Come il Pd, in difficoltà nel definire chi è, qual è la linea politica, dove vuole arrivare. O come il Pdl, diviso fra falchi e colombe, l'ombra del leader che incombe in tutte le discussione, in ogni tipo di decisione. Una prima fase del processo di 'normalizzazione' del Movimento 5 stelle sembra essere compiuta.
La 'novità' che i parlamentari grillini erano stati tra i corridoi del Palazzo all'alba della legislatura, oggi fa capolino nello streaming della discussione che lo ha messo a nudo, dalle modalità creative ("Dividiamoci in gruppi, ecco cartelloni e pennarelli") di gestione del dibattito interno, e poco più. Dopo essere riusciti ieri a limitare la discussione nell'argine di una condivisione di problemi e di nodi da sciogliere, oggi sono emerse plasticamente le divergenze tra i senatori, non tanto nella gestione dell'attività quotidiana in Parlamento, ma su cosa sia e come funzioni il Movimento stesso.
L'abusata distinzione tra 'ortodossi' e 'dissidenti', tra 'linea dura' e 'strategia della trattativa' è riemersa, rivelando che le linee di frattura hanno radici più profonde di una banele discussione sulle alleanze, sul via libera o meno ad un Letta-bis. "Qual è la nostra linea, chi la decide, siamo portavoce del nostro meetup o di tutti i cittadini italiani", sono state le domande ricorrenti al terzo piano di Palazzo Madama. Quesiti spesso senza risposta, ancora più spesso divisivi e polarizzanti perché mostrano che l'esercito di Grillo è in difficoltà a combattere la propria guerra perché i suoi soldati indossano divise di diverso colore sul campo di battaglia.
È plasticamente emersa non una divisione, una spaccatura, all'interno della creatura di Beppe Grillo. Ma due modi radicali di concepirne il senso e l'essenza. Due veri e propri Movimenti.
Il Fight Club a 5 stelle
di Federico Mello,
I nodi vengono sempre al pettine. Doverli affrontare, prenderne atto, può fare essere difficile, può fare anche male. Ma non è mai utile girarsi dall'altra parte.
I senatori a 5 Stelle, con la buona fede e l'ingenuità che li contraddistingue, ieri hanno messo in piazza, tramite apposita cartellonistica in streaming, i loro problemi. Hanno idee diverse sul Porcellum, sullo ius soli, sulla strategia politica e sui valori di riferimento. Ma su un punto sono uniti in molti: è eccessivo lo strapotere di Grillo (e del suo staff) sul Movimento e non è più tollerabile la mancanza di uno strumento di confronto digitale sempre annunciato e mai varato.
Il problema, insomma, è sempre quello. Anzi, meglio, i problemi sono sempre quelli: Grillo e Casaleggio. Che si sono guadagnati un posto in prima fila nella politica nazionale (e internazionale) dicendo di voler "ridare il potere ai cittadini" e ora, sempre più confinati nel loro fortino, non accettano critiche e non si confrontano con nessuno.
Questo il nodo intricato che, alla fine, viene al pettine. E non poteva essere altrimenti. Perché Grillo, Casaleggio e il Movimento 5Stelle tutto in questi anni si sono dovuti confrontare con i due problemi principali che attanagliano i movimenti populistici. Sono problemi strutturali, per certo versi irrisolvibili.
In primo luogo c'è una questione di metodo: il populismo è personalistico, verticale. O non è. I 5 Stelle si lamentano adesso per "l'aggressività verbale e scritta" di Beppe. Eppure questa "aggressività" è l'anima stessa della proposta grillina. In un periodo di crisi e smarrimento, Beppe ha stravinto offrendo la stessa soluzione per tutto: la semplicità.
Tutto è semplice nel mondo grillino: la "casta" è causa di tutti i mali, tutti i politici sono uguali, non c'è differenza tra destra e sinistra, tutti rubano, tutti sono corrotti; per risolvere ogni problema è sufficiente un poco di buona volontà.
È un messaggio di sicura efficacia, certo, ma che per sua natura può prevedere unicamente un uomo solo al comando. Conciliare idee diverse, mediare, trovare convergenze, obbliga a fare qualcosa che non ha nulla di semplice: complicare, dare spazio, cedere potere, rispettare gli interlocutori, le idee diverse; la democrazia, così malandata e inefficiente, funziona così: solo un leader autoritario può permettersi di andare avanti per la sua strada senza cercare una sintesi tra opinioni differenti.
Con il tempo, inoltre, in tutti i sistemi populistici si assiste ad un'altra deriva. L'ha spiegato perfettamente in un'intervista a Repubblica Chuck Palahniuk, l'autore di Fight Club, il romanzo da cui è stato tratto il noto film di David Fincher. Parlando del suo romanzo e della metafora del Progetto Mayhem (che nell'intenzione del protagonista intende a creare "individui forti e coraggiosi") lo scrittore spiega: "Quando un'organizzazione dimentica che il suo scopo primario è quello di dare il potere alla gente e non assumerne sempre di più, allora questa nuova organizzazione diventa corrotta".
É una frase che spiega perfettamente come funzionano i sistemi populistici e quindi autoritari: la spinta iniziale al cambiamento si trasforma presto in una lotta senza quartiere per la conservazione del potere; non interessano più i fini, ma i mezzi. Nella storia di esempi simili ne abbiamo a bizzeffe e quello di Grillo ne è soltanto l'ultima incarnazione (se difende il Porcellum, espelle i dissidenti, attacca Rodotà, non lo fa perché "è giusto", ma perché gli conviene per mantenere il potere).
