Il neoliberismo medioevale
Abbiamo già parlato qui
del neoliberismo fascista, cioè dei caratteri nazisti e fascisti che
informano questa società. Ma questa stessa società ha anche
caratteristiche medioevali.
L’agire sociale tollerato è quello che
si esprime per corporazioni, associazioni categoriali spoliticizzate, a
tutela di interessi specifici di gruppo. Ne sono un esempio le
associazioni dei consumatori, ma anche quelle che raggruppano le
minoranze sessuali, o i comitati, le organizzazioni che dovrebbero
“salvaguardare” le donne come genere oppresso.
Tutto viene ricondotto ad una generica matrice culturale che dimentica la struttura della società e la divisione in classi.
Ognuno
così finisce per chiedere tutele e visibilità, riconoscibilità e
legalizzazione organizzandosi in un gruppo di interesse. I “centurioni”
che accompagnano i turisti al Colosseo, i venditori ambulanti, le sex
workers, tutti chiedono albi professionali in cui essere inseriti e
riconoscibilità in un gruppo. Vengono così criminalizzate e perseguite
tutte le economie marginali e tutti e tutte coloro che non possono
essere inquadrate in una categoria o che non vogliono legare la propria
vita ad un ambito specifico.
Tanto più questa società pretende
flessibilità e capacità di adattamento sul lavoro, tanto più ha la
pretesa di inquadrare, ghettizzare, definire, rinchiudere in categorie
sempre più specifiche.
L’attacco portato alle classi subalterne
con la precarizzazione delle esistenze e l’abbattimento dello stato
sociale ha poi messo le premesse dell’impossibilità di chi appartiene
alle classi sociali svantaggiate di uscire dalla propria condizione.
Studiare è sempre più oneroso e difficile, i costi dell’università hanno
provocato una forte diminuzione delle iscrizioni ed anche quelle/i che
riescono ad iscriversi e a studiare non sono premiati con quel salto
sociale che era possibile anni fa.
Ormai la platea dei laureati/e
che finiscono a fare mestieri di minima, dal cameriere al fattorino, dal
centralinista all’addetto alle pulizie è sempre più vasta. Pochissimi
riescono a fare un salto sociale e saranno sempre di meno perché sono le
stesse famiglie a non far studiare più i figli/e. A conferma
dell’errore grave di chi negli anni passati si è laureato/a in prima
generazione e ha attribuito alle proprie capacità e alla propria bravura
l’essere passato ad una condizione di vita migliore dei nonni e dei
bisnonni, come se questi non fossero stati adatti allo studio per colpa
loro, dimenticandosi o facendo finta di dimenticarsi che sono state le
lotte di quegli anni ad aprire a questa possibilità. I figli sono sempre
più, come si diceva una volta, legati alla professione del padre.
Ma
l’isolamento delle classi subalterne è fisicamente visibile anche nella
struttura e nell’organizzazione della città. Le strisce blu dei
parcheggi a pagamento che permettono la sosta solo a chi appartiene al
quartiere, la chiusura di intere parti di città alla gente comune che
ogni mattina arriva nei centri storici solo per lavoro, ricorda la gente
del feudo che viene al castello solo per servire. Ma almeno, durante il
medioevo, il castello era anche rifugio in caso di pericolo e tra il
signore e i servi c’era un accordo di servizio ma anche, in teoria, di
tutela. Qui, nessuno/a si illuda, non c’è nessuna tutela. Le porte del
castello verranno chiuse. E i servi resteranno fuori. Ma non si illudano
anche i “signori”, nessuno sarà al riparo dalla guerra e dalla
devastazione che stanno preparando. Ora il ponte levatoio è stato
sostituito da una miriade di telecamere e di sistemi di controllo che
permettono o meno l’accesso, che scelgono chi ha diritto di entrare e
chi no e che cosa può portare indosso o non può portare. Pagando delle
gabelle si può anche ovviare parzialmente alla difficoltà di accesso e
comunque si deve chiedere il permesso sempre che venga concesso. Vi
ricordate Benigni e Troisi in un famoso film? “chi siete, da dove
venite? Dove andate? Un fiorino! ”
E, proprio a proposito di
fiorini, c’è la spinta ad abolire il contante, incentivata in ogni modo,
con la propaganda alle carte di credito e ai bancomat, con l’obbligo di
avere il conto corrente per il versamento dello stipendio o della
pensione che non si può più prendere in contanti, con gli acquisti on
line fortemente scontati, con la riduzione delle banche a sale di slot
machine insieme alla riduzione drastica del personale e del contatto con
il pubblico, con la persecuzione ed il controllo di tutto quello che
avviene in denaro reale e non virtuale. Chi non ha un minimo di
possibilità economiche ed è escluso dal circuito dei “cittadini
legittimi” già ha cominciato a ricorrere al baratto per il vestiario,
per il cibo, in mercatini improvvisati soggetti alla persecuzione delle
forze di polizia e dei vigili urbani. Chiaramente la scusa è sempre la
stessa: problemi igienici, degrado ambientale, riciclaggio di oggetti
rubati.
