere nelle stanze del potere.
Non ho condiviso i metodi e il diktat nazionale che costituisce, a mio
avviso, un’arbitraria ed intollerabile intromissione nella vita
democratica del Pd della Provincia di Ragusa e come sempre mortifica
l’autonomia e l’intelligenza dei suoi gruppi dirigenti e di tutti i
militanti. Il fatto che la tessera a Dipasquale sia stata data dal
nazionale è di una gravità inaudita. Chi si iscrive on line, in base al
regolamento, riceve una “pre-iscrizione” ma poi dovrà andare al circolo
della propria città per ritirare la tessera firmata solo esclusivamente
dal Segretario di quel circolo o al massimo dal Segretario provinciale.
Io apprendo invece che la tessera viene mandata direttamente dal
nazionale senza fare alcun passaggio con il territorio e senza valutare
la compatibilità con le regole presenti nel nostro Statuto. Da Roma
dicono che “ormai le tessere possono essere inviate direttamente da loro
quando si tratta di iscrizioni on-line”. Dicono che “le cose sono
cambiate”.
Mi chiedo: quando hanno cambiato le regole? E quando è stato votato
il presunto “nuovo” regolamento”? Non mi sembra che né in Assemblea
Nazionale e né in Direzione nazionale sia stato fatto alcun passaggio
che modifica di fatto lo Statuto e il regolamento del tesseramento. Non
si può non rilevare, inoltre, la assoluta anomalia dell’intera vicenda.
Dipasquale, oltre ad essere il promotore di un movimento di centro
destra “Territorio” (che non ha sciolto) che per storia, valori e
visioni è sempre stato contrapposto al Partito Democratico ragusano, è
il deputato regionale di “Megafono”. Caso strano e singolare è che tale
movimento politico, costituito dal Presidente Crocetta, in molte realtà
siciliane si trova in giunta con il centro destra ed è in forte
contrapposizione con il PD. Lo stesso movimento che alle scorse
amministrative si è presentato, nella maggior parte dei casi, alleato
con il centro destra contro il Partito Democratico. Ma essendo il
movimento del Presidente Crocetta, che con un piede sta dentro e con
l’altro sta fuori dal Pd, il Partito Democratico siciliano non hai mai
adottato provvedimenti nonostante le continue lamentele, da parte di
molti dirigenti e militanti, rispetto a questa enorme contraddizione in
palese violazione delle regole statutarie. Tra l’altro non comprendo per
quale motivo i deputati regionali di Megafono non sono stati
autorizzati ad entrare nel gruppo parlamentare del Pd all’ARS ma viene
consegnata loro (dal nazionale) la tessera del Pd. Altro atteggiamento
irregolare e fuori da ogni logica.
Pertanto, il prevalere di questi atteggiamenti che, oltre a snaturare
l’identità del Partito Democratico di cui sono stata fondatrice e a
cedere anche sul piano della dignità politica e personale, comporta,
almeno per me, la libertà di assumere una decisione molto dolorosa ma
coerente con i miei valori e la mia idea di “sinistra”: mi dimetto dalla
Segreteria Provinciale e dal ruolo di Referente regionale del PSE
(Partito Socialista Europeo) e mi autosospendo dal Partito Democratico.
Alle scorse amministrative mi sono rifiutata di votare un’alleanza che
univa una parte del Pd ragusano con “Territorio”, Pdl e Udc per una
questione di “dignità” e di rispetto nei confronti di tutte quelle
persone che rappresentiamo. Oggi non mi si può chiedere di restare in
silenzio e inerme di fronte a quanto accaduto. Rimango coerente con me
stessa a costo di rinunciare ad una delle esperienze più belle della mia
vita.
