venerdì 30 gennaio 2015

“La sinistra non rinasce intorno al Quirinale”. Intervista a Stefano Rodotà



RodotàIl giurista Stefano Rodotà.
"La scelta di Mattarella è una buona scelta, si tratta di una persona rigorosa. Renzi è stato abile, ma questo non cambia la natura dei problemi a sinistra”. È netto quanto pacato Stefano Rodotà, in questo commento a caldo sulla partita presidenziale. Ma l’intervista serve soprattutto a fare il punto sulle prospettive della sinistra italiana dopo la vittoria di Alexis Tsipras in Grecia.   Matteo Renzi lancia la candidatura di Sergio Mattarella.    
"Ne do una valutazione molto positiva. L’ho visto all’opera in Parlamento e devo testimoniarne l’estremo rigore."
Come mai Renzi si è mosso in questo modo?    
"Mi sembra abbia cercato di evitare la decomposizione del suo partito. Non può permettersi di sfaldarlo. Mattarella, inoltre, gli consente di intercettare un’area più ampia esterna al Pd."
L’operazione modifica i termini del confronto a sinistra e il modo in cui si riorganizzerà?   
"Il successo di Renzi, se si verificherà, non cambia il segno delle sue politiche. Sulle questioni sociali non ci saranno modifiche rilevanti."    
Perché?    
C’è stato un passaggio non trascurabile negli ultimi mesi: lo scontro tra Renzi e il sindacato. L’atteggiamento del ‘ce ne faremo una ragione’, irridente e sbrigativo, pone la questione dei ‘corpi intermedi’ e quindi della democrazia. L’assenza di opposizione politica è stata surrogata dall’opposizione sociale.    
La sinistra, dopo la vittoria di   Tsipras, cosa deve fare?    
"La centralità è sociale. Senza sottovalutare il rapporto con le istituzioni. È ancora d’attualità il tema dell’‘altra politica’, di cui c’è un gran bisogno. Il successo di Tsipras dice che la pratica sociale è decisiva per costruire una politica di sinistra improntata alla solidarietà, ai diritti, in grado di collegare grandi temi di dibattito con le pratiche più concrete. 
Lei ha definito “zavorre” i partiti e partitini della sinistra.   
"Non mi attraggono gli annusamenti, gli aggiustamenti, i negoziati di piccole forze politiche e penso che serva un cambio di passo radicale. Non si   può costruire una forza politica traghettando quel che   resta del Prc, di Sel, della lista Tsipras. Tutti devono rimettersi in gioco attraverso   le pratiche sociali."    
È questa la proposta della coalizione sociale?    
"Come diceva ieri Maurizio Landini, non so se la parola ‘coalizione’ sia la più adeguata. Ma l’aggettivo è quello giusto. Penso a diverse soggettività che si muovono già su temi definiti. Ad esempio il reddito minimo o di cittadinanza, con la Basic Income Network, i comitati per i beni comuni, il lavoro fatto da molti sindaci sui beni di proprietà comunale. Penso alla giunta Pizzarotti a Parma. E poi occorre recuperare il tema dell’acqua pubblica, dopo il referendum vinto, e le leggi di iniziativa popolare, come quella per abolire l’articolo 81 della Costituzione, la campagna Miseria ladra promossa da Libera, Emergency, il sindacato. Tutti questi soggetti possono stare in ‘rete’ attraverso punti convergenti."  Sel ha proposto un “coordinamento delle sinistre”.   
La proposta di coordinamenti con la ‘doppia tessera’ non mi convince per nulla.    
Cofferati può essere compreso in questo disegno?    
Nel caso di Cofferati io vedo fatti nuovi interessanti che rimettono in discussione equilibri consolidati. Dobbiamo costruire uno spazio, anche organizzativo, in cui chi vuole lasciare le gabbie di appartenenza possa farlo liberamente.    
Tempi e proposte per il futuro?    
"In tempi brevi serve un’iniziativa pubblica comune in cui tutti questi soggetti si mettano insieme. Con iniziative ma anche strumenti organizzativi. Non si può delegare a chi c’è già, serve costruire qualcosa di nuovo."    
È una strada percorribile anche dal M5S?    
"Sì, senza l’assillo di dover per forza fare una proposta anche a loro. Definiamo terreni e pratiche di iniziativa, senza lanciare sfide. Sul reddito minimo, don Luigi Ciotti ha incontrato Beppe Grillo, vediamo cosa succederà. Dovremo creare piattaforme civiche interattive sapendo utilizzare la “rete” in maniera partecipativa e non autoritaria. E superare costruzioni artificiose e create a tavolino. Non hanno mai funzionato."
di Salvatore Cannavò, da Il Fatto Quotidiano del 30/01/2015.

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