domenica 10 aprile 2011

Precariocrazia

I grandi professori arrivarono un giorno, sorridenti: “Ragazzi, basta con il posto fisso, lo stipendio tutti i mesi! Così diventate dei burocrati, vi abituate ai privilegi. E’ tempo di essere flessibili e felici!” A parlare così erano dei garantiti, con fondo pensione e la quattordicesima in busta paga, un contrattino di collaborazione con il grande quotidiano liberista. Ma lì per lì i ragazzi non ci fecero caso. Ci restarono male e si sentirono persino un po’ in colpa. Poi arrivarono i politici. Prima quelli di destra: “Il posto fisso è roba da realismo socialista. C’è bisogno di dinamismo, di coraggio. Il mercato è una grande palestra di vita: fatevi imprenditori di voi stessi!” I ragazzi, un po’ depressi, pensarono di avere davanti una grande opportunità e si impegnarono: master, studi all’estero. Tornarono in Italia e spedirono fiduciosi i loro curricula ad aziende e ministeri. Quindi arrivarono sorridenti i due sindacalisti di Governo, quello col pizzo e l’alito pesante e quello con gli occhi a palla da fesso, e dissero: Il sindacato non può più dire solo No alle imprese, deve promuovere la flessibilità come un fattore di progresso”. Il sindacalista con l’alito pesante e quello con gli occhi a palla si dimenticarono di dire che avevano ricostruito la loro pensione con i contributi figurativi.

Infine arrivarono i grandi leader di caratura europea dei partiti democratici: “La vecchia sinistra – dissero – ha difeso i garantiti, ha fatto le barricate per combattere il mercato: per fortuna che ora ci siamo noi, pronti a difendere la flessibilità, cioè il progresso”. A dire questo erano dirigenti che non avevano mai lavorato in vita loro per qualcuno che non fosse un partito o una istituzione.

I ragazzi che avevano creduto ai flessibilisti sorridenti scoprirono che i loro curricula erano stato bocciati, che il professore dell’università italiana aveva fregato la loro tesina e ci aveva messo la sua firma sotto, che in Parlamento c’erano andati la segretaria del ministro e la finta precaria amica del giornalista Rai.

I consulenti previdenziali spiegarono loro che avrebbero lavorato il doppio dei padri, per prendere la metà dei contributi. Fecero i conti e scoprirono che una badante in regola guadagnava più di un ricercatore.

I ragazzi flessibili sfilarono a Roma, in un giorno di sole, ieri. I giornali amici dei partiti, firmati dai grandi professori, e letti dai sindacalisti mediocri scrissero: “Non hanno capito la modernità”.

Loro, nel paese in cui c’è un premier che ha speso 1.5 milioni di euro per tenere a libro paga un plotoncino di mignotte pagate 10mila euro al mese l’una, trovarono la forza di sorridere. Anche la satira, dopotutto, è flessibile. La coglioneria dei garantiti, invece, è infrangibile.

Luca Telese,

Il Misfatto (inserto satirico del Fatto Quotidiano), 10 aprile 2011

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua