È francamente difficile trovare una distanza più grande, al punto da
non essere misurabile, tra il travolgente impatto mediatico dell'evento della Leopolda
e la pochezza delle cose che lì sono state dette. Sempre seguendo la
stampa più che favorevole, quasi tutta, al futuro segretario del Pd,
pare che Matteo Renzi si sia affidato a concetti profondi del tipo: "La
sinistra che non cambia idea si chiama destra", oppure : "Abbiamo
bisogno della rivoluzione della semplicità", per dichiarare infine che
"Il futuro è il posto dove voglio vivere".
Si dirà che la Leopolda non è luogo di elaborazione complicate, che
in fondo quella di Renzi era un'apparizione comiziante. Sarà, ma a parte
il fatto che dagli stessi organizzatori non viene presentata affatto
così, anzi al contrario come un crogiuolo di nuove idee, era lecito
aspettarsi qualche cosa di più.
Nessuno è contro le frasi ad effetto e strappapplausi - ma si
converrà che proprio questo è il modo più tradizionale e vecchio di fare
politica. Però ogni tanto qualche concetto bisognerà pur esprimerlo.
Qualche determinazione concreta e possibilmente articolata la si dovrà
pur esporre se si pretende di diventare segretario di un partito. I
ghostwriters non possono fare tutto.
Quando Renzi affonda nel merito di qualche cosa, sprofonda, come è
accaduto in un'apparizione televisiva, dove si è avventurato in proposte
alternative al cuneo fiscale, subito giustamente smontate dal viceministro Fassina
per la loro inconsistenza tecnico economica. Il quale Fassina, oltre a
ben predicare, farebbe bene, quando dà le dimissioni dal governo per
più che motivate ragioni, a mantenerle, altrimenti è la sua stessa
credibilità ad andarne di mezzo.
Si può anche dire, come si è difeso Renzi, che non è obbligatorio
parlare sempre di operai - e la cosa è stata ripresa in peggio da un
suo sostenitore - ma è più importante creare nuovi posti di lavoro, a
patto che si dica come. Invece se si continua a sostenere che tutto si
deve fare senza scontentare i ricchi e gli imprenditori, i veri eroi che
resistono alla burocrazia statale e al parassitismo sindacale, vuole
dire che si ha semplicemente in mente il modello di un partito catch all
, come dicono i politologi anglosassoni, ossia smanioso di avere il
consenso di tutti, ma con una netta preferenza di chi è più in alto
nella gerarchia sociale.
Per questo Renzi non è per le grandi intese. Ma intanto le sostiene
attivamente. In effetti il suo disegno, proiettato nel futuro nel quale
vorrebbe vivere, è di rappresentare direttamente lui stesso anche le
istanze della destra, disseppellendole dalle rovine del berlusconismo.
Malgrado l'evidente inconsistenza culturale e politica - o forse
proprio per questo il personaggio piace, perché non mette sotto sforzo
il pensiero di nessuno - le schiere dei suoi sostenitori, anche
autorevoli, si infoltiscono sempre più. Al punto da creare qualche
legittimo sospetto nei renziani della prima ora, i quali si sono
domandati: ma che ci fanno alla Leopolda i Franceschini, i la Torre, le
Serracchiani, gli Emiliano ed anche quelli che del Pd non sono, dal
socialista Nencini a Migliore di Sel?
La risposta non è difficile. Stante che Renzi non ha rivali. Stante
che solo Renzi può battere Renzi, ma starà attento a non affossarsi da
solo. Ne consegue che Renzi vincerà e tutti, chi più chi meno, oltre a
inchinarsi preventivamente al vincitore progettano di contrattare una
propria collocazione e un proprio spazio di manovra nel "nuovo" partito.
L'ascesa di Renzi e i movimenti attorno a lui sono del tutto uguali e
speculari, persino cronologicamente, alla discesa di Berlusconi e al
salto dal carro dei suoi sempre più infidi seguaci. Ovvero morto un
Berlusconi se ne fa un altro. Forse solo meno imbarazzante del primo.
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