Questo non è il modello di partito a cui ho aderito. La mia idea
naturale di Pd è quella del partito di tipo associativo, con una
adesione fortemente sentita (la tessera), una struttura organizzativa
efficace, il coinvolgimento dei militanti, soprattutto, e un confronto
aperto sulle decisioni che determinano il futuro di questo Paese e della
nostra isola. Il Pd doveva essere un “partito nuovo, non un nuovo
partito”. Un partito che, attraverso il rinnovamento delle idee, dei
progetti e anche della classe dirigente (rinnovamento non tanto
anagrafico ma del modo di fare politica), sarebbe dovuto essere
innovativo e riformista. Quel partito che avrebbe dovuto rappresentare
un vero cambiamento morale e civile, oltre che politico. Un partito
coinvolgente ma che, invece, oggi riesce solo a deludere talmente tanto
da allontanare le persone, soprattutto i giovani come me che vivono un
sentimento di profondo smarrimento. Infatti, nel giro di pochi giorni,
appresa la notizia dei nuovi “compagni”, tutti coloro che ero riuscita
ad avvicinare al gruppo Civati di Ragusa e alla Segreteria Provinciale
si sono riallontanati, delusi, come un’alta marea estemporanea e
prematura. Sono circa una sessantina (30 solo di Ragusa) i militanti che
non rinnoveranno più la tessera del Pd. Questa è una grande sconfitta
non solo per me ma per l’intero partito che nei fatti, da quando c’è
Renzi, è diventato un partito di conservazione, dove chi la pensa
diversamente viene emarginato e dove si spalancano le “porte” a tutti
coloro, indistintamente dalla propria storia politica e culturale, che
hanno un consenso necessario ad accrescere il potere del
Segretario-Premier.
E’ davvero difficile trovare le parole giuste per spiegare la mia
profonda delusione e amarezza. In questo partito ci sono cresciuta. Ho
sofferto tanto, ho ricevuto delusioni ma per fortuna anche tantissime
soddisfazioni. Ho costruito una rete di relazioni personali e politiche
non indifferente. Ho creato legami profondi con tanti amici e compagni. E
con il progetto di cambiamento, quello vero, lanciato da Pippo Civati
alle scorse primarie avevo trovato la mia dimensione ideale, un vero
punto di riferimento ed un punto fermo da dove ricominciare a costruire
le basi per un nuovo centro sinistra. A lui, rimasto sempre coerente al
mandato elettorale e alle sue idee, devo tanto, tantissimo. Continuerò a
sostenerlo, continuerò a far parte di questo meraviglioso gruppo che
Pippo è riuscito a creare valorizzando le migliori eccellenze e
competenze. Resterò sempre a suo fianco, per il contributo che posso
dare, anche senza la tessera del Pd.
Come diceva Giorgio La Pira la politica è “un impegno verso gli altri
che deve portare con sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di
prudenza, ascolto, tolleranza, onestà e giustizia”. Sin da quando ero
piccola, ho avuto la percezione che la politica fosse importante per la
vita di ognuno di noi. Sono stata sempre convinta del fatto che la
partecipazione rendesse libero l’uomo. Libero di esprimersi, di
decidere, di confrontarsi e anche di sbagliare. Io all’interno del
Partito Democratico mi sono sempre sentita Libera nel partecipare
attivamente alla vita politica della mia città e del mio Paese per
contribuire a quel cambiamento che attendiamo da tempo. Per questo
continuerò a mettere al servizio della collettività il mio impegno.
Con grande dispiacere ma con i bei ricordi nel cuore lascio la
Segreteria Provinciale ringraziando il Segretario Giovanni Denaro per la
fiducia che ha voluto darmi. Non ho mai chiesto “ruoli” nel Pd, a
differenza di tutti quelli che in questi mesi hanno innescato diverse
polemiche, ma il Segretario ha voluto valorizzare la mia esperienza.
Sono fiera ed orgogliosa di aver votato una persona che con tanta umiltà
e con enorme coraggio sta cercando di ricostruire un partito, quello
ibleo, che da anni versa in condizioni disastrose a causa di chi invece
di pensare all’interesse collettivo pensa al suo posizionamento creando
polemiche e rotture dannose per tutti. A lui e a tutti i membri della
Segreteria auguro un’intensa e autentica opera di cambiamento necessaria
per tutto il territorio ibleo. Sono certa che con le loro competenze e
la loro voglia di mettersi in discussione saranno capaci di ridare
dignità alla politica, di valorizzare le istanze delle persone che
rappresentano. Questi sono gli obiettivi che solo una politica alta,
fatta di passione e professionalità può aspirare. Tutto il resto è noia e
va lasciato a chi si crede il “nuovo” e “migliore” degli altri ma nei
fatti ha dimostrato di essere legato a logiche di potere degne della
vecchia Dc.
Ringrazio altresì tutte le persone che in ogni parte d’Italia mi
hanno sempre sostenuta, aiutata, valorizzata, apprezzata. A loro devo la
mia crescita personale e politica. Ringrazio anche quelli che in tutti
questi anni hanno scelto di giudicarmi attraverso la strada del
pregiudizio. Questi ultimi sono stati quelli che mi hanno dato ancora
più forza per combattere le mie battaglie.
Con grande rammarico e con il cuore in mano.
Con grande rammarico e con il cuore in mano.
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