Pochi giorni fa a Perugia hanno arrestato uno spacciatore di 16 anni, maghrebino. Mentre ieri , proprio quando si teneva l'assemblea contro lo spaccio indetta in Piazza Grimana si sono verificate due overdose, guarda caso proprio dopo che alcuni spacciatori sono stati arrestati. Come ho scritto in precedenza, a Perugia ci troviamo di fronte ad un mercato criminale che ha una dinamica economica raffinata, che importa spacciatori giovanissimi presi direttamente dalle città di origine, prevalentemente del Maghreb e portati a fare gli spacciatori a Perugia con la promessa di facili guadagni. Una organizzazione - e non una banda di disperati come molti vorrebbbero farci credere - che sostituisce chi viene arrestato nel giro di pochi giorni senza grossi problemi, ( si spiegano in questo modo le overdose che con puntualità avvengono pochi giorni dopo gli arresti, derivano dal fatto che i nuovi pusher non sono preparati al taglio della sostanza ). I giornali parlano di una overdose ogni due giorni, mentre il tasso dei decessi in Umbria è di 7 ogni 100 mila abitanti (Il più elevato d'italia) .
Un dato questo confermato anche dall'analisi delle acque reflue, dove si evince che Perugia è la città con più consumo di Eroina.
Dopo qualche anno di osservazione mi sono fatto l'idea che dobbiamo pensare a questo spazio di mercato criminale con un modello esattamente simile a quello in cui operano le imprese multinazionali. Un network di alleanze dinamiche tra clan nazionali e non, che prende la materia prima in uno stato e manovalanza in un altro, che raffina in una nazione per vendere e poi riciclare in un'altra ancora . Ho l'impressione cioè che a Perugia ci troviamo di fronte ad un mercato in cui operano più attori con differenti campi d'intervento, in una piazza oramai strutturata da decenni che ha saputo innovare le modalità dello spaccio tramite le nuove tecnologie, disperdendosi nella città a seconda delle mosse delle forze dell'ordine, degli stili di vita della fabbrica del divertificio giovanile e delle varie modalità di consumo che si sono prodotte negli anni. Un sodalizio tra multinazionali criminali italiane e straniere che si è diviso il lavoro, che parla più lingue, che opera in più contesti, visibili ed invisibili. Un'impresa che opera senza regole e che mette a valore la violazione delle normative stesse. Che una dinamica economica criminale di questo tipo operi in un territorio come quello umbro non è cosa da poco conto. Dovrebbe diventare discussione di primaria importanza. Ha ragione Boccali (il sindaco di Perugia) a dire che non ci sono soluzioni facili su fenomeni come questi, ma è proprio perchè non ci sono soluzioni facili occorre affrontare la discussione da tutti i punti di vista, anche quelli scomodi. Ci pensate a quanto guadagno si ha in un sabato sera a Perugia e provincia con la cocaina? Ci pensate quanto guadagno si ha con la pendolarità di centinaia di tossicodipendenti che da varie parti del Centro Italia vengono ogni giorno in città? Dove finisce questo denaro?
Un dato questo confermato anche dall'analisi delle acque reflue, dove si evince che Perugia è la città con più consumo di Eroina.
Dopo qualche anno di osservazione mi sono fatto l'idea che dobbiamo pensare a questo spazio di mercato criminale con un modello esattamente simile a quello in cui operano le imprese multinazionali. Un network di alleanze dinamiche tra clan nazionali e non, che prende la materia prima in uno stato e manovalanza in un altro, che raffina in una nazione per vendere e poi riciclare in un'altra ancora . Ho l'impressione cioè che a Perugia ci troviamo di fronte ad un mercato in cui operano più attori con differenti campi d'intervento, in una piazza oramai strutturata da decenni che ha saputo innovare le modalità dello spaccio tramite le nuove tecnologie, disperdendosi nella città a seconda delle mosse delle forze dell'ordine, degli stili di vita della fabbrica del divertificio giovanile e delle varie modalità di consumo che si sono prodotte negli anni. Un sodalizio tra multinazionali criminali italiane e straniere che si è diviso il lavoro, che parla più lingue, che opera in più contesti, visibili ed invisibili. Un'impresa che opera senza regole e che mette a valore la violazione delle normative stesse. Che una dinamica economica criminale di questo tipo operi in un territorio come quello umbro non è cosa da poco conto. Dovrebbe diventare discussione di primaria importanza. Ha ragione Boccali (il sindaco di Perugia) a dire che non ci sono soluzioni facili su fenomeni come questi, ma è proprio perchè non ci sono soluzioni facili occorre affrontare la discussione da tutti i punti di vista, anche quelli scomodi. Ci pensate a quanto guadagno si ha in un sabato sera a Perugia e provincia con la cocaina? Ci pensate quanto guadagno si ha con la pendolarità di centinaia di tossicodipendenti che da varie parti del Centro Italia vengono ogni giorno in città? Dove finisce questo denaro?
