La “manina”
che strozza l’accordo Lega-M5S
di Alessandro Avvisato
Però che il bubbone sarebbe esploso così
presto, effettivamente, era un po’ difficile da prevedere, anche per il più
speranzoso dei “gufi”.
Ieri sera il vicepremier e ministro Luigi
Di Maio ha utilizzato il megafono tardo-democristiano di Bruno Vespa per
buttare lì una bomba politica di prima grandezza: «Non è possibile che vada al
Quirinale un testo manipolato» che riguarda la pace fiscale. «Domani sarà
depositata una denuncia alla procura della Repubblica».
Stiamo parlando della più importante legge
dello Stato – quella di “stabilità”, che regola entrate e uscite per il
prossimo anno – su cui già ora la Commissione Europea ha anticipato il veto,
aprendo quindi un contenzioso dalle incerte conseguenze (è la prima volta che
accade, nella Ue). Una legge che, garantisce il Quirinale, non è neppure ancora
arrivata sul tavolo del presidente della Repubblica, come se in due giorni il
“camminatore” non fosse riuscito a coprire i 500 metri che separano Palazzo
Chigi dal Colle. Una legge che – una volta approvata dal Consiglio dei ministri
– nessuno può azzardarsi a modificare senza aprire un confronto politico nel
governo.
I problemi sono parecchi, ma di due tipi,
fondamentalmente.
Il merito della “manipolazione”. Su questo
Di Maio è stato chiaro. «Nel testo che è arrivato al Quirinale c’è lo
scudo fiscale per i capitali all’estero. E c’è la non punibilità per chi evade.
Noi non scudiamo capitali di corrotti e di mafiosi. E non era questo il testo
uscito dal Cdm. Io questo testo non lo firmo e non andrà al Parlamento. Questo
è un condono fiscale come quello che faceva Renzi, io questo non lo faccio
votare. Non abbiamo mai chiesto né parlato di scudare capitali
all’estero e tanto meno di prevedere l’impunità per gli evasori. Non abbiamo
mai discusso di questi temi e soprattutto mai pensato a dare l’impunità per il
reato di riciclaggio».
Si tratta di temi contro cui i Cinque
Stelle hanno costruito gran parte della loro fortuna politica, quindi
impossibili da avallare senza perdere automaticamente l’aura di “onestà” che li
ha portati a diventare il primo partito nel paese.
La “manina” che avrebbe apportato le
modifiche è certamente competente, sia in in materia economico-legale, sia in
equilibri politici.
Secondo la denuncia (solo politica, per
ora) di Di Maio la possibilità di “pace fiscale” (pagando il 20% del dovuto,
senza sanzioni e interessi) sarebbe stata in modo fraudolento estesa a due
imposte che riguardano proprietà e attività fiscali extra-confine (Ivie e
Ivafe), che riguardano gli immobili all’estero e l’imposta sul valore delle
attività finanziarie detenute all’estero. Insomma, una specie di “scudo
fiscale” per i capitali oltre confine.
Proprio come quello varato a suo tempo –
con dettagli leggermente diversi – da Berlusconi-Tremonti, Renzi-Padoan, ecc.
Come “governo del cambiamento” non c’è male…
In questi ultimi anni, quelli renziani, si
chiamava voluntary disclosure, anzi è ora persino più benevola (la
vecchia voluntary prevedeva il pagamento di tutto il dovuto,
mentre ora gli evasori pagherebbero solo il 20%; bello sconto, vero?).
Ma c’è ovviamente di peggio, visto che la
stessa “manina avrebbe” autorizzato anche uno scudo penale per chi
presenterà la dichiarazione integrativa. Se, come c’è scritto nel testo
“taroccato”, non c’è punibilità per “dichiarazione infedele, omesso versamento
di ritenute e omesso versamento di Iva”, questa “facilitazione” varrebbe
automaticamente anche in caso di riciclaggio o impiego di proventi illeciti. Un
po’ troppo sfacciati, dài…
Altri argomenti spinosi già non mancavano,
visto che la formula usata per delimitare la sanatoria di fatto esclude gli
“evasori per necessità” (di cui si riempiono la bocca tutti i leghisti ospitati
nei talk show), mentre ci rientrerebbero gli evasori totali, quelli che
non vogliono pagare nemmeno davanti a una pistola puntata. Lo sconto sulle
imposte si applica infatti sul “maggior reddito dichiarato” (nascosto al
fisco), ma non a chi ha dichiarato tutto e poi non ha versato le imposte perché
non aveva i soldi.