Palahniuk spiega anche che fine tendono a fare queste "organizzazioni": "Quando le sottoculture violente ed emarginate conquistano il potere - dice - diventano sempre le istituzioni del futuro. E il popolo deve sempre opporsi a loro per ritrovare la propria umanità". È così, e anche questo nella storia è sempre successo. Il problema, più che altro, sono danni e macerie lasciate per strada prima che il popolo "ritrovi la sua umanità".
Per vent'anni Berlusconi ha fatto incetta di voti con il suo populismo. Ora sta lasciando solo macerie. Grillo ha potuto fare meno danni: ingenuità, buona fede e contraddizioni non gliel'hanno permesso. Ma i nodi arrivano al pettine anche per lui: il Movimento 5Stelle o è una cosa solo sua, tutta urla e turpiloquio, o non è.
I senatori a 5 Stelle, con la buona fede e l'ingenuità che li contraddistingue, ieri hanno messo in piazza, tramite apposita cartellonistica in streaming, i loro problemi. Hanno idee diverse sul Porcellum, sullo ius soli, sulla strategia politica e sui valori di riferimento. Ma su un punto sono uniti in molti: è eccessivo lo strapotere di Grillo (e del suo staff) sul Movimento e non è più tollerabile la mancanza di uno strumento di confronto digitale sempre annunciato e mai varato.
Il problema, insomma, è sempre quello. Anzi, meglio, i problemi sono sempre quelli: Grillo e Casaleggio. Che si sono guadagnati un posto in prima fila nella politica nazionale (e internazionale) dicendo di voler "ridare il potere ai cittadini" e ora, sempre più confinati nel loro fortino, non accettano critiche e non si confrontano con nessuno.
Questo il nodo intricato che, alla fine, viene al pettine. E non poteva essere altrimenti. Perché Grillo, Casaleggio e il Movimento 5Stelle tutto in questi anni si sono dovuti confrontare con i due problemi principali che attanagliano i movimenti populistici. Sono problemi strutturali, per certo versi irrisolvibili.
In primo luogo c'è una questione di metodo: il populismo è personalistico, verticale. O non è. I 5 Stelle si lamentano adesso per "l'aggressività verbale e scritta" di Beppe. Eppure questa "aggressività" è l'anima stessa della proposta grillina. In un periodo di crisi e smarrimento, Beppe ha stravinto offrendo la stessa soluzione per tutto: la semplicità.
Tutto è semplice nel mondo grillino: la "casta" è causa di tutti i mali, tutti i politici sono uguali, non c'è differenza tra destra e sinistra, tutti rubano, tutti sono corrotti; per risolvere ogni problema è sufficiente un poco di buona volontà.
È un messaggio di sicura efficacia, certo, ma che per sua natura può prevedere unicamente un uomo solo al comando. Conciliare idee diverse, mediare, trovare convergenze, obbliga a fare qualcosa che non ha nulla di semplice: complicare, dare spazio, cedere potere, rispettare gli interlocutori, le idee diverse; la democrazia, così malandata e inefficiente, funziona così: solo un leader autoritario può permettersi di andare avanti per la sua strada senza cercare una sintesi tra opinioni differenti.
Con il tempo, inoltre, in tutti i sistemi populistici si assiste ad un'altra deriva. L'ha spiegato perfettamente in un'intervista a Repubblica Chuck Palahniuk, l'autore di Fight Club, il romanzo da cui è stato tratto il noto film di David Fincher. Parlando del suo romanzo e della metafora del Progetto Mayhem (che nell'intenzione del protagonista intende a creare "individui forti e coraggiosi") lo scrittore spiega: "Quando un'organizzazione dimentica che il suo scopo primario è quello di dare il potere alla gente e non assumerne sempre di più, allora questa nuova organizzazione diventa corrotta".
É una frase che spiega perfettamente come funzionano i sistemi populistici e quindi autoritari: la spinta iniziale al cambiamento si trasforma presto in una lotta senza quartiere per la conservazione del potere; non interessano più i fini, ma i mezzi. Nella storia di esempi simili ne abbiamo a bizzeffe e quello di Grillo ne è soltanto l'ultima incarnazione (se difende il Porcellum, espelle i dissidenti, attacca Rodotà, non lo fa perché "è giusto", ma perché gli conviene per mantenere il potere).
Palahniuk spiega anche che fine tendono a fare queste "organizzazioni": "Quando le sottoculture violente ed emarginate conquistano il potere - dice - diventano sempre le istituzioni del futuro. E il popolo deve sempre opporsi a loro per ritrovare la propria umanità". È così, e anche questo nella storia è sempre successo. Il problema, più che altro, sono danni e macerie lasciate per strada prima che il popolo "ritrovi la sua umanità".
Per vent'anni Berlusconi ha fatto incetta di voti con il suo populismo. Ora sta lasciando solo macerie. Grillo ha potuto fare meno danni: ingenuità, buona fede e contraddizioni non gliel'hanno permesso. Ma i nodi arrivano al pettine anche per lui: il Movimento 5Stelle o è una cosa solo sua, tutta urla e turpiloquio, o non è.
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