E, soprattutto, ricordatevi di buttarvi celermente da
parte quando passa un corteo di auto istituzionali e affini, blindate e
oscurate con i poliziotti o la stradale di scorta e a sirene spiegate,
c’è sempre il rischio di una scudisciata di medioevale memoria.
La nuova aristocrazia
Si
va formando un’iperborghesia transnazionale che ha la pretesa di porsi
come nuova aristocrazia, un’élite che coniuga alle posizioni di potenza
alcuni segni di coesione culturale. La posizione di potenza deriva dai
posti che costoro occupano all’interno dei gruppi finanziari, di
consulenza o nelle industrie giuridiche, in altri termini, nelle sale di
comando dei flussi monetari e delle decisioni d’autorità.
L’iperborghesia
mondiale è spartizione di posti chiave e, in questi, non si giustappone
alle borghesie nazionali o regionali, le sostituisce. E la borghesia
tradizionale, così come noi la conosciamo, sarà ricondotta al ruolo di
servizio che aveva ai tempi della nobiltà.
Tre esempi per definire le caratteristiche dell’élite emergente:
La
capacità di concentrarsi, in modo concertato, su operazioni finanziarie
a livello mondiale per trarne grande profitto indifferente alla rovina
di centinaia di milioni di individui;
La capacità di intervenire
anche militarmente in altri paesi per impossessarsi delle enormi
ricchezze e riserve finanziarie utilizzando anche la polizia-Nato;
La
capacità di far funzionare il teatro mediatico ottenendo il consenso
delle masse, per cui un presentatore televisivo conta molto di più di un
“esperto” che egli fa apparire o scomparire dal teleschermo ogni volta
che serve.
L’iperborghesia occupa le funzioni di chi l’ha
preceduta, ma su scala mondiale. Per questo la vecchia borghesia non
riavrà il suo ruolo. Assistiamo alla riduzione delle remunerazioni e
delle responsabilità delle categorie borghesi tradizionali che vedono il
loro ruolo mortificato e derubricato. Nei posti chiave avviene man mano
la sostituzione della vecchia borghesia con le nuove figure
neoliberiste.
L’iperborghesia “nidifica” presso le borghesie
nazionali che vengono trattate come reti coloniali, in una realtà che la
vede sempre più distaccata non solo dalla popolazione, ma, anche, dalle
sorti dei ceti medi. Si “riconosce” già nel modo di porsi, nell’
”abito-divisa” maschile e femminile, nel tipo di carriera universitaria,
nel moralismo vittoriano di ultima generazione, funzionale solamente
alla soggezione ed al ricatto degli oppressi. Non ha patria, non ha dio,
non ha bandiere, non è razzista, ma tutto questo non la assolve, anzi,
chiarisce, ancora di più, l’oscenità dell’utilizzo strumentale che fa di
queste categorie. La nascita di questa élite comporta, anche, un vero e
proprio impoverimento culturale ed è, addirittura, anticulturale. E’
naturale che sia così perché il valore supremo è l’azione attraverso la
quale si è capaci di trasformare tutto in merce e in ricchezza. La vita è
sostanziata dal denaro e dal suo accumulo. E, questo, al di là degli
schermi lessicali, in ultimo, non è altro che la capacità di provocare
l’altrui rovina e la miseria dei/delle più. L’iperborghesia, quindi,
porta un attacco senza quartiere, vera e propria ridefinizione della
classe, alle borghesie nazionali e allo Stato Nazione attraverso la
demonizzazione delle istituzioni parlamentari, delle funzioni della così
detta “democrazia”, attraverso l’annullamento delle forme di
mediazione, partiti, sindacati, e con lo svilimento del termine stesso
di politica.