Il secondo ordine di problemi è tutto
politico, invece.
Se c’è stata davvero una “manina”
competente che ha provato a far passare condoni non concordati tra i “tre
governi in uno”, si tratta di scoprire a chi appartiene. Non è una indagine
complessa, perché può essere stato solo un ministro o un vice, o il
sottosegretario alla presidenza del consiglio (il leghista Giorgetti).
Se invece era già tutto scritto così come
si legge oggi, allora i ministri grillini – e tutto il loro staff, Giuseppe
Conte compreso – semplicemente non avevano capito che cosa stavano elaborando
di concerto con la Lega e Tria.
In entrambi i casi, però, questo governo
sta insieme con lo sputo. Perché nel primo caso i leghisti sarebbero i nuovi
berlusconiani, interessati soprattutto a fare gli interessi delle imprese,
qualsiasi cosa facciano (evasione fiscale compresa); disposti a tutto, anche a
taroccare la prima legge dello Stato infilandoci nottetempo frasi
opportunamente scelte. Nel secondo, perché i grillini sarebbero degli incompetenti
totali che poi buttano per aria il tavolo quando si accorgono di essere stati
presi per il naso.
Sia chiaro. Queste cose accadono nella
normale dialettica politica di qualsiasi governo in qualsiasi paese, ma hanno
altrove un esito obbligato: lo scioglimento dell’alleanza di governo e la
formazione di uno nuovo, oppure elezioni anticipate. L’unica alternativa in
mano al ministro o partito che si ritiene truffato è infatti una sola: tacere e
dunque cercare di rifarsi in un’altra occasione (a parti invertite), oppure
denunciare davvero tutto e far saltare l’alleanza.
L’unica cosa che non si può fare è proprio
quella provata fin qui da Di Maio: denunciare e continuare ad andare avanti
come prima.
Ci sembra perciò altamente utile il
sarcasmo del commento di Giorgio Cremaschi alla vicenda.
E ADESSO POVER'UOMO? di Giorgio Cremaschi
Questa davvero è un cambiamento, robe così
non risultano agli archivi. Di Maio annuncia che denuncerà alla Procura della
Repubblica la manipolazione del suo decreto fiscale del suo governo. Egli
stesso ammette che quel testo contiene uno scandaloso condono, e anche una
salvaguardia sul piano penale, per chi ha riciclato all’estero capitali
sporchi. Mafie, corruttori e corrotti vari ringraziano.
Di Maio annuncia solennemente in TV che
tutto questo è avvenuto a sua insaputa e che per questo andrà dal giudice. Ma
chi denuncerà il vice presidente del consiglio? Salvini che conferma
integralmente il provvedimento? Conte che come al solito non sa nulla? Tria che
complotta nel buio? Castelli che non ha controllato i testi? O sé stesso per
manifesta incapacità? Non lo sa Di Maio cosa approva? Non ha dei collaboratori
che leggano i testi per lui? Non lo sa, il pover’uomo, che condono chiama
condono? Che questa sanatoria sempre più vergognosa non riguarda solo
l’evasione fiscale, ma anche quella dell’IVA e dei contributi previdenziali?
E siccome il testo non è ancora pubblico,
finora neppure è arrivato al Quirinale, chissà quante altre porcherie contiene,
come il decreto Genova nel quale una manina a cinquestelle – così dichiara
Salvini – ha inserito la sanatoria per le case abusive di Ischia.
Che scambio di gelide manine tra Di Maio e
Salvini: io metto una cosa a te, tu metti una cosa a me.
Ora però Di Maio annuncia, il che vuol
dire che non è proprio detto che lo faccia, una denuncia in Procura.
Pover’uomo o ci fa o ci è, se fosse un
concorrente de La Corrida a questo punto sarebbe travolto dai campanacci, ma
come vicecapo del governo gode ancora del residuo credito che gli deriva dal
discredito dei suoi predecessori. Di Maio deve tutto a Renzi, che come lui
aveva inizialmente maturato un grande consenso, ma questa eredità si sta
consumando rapidamente.
A sua insaputa.
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