L’attacco terroristico a
Charlie Hebdo è destinato a lasciare il segno, non solo in Francia, ma
in tutta Europa. Per la sua ferocia, per il bersaglio scelto, per il
simbolismo che evoca. Ed è indubbio che questo fosse esattamente
l’obiettivo di chi aveva direttamente o indirettamente ispirato
l’attentato, al di là della consapevolezza o meno e dell’appartenenza
organizzativa (Al Qaeda, Isis, cani sciolti, altro?) degli esecutori
materiali dell’infame atto.
Non siamo più nell’epoca delle torri
gemelle e di Bin Laden, siamo in una fase nuova e diversa, ma
l’obiettivo di fondo delle organizzazioni islamiste militanti è sempre
il medesimo: la conquista dell’egemonia politica e religiosa nel mondo
islamico. Al Qaeda, da network terroristico che era, puntava tutto sul
provocare la reazione militare dell’Occidente contro paesi a prevalenza
islamica, mentre oggi organizzazioni come l’Isis, che dispongono invece
di truppe e di aspirazioni territoriali, puntano piuttosto a stimolare e
generalizzare in Occidente politiche e sentimenti antislamici. In ogni
caso si tratta di radicalizzare e militarizzare lo scontro e di ridurre
la politica alla semplice contrapposizione tra due sole opzioni: il
fedele e l’infedele, il jihadista e il crociato, tu o io. Solo così,
infatti, progetti oscurantisti e fascistoidi come quello dell’Isis
possono affermarsi ed espandersi.
Bin Laden trovò quello che cercava nel
guerrafondaio George Bush. Due nemici, certo, ma che avevano bisogno
l’uno dell’altro per legittimare i propri progetti politici e le proprie
posizioni di potere. Oggi organizzazioni come l’Isis, per citare il
progetto integralista più forte, cercano il loro George Bush, il loro
nemico-alleato, tra i movimenti islamofobici e xenofobi e tra le forze
politiche della destra radicale, che peraltro sembrano ben disposti ad
accettare il ruolo. In fondo, come a Bush faceva comodo un Bin Laden, a
chi cavalca movimenti antislamici comePegida in Germania o a leader
politici come Marine Le Pen e Salvini, che costruiscono buona parte del
loro consenso sulla paura dello straniero, non può che fare comodo un
al-Baghdadi.
Esagero? Estremizzo? Non credo proprio,
visto che a sole poche ore dall’attentato contro Charlie Hebdo a destra
era già partito il tam-tam, con Matteo Salvini che twittava contro gli
islamici “nemico in casa” e rilanciava l’hashtag antimmigrati
#StopInvasione, mentre a Milano tutta la destra, dal post-fascista De
Corato alla berlusconiana Mariastella Gelmini, si scagliavano contro il
bando comunale per assegnare delle moschee, perché “concedere aree
pubbliche per nuove moschee vuol dire essere complici”, per dirla con le
edificanti parole del leghista Iezzi.
E la musica non cambierà certamente oggi
o domani, anche a giudicare dagli odierni titoli di prima pagina dei
quotidiani di riferimento della destra: “Macellai Islamici” (il
Giornale) e “Questo è l’Islam” (Libero). Anzi, vi sarà fuoco a volontà
contro la concessione di spazi per moschee, mentre in Regione Lombardia,
dove governa il leghista Roberto Maroni, tra un convegno omofobo e un
altro, è stato approntato un progetto di legge (Pdl n. 195) di modifica
della normativa urbanistica, la cui unica finalità è impedire ai Sindaci
di individuare delle aree dove collocare luoghi di culto islamici.
La guerra che Bush aveva scatenato
in nome della lotta al terrorismo si è risolta in un disastro su tutta
la linea e da ogni punto di vista, contribuendo in maniera decisiva
all’odierna situazione. E rilevanti e dirette sono le responsabilità
degli Stati Uniti, dell’Europa e dei governi mediorientali loro alleati
nella nascita e nell’affermazione delle organizzazioni islamiste
militanti, da Al Qaeda e all’Isis (a proposito, la Turchia, paese Nato,
continua a favorire l’Isis e ad ostacolare la resistenza kurda a
Kobane). In altre parole, se oggi in Italia e in Europa dovessimo cedere
ai richiami degli imprenditori della paura, sposando le parole d’ordine
antistranieri e antislamiche, andremmo incontro a un altro disastro, ma
con la prospettiva di pagare questa volta un prezzo molto più alto.
Insomma, respingere il triste e stupido sciacallaggio delle destre
non è solo un atto di dignità democratica e civile, ma anzitutto un atto
di intelligenza e lungimiranza.
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