La tendenza è la trasformazione degli Stati in
protettorati e colonie a seconda del ruolo e del livello, guidati da
funzionari che sono nient’altro che vassalli. I partiti
socialdemocratici, da noi il PD, si sono assunti questa funzione di
vassallaggio.
Il
rapporto di vassallaggio è fortemente
gerarchizzato e basato sul servizio. Al vertice della piramide ci sono
gli USA che si pongono come riferimento statuale transnazionale. In
cambio i vassalli hanno privilegi personali o di gruppo. La popolazione è
costituita da servi e non ha nessuna voce in capitolo. L’annullamento
dello stato sociale cammina, paradossalmente, pari passo al disfacimento
delle borghesie nazionali.
Sempre a proposito della formazione
delle élites internazionali, non si può non parlare delle Ong. Queste
sono il banco di costruzione del percorso formativo delle élites
sovranazionali che, attraverso queste esperienze, innescano ulteriori
carriere nelle istituzioni statali, nelle grandi agenzie di consulenza e
nelle stesse multinazionali. L’esperienza acquisita nelle Ong,
associata alla visibilità mediatica, alla pratica del “lobbying”, torna
utile nella riconversione come “imprenditoria morale”. Uscire dall’Ecole
Nationale d’Administration (ENA), dalla Bocconi, da Harvard è un buon
viatico per diventare ministro a Parigi e a Roma. Un gruppo di
privilegiati/e per nascita e censo, può, contemporaneamente, far valere
la propria notorietà nazionale per esprimersi sulla scena internazionale
e investire nell’internazionale per rafforzare le proprie posizioni nel
campo del potere nazionale. A questo punto, le grandi istituzioni
“filantropiche” private, come le fondazioni Ford, Rockefeller, Soros
sono un passaggio obbligato ed un crocevia per la formazione della
classe dirigente, il cui personale passa, indifferentemente, dal FMI,
dalle istituzioni sovranazionali ad una carica di ministro di un governo
locale. Tutto nobilitato dal fatto che le fondazioni e le Ong si
presentano a tutela dei diritti della persona e dell’ambiente, saltando a
piè pari che i loro valori neoliberisti sono quelli che permettono e
promuovono la violazione dei diritti della persona e la distruzione
dell’ambiente. E, come ricorda Pierre Bourdieu (Raisons Pratiques
- Seuil 1994), a proposito dell’imperialismo ammantato dalla bandiera
dei diritti umani e della democrazia,”il richiamo all’universale è
l’arma per eccellenza”.
Venendo meno il riferimento statuale e la
dimensione politica dell’agire sociale, è estremamente difficoltosa per
gli oppressi/e l’individuazione del nemico che è possibile identificare
solo nella struttura che mette in atto il mero controllo sociale,
repressivo e poliziesco. Questo è l’unico compito, infatti, che viene
demandato a chi ha preso in carico il vassallaggio. Le decisioni vengono
prese altrove e il contatto tra chi prende le decisioni e chi le
subisce è inesistente. Il potere sembra qualcosa di inafferrabile.
Le
proteste sociali perciò potrebbero prendere sempre di più l’aspetto e
le caratteristiche delle rivolte, dei riots, delle jacqueries.
E’
necessario, perciò, smascherare il ruolo del PD che si pone come potere
locale del governo dell’iperborghesia e ha quasi compiuto il programma
di naturalizzazione del neoliberismo nel nostro paese, recuperare il
concetto di lotta di classe e ripensare radicalmente le forme e le
modalità delle lotte da mettere in campo.
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