Se basta un Renzi. La traversata del deserto sembra praticamente
compiuta (a meno di un salutare colpo di coda, non è mai troppo
tardi...). Inseguiti dalla maledizione di Occhetto, gli ex comunisti,
post comunisti, a-comunisti - tutte anime belle provenienti da casa Pci -
possono dirsi contenti. Sono riusciti nell'impresa ardua di smentire
la profezia di Pintor - «Non moriremo democristiani» (febbraio 1983) e
insieme di avverare quella di Nanni Moretti - «Con questi dirigenti non
vinceremo mai» (febbraio 2002).
Moriremo democristiani e quanto a «noi di sinistra», non c'è trippa per gatti. Il Pd - dopotutto definito Partito mai nato e anche Partito Defunto - con le ultime mosse sembra appunto avviarsi a concludere la sua metamorfosi (con buona pace di Kafka). In fondo sono bastati solo vent'anni: Pci Pds Ds Pd Dc.
Sì, Dc. Ma non quella memorabile della gran Balena Bianca che fu; no, solo quella (è pure questa una vendetta della Storia) di un balenottero di quarta generazione (anche un po' spiaggiato), che non si chiama né Moro, né Andreotti, né Fanfani, nemmeno Forlani e tampoco Martinazzoli. Macché, solo Renzi (per dire, il danno e la beffa).
Quanto a loro, li cerchi e non li trovi, loro che allora furono chiamati «i magnifici quarantenni di Berlinguer». Li cerchi e non li trovi, avanti Renzi indietro Cuperlo. Non gli è bastato, ai suddetti ex magnifici quarantenni di Berlinguer, regalare al Matteo la poltrona di sindaco a Firenze; non gli è bastato farlo correre per la premiership del 2011 come gran cavallo di razza; non gli è bastato decantarlo come gran risorsa del partito (vedi D'Alema). Oggi, se tutto va come previsto da Franceschini e sodali, al Matteo potrebbe essere consegnato il partito in blocco. Oggi che ogni sia pur lieve sentore, ogni rimembranza, ogni vaga ombra di Pci sono finalmente eliminati. È fatta. Ucci ucci sento odor di democristianucci.
Ad evocarli, i magnifici quarantenni di Berlinguer, è come vedersi sfilare davanti vent'anni e più di vorrei ma non posso, di fiori che non colsi, di sogni che svaniscono all'alba. E anche loro - i baldanzosi facitori della Cosa e della Cosa 2, del "Paese normale", del partito "liberal" e anche "socialriformista", del Pse, dell'Ulivo - appaiono dispersi. I Petruccioli, Mussi, Folena, Fassino, Veltroni, Bassolino, Ranieri, Chiti, Angius, Bersani. E D'Alema, persino D'Alema. Fuori. Rottamati. Scippati. Senza anima e senza Partito. Sperduti da tempo in quella che Edmondo Berselli chiamava «la metafisica della loquacità», il diluvio di parole, «parole al quadrato, parole al cubo»; smarriti dentro quell'«oltrismo» di fumo che ha portato l'ex grande Pci verso il nulla di fatto (mio dio!, verso Renzi).
Il libro di Andrea Romano ("Compagni di scuola", Mondadori) dedicato alla debacle dei "magnifici quarantenni di Berlinguer" ha un capitolo che reca questo titolo a nostro parere perfetto: «Don Chisciotte, Don Abbondio e Don Lurio».
Moriremo democristiani e quanto a «noi di sinistra», non c'è trippa per gatti. Il Pd - dopotutto definito Partito mai nato e anche Partito Defunto - con le ultime mosse sembra appunto avviarsi a concludere la sua metamorfosi (con buona pace di Kafka). In fondo sono bastati solo vent'anni: Pci Pds Ds Pd Dc.
Sì, Dc. Ma non quella memorabile della gran Balena Bianca che fu; no, solo quella (è pure questa una vendetta della Storia) di un balenottero di quarta generazione (anche un po' spiaggiato), che non si chiama né Moro, né Andreotti, né Fanfani, nemmeno Forlani e tampoco Martinazzoli. Macché, solo Renzi (per dire, il danno e la beffa).
Quanto a loro, li cerchi e non li trovi, loro che allora furono chiamati «i magnifici quarantenni di Berlinguer». Li cerchi e non li trovi, avanti Renzi indietro Cuperlo. Non gli è bastato, ai suddetti ex magnifici quarantenni di Berlinguer, regalare al Matteo la poltrona di sindaco a Firenze; non gli è bastato farlo correre per la premiership del 2011 come gran cavallo di razza; non gli è bastato decantarlo come gran risorsa del partito (vedi D'Alema). Oggi, se tutto va come previsto da Franceschini e sodali, al Matteo potrebbe essere consegnato il partito in blocco. Oggi che ogni sia pur lieve sentore, ogni rimembranza, ogni vaga ombra di Pci sono finalmente eliminati. È fatta. Ucci ucci sento odor di democristianucci.
Ad evocarli, i magnifici quarantenni di Berlinguer, è come vedersi sfilare davanti vent'anni e più di vorrei ma non posso, di fiori che non colsi, di sogni che svaniscono all'alba. E anche loro - i baldanzosi facitori della Cosa e della Cosa 2, del "Paese normale", del partito "liberal" e anche "socialriformista", del Pse, dell'Ulivo - appaiono dispersi. I Petruccioli, Mussi, Folena, Fassino, Veltroni, Bassolino, Ranieri, Chiti, Angius, Bersani. E D'Alema, persino D'Alema. Fuori. Rottamati. Scippati. Senza anima e senza Partito. Sperduti da tempo in quella che Edmondo Berselli chiamava «la metafisica della loquacità», il diluvio di parole, «parole al quadrato, parole al cubo»; smarriti dentro quell'«oltrismo» di fumo che ha portato l'ex grande Pci verso il nulla di fatto (mio dio!, verso Renzi).
Il libro di Andrea Romano ("Compagni di scuola", Mondadori) dedicato alla debacle dei "magnifici quarantenni di Berlinguer" ha un capitolo che reca questo titolo a nostro parere perfetto: «Don Chisciotte, Don Abbondio e Don Lurio».
Maria R. Calderoni, Liberazione.it
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua