giovedì 31 ottobre 2013

Omo de panza ne abbiamo abbastanza Di ilsimplicissimus


grillo_ottocentesco-650x879Da  trent’anni il Paese è governato dalla pancia: grandi indigestioni di Italia da bere come aperitivo e poi le penne al sugo di un milione di posti di lavoro con spolverata di contratto con gli italiani, risotto alla D’Alema con formaggio di fossa, filet mignon in panna acida, sformato Alitalia con Ilva di stagione, fritto misto di licenziamenti, lingua di vacca provenzale con insalatina berlinese e infine il dessert della casta. Il tutto magnificato da telecamerieri con la giaccia inamidata e accompagnato da tavernello d’annata. Il risultato è l’avvelenamento dovuto alla scarsa qualità degli ingredienti e l’incapacità degli chef che provoca insopportabili bruciori di stomaco. Però i commensali hanno sopportato stoicamente, incapaci di staccarsi dalla fascinazione del menù e di alzarsi dal tavolo.
Dopo questa scorpacciata ci si aspettava finalmente di farla finita con le ricette da quattro soldi, di uscire dall’atmosfera viziata di questa cambusa di nequizie, di fare due passi per schiarirsi il cervello e invece da una parte arriva l’ animatore Renzi con la sua fintissima simpatia e la totale assenza di contenuti, dall’altra viene Grillo a dirci che è ancora tempo di dar retta alla pancia, di fare del facile populismo e di mettere insieme “finzioni politiche” come quella dell’impeachment di Napolitano. L’uomo si propone sempre di più non come alternativa di un sistema al tramonto, ma come una pastiglia di maalox che serve solo ad alleviare il malessere. Non sarebbe ora di finirla?
Ho sempre avvertito il baratro che c’è tra Grillo – Casaleggio e il M5S che non è più un’accolita marginale di fans del “conformismo contro”, ma rappresenta una vasta ribellione alla deriva oligarchica presa dal sistema politico e dalla sua incapacità di rappresentanza. Per paradosso proprio questo movimento di opinione si è trovato all’interno di un nuovo “sistema monarchico” dove la magica rete è diventata un feticcio grazie al quale è possibile comandare a bacchetta isolando ogni dissenso. Il tutto condito da vaniloqui su sistemi operativi e applicazioni per la partecipazione diretta, ( che peraltro, proprio volendo, esistono da un decennio, un secolo sull’orologio informatico), ma solo di chi vuole è scelto dal padrone e senza controlli esterni. Ribellarsi veramente ai falsi ribelli comincia ad essere un dovere.
Non è un  caso che tutto questo, unito al ponzio pilatismo di ambigua origine visto che alla fine congela milioni di voti e “oggettivamente”, come si diceva un tempo, favorisce la persistenza del sistema politico e dei suoi grandi committenti finanziari, provoca un distacco dell’elettorato che si sente trascinato dentro una marginalità fattuale spaventosa. Certo l’ultima batosta in Trentino  non può essere presa come riferimento assoluto  trattandosi di una realtà molto particolare, ma nemmeno si può dire che sia normale perdere i tre quarti dei voti rispetto alle politiche, tanto più in un movimento formatosi non solo attorno a Grillo, ma anche alle realtà locali: una simile dicotomia è del tutto estranea alle dinamiche elettorali italiane.
Forse sarà anche retorico dire basta alla pancia per ascoltare cuore e cervello. Ma ormai anche queste formule un po’enfatiche sono dense di significato a confronto del nientismo attuale. E del resto a forza di ingerire schifezze dovremmo essere in grado di avvertire il sapore della trippa anche quando il cuoco ci dice che è fagiano.

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