Se
su questo blog scrivessi che bisognerebbe linciare Padoan, tutto il
governo e i suoi occulti suggeritori dell’oligarchia europea di cui
sono i burattini, potrei giustamente essere condannato per istigazione
all’odio e alla rivolta, ma se questi signori, ahimè indenni dalle
bastonate che meriterebbero, fanno la stressa cosa, anzi assai peggio,
suggeriscono in qualche modo la strage di massa, allora tutto va bene,
sono nel loro buon diritto di boia sociali. E’ nel suo buon diritto
Padoan a dire che “Gli Italiani muoiono troppo tardi e ciò incide negativamente sui conti dell’Inps” il
che in parole povere significa due cose: o che le pensioni vanno
abolite o che bisogna far morire prima gli italiani, magari negando loro
le cure sanitarie.
In realtà sono anni che il tema viene agitato in maniere ambigue e
demenziali dal Fondo monetario internazionale e precisamente da quando
Strauss Kahn è stato fatto fuori nel modo che sappiamo perché in effetti
proprio il sistema pensionistico è uno degli ostacoli che si oppongono
alla precarizzazione e schiavizzazione finale. Inutile fare discorsi
troppo ampi e restiamo in Italia per vedere cosa significa in realtà il
discorso di Padoan, partendo però da alcuni dati di fatto che da
trent’anni vengono volontariamente occultati dall’informazione e dai
governi, ma che sono necessari per la comprensione. Il primo dato ci
dice l’Inps non perde per nulla: fin dal 1998 il saldo netto fra le
entrate dei contributi e le uscite delle prestazioni è sempre stato
attivo tanto che l’ultimo dato certo e non frutto di stime risale al
2011 e parla di 24 miliardi attivo, mentre i conti
vengono fatti colare a picco dai compiti assistenziali attribuiti
all’istituto, ma del tutto estranei alla sua natura: pensioni sociali,
di invalidità e quant’altro che in tutti gli altri Paesi sono in carico a
enti specifici. Anche così tuttavia la spesa pensionistica italiana non
è affatto tra le più alte d’Europa, perché questa è un’altra delle
balle colossali che ci vengono raccontate visto che è solo grazie a una
vera e propria truffa contabile che essa arriva intorno 18,8 % del Pil
contro il 16,5 della Francia e il 13,5 della Germania o il 15,1 della
media Ue. Il trucco sta nel fatto che nel calcolo figura anche la
liquidazione che non è affatto una prestazione pensionistica, ma un
prestito forzoso dei lavoratori e questo incide per l’ 1,7% sul
pil. C’è poi il fatto che la spesa pensionistica italiana viene
considerata al lordo delle ritenute fiscali che in altri Paesi come la
Germania nemmeno esistono o sono molto basse, mentre da noi le aliquote
fiscali sono le stesse di quelle applicate ai redditi da lavoro. Questo
“aggiunge” un altro 2,5% sul pil. Allora vediamo un po’: 18,8 meno 4,2 (ossia la somma delle due sovrastime principali) fa 14,6 ovvero un incidenza della spesa pensionistica inferiore alla media europea.
Mi scuso per tutte queste cifre, ma senza fare giustizia delle
cazzate che ci vengono raccontate è difficile arrivare al nocciolo della
questione e al significato delle parole di Padoan: le narrazioni
truffaldine sono servite ad accresce i profitti delle aziende (con il
massiccio calo dei contributi che subito è finito in finanza e non in
produzione o in assunzioni) accreditando la necessità delle riforme
pensionistiche, il passaggio al metodo contributivo e l’aumento dell’età
pensionabile. Ma tutto questo non è servito affatto a causa di due
fattori che i credenti del neoliberismo non avevano preso in
considerazione: la sempre maggiore disoccupazione, la caduta dei salari e
lo stato di precarietà in cui è stato ridotto il lavoro rendono arduo
il raggiungimento di trattamenti pensionistici anche solo al livello di
sopravvivenza. Non lo dico io, ma lo stesso Boeri: “è forte il
rischio che i lavoratori più esposti al rischio di una carriera
instabile, a una bassa remunerazione in lavori precari non riescano a
maturare i requisiti minimi per la pensione contributiva anche dopo anni di contributi elevati. Più semplicemente i trentenni potrebbero essere costretti ad andare in pensione a 75 anni per
ricevere, se matureranno i requisiti, una pensione inferiore del 25 per
cento rispetto a quanto ricevono i pensionati di oggi.”
Dunque le future pensioni dovranno necessariamente essere supportate
da forme di assistenza che finiranno per costare molto più delle
pensioni di oggi con buona pace dei cretini che si bevono la storiella
dell’equità generazionale, tanto più che è impossibile pensare sul serio
che le persone, al di fuori dei mestieri intellettuali, lavorino fino a
età così tarde. Per di più il raffreddamento dell’economia ormai
endemico e a malapena nascosto da statiche mezzane, lo stessa sistema di
continua rapina salariale ha per sua conseguenza un raffreddamento
dell’inflazione e questo è un altro colpo al sistema pensionistico che
era in attivo, in tempi di crescita reale e di battaglie sociali anche
perché ognuno di noi consegnava mese dopo mesi agli istituti
pensionistici cifre di un certo valore monetario per ricevere pensioni
che poi scontavano trenta o quarant’anni di inflazione e dunque erano
molto meno onerose per essi.
Ecco perché il sistema rischia di non reggere più: grazie proprio
alle riforme che sono state attuate e alle illusioni o più spesso
malintenzioni che sono state imposte con pervicacia e cinismo. Dunque
cosa si può fare se non invocare una diminuzione drastica dell’età media
(che in realtà sta già cominciando a calare)? E come si può ottenerla
se non “assassinando” quelli che sono usciti dal lavoro attraverso una
negazione delle cure, attuato con l’ipocrisia di cui certi killer di
socialità sono maetri visto che il colpo alla nuca sarebbe eccessivo per
l’immagine e una guerra mondiale vaporizzerebbe in un istante Padoan e
tutto l’inqualificabile governo di cui fa parte?
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