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Infine arrivarono i grandi leader di caratura europea dei partiti democratici: “La vecchia sinistra – dissero – ha difeso i garantiti, ha fatto le barricate per combattere il mercato: per fortuna che ora ci siamo noi, pronti a difendere la flessibilità, cioè il progresso”. A dire questo erano dirigenti che non avevano mai lavorato in vita loro per qualcuno che non fosse un partito o una istituzione.
I ragazzi che avevano creduto ai flessibilisti sorridenti scoprirono che i loro curricula erano stato bocciati, che il professore dell’università italiana aveva fregato la loro tesina e ci aveva messo la sua firma sotto, che in Parlamento c’erano andati la segretaria del ministro e la finta precaria amica del giornalista Rai.
I consulenti previdenziali spiegarono loro che avrebbero lavorato il doppio dei padri, per prendere la metà dei contributi. Fecero i conti e scoprirono che una badante in regola guadagnava più di un ricercatore.
I ragazzi flessibili sfilarono a Roma, in un giorno di sole, ieri. I giornali amici dei partiti, firmati dai grandi professori, e letti dai sindacalisti mediocri scrissero: “Non hanno capito la modernità”.
Loro, nel paese in cui c’è un premier che ha speso 1.5 milioni di euro per tenere a libro paga un plotoncino di mignotte pagate 10mila euro al mese l’una, trovarono la forza di sorridere. Anche la satira, dopotutto, è flessibile. La coglioneria dei garantiti, invece, è infrangibile.
Luca Telese,
Il Misfatto (inserto satirico del Fatto Quotidiano), 10 aprile 2011
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