Se c'è un esempio di come l'imprenditoria sia
costitutivamente criminale è proprio l'Ilva di Taranto.
Una società che
ha ereditato un patrimonio industriale pubblico a due lire, grazie alle
"privatizzazioni" decise dai governi Prodi e Berlusconi, senza alcuna
distinzione; una società in cui la "famiglia" del padrone, Emilio Riva,
non ha mai fatto un investimento in tecnologia e tantomeno in riduzione
delle emissioni tossiche (gli impianti sono ancora sostanzialmente
quelli costruiti negli anni '50 dall'Iri, quando una serie di problemi
ambientali non erano stati né studiati né quindi valutati). Una società
sistematicamente depredata dai suoi padroni, che sottraevano i profitti
per arricchirsi come singole persone (il contrario del "buon
capitalista", insomma, descritto nella propaganda "liberale"), creando
infine dissesti finanziari nonostante una produzione in attivo
sistematico.
Una società che ha sistematicamente corrotto i dirigenti
sindacali di Cgil, Cisl e Uil per non avere troppi problemi di gestione
della forza lavoro.
Una società infine falcidiata dagli aresti, sia nella "famiglia" che
nella struttura dirigenziale, commissariata dal governo che ne ha
riconosciuto il "valore startegico" soltanto per quanto riguarda la
garanzia della contnuità produttiva, senza toccare in nulla il rilascio
di inquinanti mortali in atmosfera e in mare. Si è creata dunque la
situazione abnorme di uno stato che "dirige" un'impresa privata - i
profitti restano alla famiglia del padrone sotto arresto - con gli
stessi criteri dell'impresa privata (neppure sfiorato il problema
dell'inquinamento) ma in nome di un "interesse strategico pubblico".
La
ri-nazionalizzazione sarebbe da tempo l'unico cosa logica, ed anche
giusta. Ma un governo liberista sotto il controllo della Troika non può
davvero procedere sulla strada della logica e dell'interesse pubblico,
ovvero della popolazione tarantina che paga i costi del disprezzo
privato per la salute e di quella italiana che sarà chiamata prima o poi
a pagare i costi della bonifica.
In questo quadro immondo cinque alti dirigenti o "consulenti"
dell'Ilva sono stati arrestati in questi giorni su ordine della procura
di Taranto.
Ma nello stesso tempo una società criminale, decimata dagli
arresti ai vertici, quindi tramite una decisione condivisa dal
"commissario" (ossia dallo Stato" ha trovato "utile" licenziare un lavoratore, un sindacalista dell'Usb,
uno che non è stato al gioco della corruzione aziendale. Ovvero, almeno
oggettivamente, un "difensore del principio di legalità".
Davvero illuminante! Bessuno faccia finta di offendersi quando parlaiamo di "Stato criminale"...
*****
Un articolo dal Corriere del Mezzogiorno, con i dettagli degli arresti:
Ilva, una struttura ombra dei Riva
Cinque arresti tra i consulenti ingegneri. Avrebbero attuato le direttive della proprietà essendo «infiltrati» nell'organico: 4 in carcere uno ai domiciliari
TARANTO - La procura tarantina ha riacceso i motori sull’inchiesta
Ilva. Questa mattina i militari del nucleo di polizia tributaria della
Guardia di Finanza hanno notificato cinque ordinanze di custodia
cautelare, quattro in carcere una ai domiciliari, nei confronti di
altrettanti consulenti del gruppo Riva.
Gli arrestati, tutti ingegneri che
risiedono nelle regioni del Nord Italia, farebbero parte della
cosiddetta «regia occulta» che impartiva ordini ai dirigenti locali
dello stabilimento tracciando, di fatto, la marcia produttiva dello
stabilimento.
I NOMI - Le cinque persone arrestate sono Lanfranco Legnani, 74 anni, Alfredo Ceriani, 69 anni, Giovanni Rebaioli, 65 anni, Agostino Pastorino, 60 anni e Enrico Bessone,
di 45 anni. Il primo ha beneficiato degli arresti domiciliari per
motivi di età; gli altri quattro sono stati trasferiti nel carcere di
Taranto. Legnani è stato arrestato a Bussolengo (Verona), Ceriani a
Origgio (Varese), Rebaioli a Berzo Inferiore (Brescia), Pastorino a
Masone (Genova) e Bessone, che è originario di Mondovì (Cuneo), a
Martina Franca (Taranto). I provvedimenti portano la firma del gip del
Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco su richiesta del pool di
magistrati inquirenti che indagano sul caso, il procuratore capo Franco
Sebastio, l’aggiunto Pietro Argentino e i sostituti procuratori Mariano
Buccoliero, Remo Epifani e Giovanna Cannarile. I reati contestati sono
gli stessi sin qui addebitati ai Riva: associazione per delinquere,
disastro ambientale, ed altri reati minori.
LE INTERCETTAZIONI - Secondo gli investigatori che conducono
le indagini sull’Ilva, da anni, e precisamente dal 1995, momento
dell’insediamento del Gruppo Riva a Taranto, gli indagati, cosiddetti
fiduciari, erano di diretta derivazione della proprietà e tenevano sotto
stretto controllo lo stabilimento tarantino avendo il compito effettivo
di verificare l’operato dei dipendenti e assicurandosi che fossero
rispettate le logiche aziendali. In una intercettazione telefonica
finita nell'inchiesta sull'Ilva l'ex direttore dello stabilimento Luigi
Capogrosso riferisce a Fabio Riva che un dirigente del Siderurgico si
lamentava dell'atteggiamento prevaricatore di un «fiduciario» aziendale
dell'area ghisa, Agostino Pastorino, che di fatto impartiva ordini
scavalcandolo nel ruolo.
LE CONTESTAZIONI - Il gruppo di consulenti ha rappresentato
quindi una figura di governo che dettava disposizioni su tutte le
decisioni da adottare all’interno dell’acciaieria pur non avendo, nella
maggior parte dei casi, responsabilità ufficiali nell’organico della
stessa. Dallo stesso governo-ombra, secondo l’accusa, dipendevano anche
le decisioni dei vari capi-area. Gli accertamenti svolti avrebbero
dimostrato che presso lo stabilimento siderurgico tarantino, la
proprietà aveva ideato, creato e strutturato, una vera e propria
governance di tipo parallelo, un efficiente «governo-ombra» che si
sarebbe avvalso dell’operato di altri enti e stabilimenti di proprietà
Ilva o società appartenenti allo stesso Gruppo, di personale dipendente
direttamente dalla Riva Fire Spa, di consulenti esterni (solitamente
attraverso società in accomandita semplice), sia inquadrati che non
inseriti nell’organigramma aziendale del Gruppo Riva. Il provvedimento
notificato agli interessati prevede, per i soggetti colpiti da ordinanza
di custodia cautelare in carcere, l’accompagnamento presso la Casa
Circondariale di Taranto.
Nazareno Dinoi
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