Sostenere un'impresa criminale di questo tipo, che alimenta uno smercio di sostanze così ingente non è una cosa di poco conto, richiede organizzazione e radicamento territoriale, canali di riciclaggio strutturati, alleanze con il territorio. Per questo mi hanno meravigliato ( così come riportato dai giornali) le parole del prefetto di Perugia che ieri all'assemblea in piazza Grimana ha detto ai perugini che su questo terreno occorre misurare le parole per non compromettere l'immagine della città ( altrimenti non ci sono iscrizioni all'università). Onestamente dopo decenni in cui Perugia registra il tasso più alto di morti di overdose mi sarei aspettato qualcosa in più sul fronte della criminalità organizzata! Io non so quanto sia penetrato nel tessuto sociale ed economico umbro il livello criminale, so solo che questo mercato in trent'anni ha fatto male a intere generazioni senza che questo tema diventasse un argomento su cui la politica si misurasse fino in fondo. Secondo me occorre allora che da Perugia parta una richiesta forte verso il Governo e si chieda un piano straordinario d'intervento nazionale ( con risorse adeguate di tipo sociale e di lotta al narcotraffico) . I dati del resto che abbiamo in mano ci dicono che Perugia e l'Umbria hanno tutto il diritto per fare questa richiesta. Un piano questo che quanto meno dovrebbe essere costruito con altre regioni limitrofe visto che molti tossicodipendenti “pendolari” provengono dalla Toscana, dalla Marche e dal Lazio nella piazza di Perugia.
Si parlava qualche anno fa di 4 pilastri per il fenomeno dipendenze: prevenzione, cura, riduzione del danno e lotta al narcotraffico ( un termine questo che non individua solo lo spaccio ma anche il terreno del riciclaggio ad esso connesso ). A questi elementi occorre aggiungere un terreno di confronto su punti specifici legati alla vivibilità di Perugia ed a come costruire una forma di servizi legali al territorio in termini partecipativi. E' necessario allora riprendere in mano questa partita politicamente mettendo insieme queste richieste e riflessioni e chiedendo più risorse al Governo centrale oltre che la modifica di leggi inefficaci e dannose.
Per fare una proposta del genere però occorre avere il coraggio politico di cominciare a raccontare una storia che in pochi raccontano in Umbria, una storia che in molti si rifiutano di dire, in troppi. Oltre ai problemi del centro storico di Perugia che sono reali, occorre parlare dell'intreccio tra lo scivolamento dell'economia legale umbra nel circuito criminale e viceversa. Le inchieste e gli arresti recenti parlano proprio di questo. Sappiamo che l'Umbria nel corso del tempo è diventata una regione accogliente per i boss di calibro, ed un ruolo di connessione tra questi è stato svolto dal carcere di Spoleto. Lo diceva nel 2008 il magistrato Luigi De Ficchy parlando del carcere spoletino come"polo attrattivo per la costituzione nella regione di sodalizi di stampo mafioso nel quale elementi mafiosi di particolare capacità criminale, attirano gruppi di sodali e di familiari che progressivamente attuano forme di radicamento sul territorio" ( Si veda in questo senso l'interessante articolo di articolo 21 di qualche anno fa). Occorre oramai considerare questo come un dato di fatto da prendere seriamente in considerazione dal punto di vista politico, e agire con particolare forza per rimuovere questo tabù dalla discussione politica. Al “microcriminale” visibile che spaccia in strada c'è sempre un “macrocriminale” invisibile che ricicla in una banca, in un compro oro, in un impresa edile, in un video poker, in un terreno agricolo, in una struttura turistica, con un prestito da usuraio. Sta in questo intreccio secondo me la messa a valore significativa del mercato illegale dello spaccio a Perugia città regione, un mercato che immette nel circuito finanziario e della rendita denaro a getto continuo. Uno “scivolamento” questo che la crisi aumenta a dismisura. Un'impresa legata al narcotraffico infatti ha una certa dote di liquidità da offrire a chi oggi è in difficoltà ed occupare così spazi di mercato. Questo è quello che penso sia il vero punto su cui riflettere quando si parla di Perugia città regione e del suo modello di sviluppo. Se nella città di Perugia, nell'Umbria sempre meno cuore verde d'Italia – nell'espandersi del modello produttivo basato sul mattone e la rendita (finanziaria) – è cresciuto un mercato criminale, occorre allora capire quanto il modello di sviluppo recente abbia influito su questo terreno e quali siano i punti di contatto con la criminalità organizzata. Volenti o nolenti infatti, una cosa sembra coincidere con particolare evidenza, in questi decenni lo sviluppo e l'espandersi del modello mattone e cemento nell'Umbria, ha coinciso con l'espandersi della piazza dell'Eroina di Perugia. Questa del resto non è una anomalia, in molte città del centro nord le mafie si sono infiltrate su questo terreno trovando pochissimi contrasti. Penso allora che oltre alle giuste rivendicazioni legate alla vivibilità nei quartieri, ai problemi urbanistici e di viabilità che i comitati dei cittadini sollevano, sia giusto accompagnare una richiesta forte di lotta alle criminalità organizzata nei nostri territori.
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