giovedì 28 marzo 2013

Il consigliere M5S al Comune di Venezia scrive a Grillo: "Basta dire no, tendiamo la mano a chi ci chiede di formare un nuovo governo"


Grillo

Per la prima volta, a dire "ripensaci" a Beppe Grillo, è un esponente "ufficiale" del MoVimento 5 stelle. Un consigliere comunale che ha preso carta e penna e ha scritto. Una lettera, aperta, pubblica, indirizzata al proprio leader. "Caro Beppe ti scrivo da Venezia" firmato Gian Luigi Placella, origini napoletane consigliere comunale, dal 2009 iscritto ai meet up grillini. Picella di se stesso dice: "64 anni, pensionato vivo a Venezia chirurgo ortopedico".
Placella riassume, con toni pacati e in maniera articolata, quello che parte della base riporta nelle ultime settimane nel blog di Grillo. Una lunga lettera (in fondo all'articolo la lettera completa) con un obiettivo su tutti: far sapere a Beppe che c'è chi, tra i militanti a cinque stelle, crede che si debbanno superare intransigenze e pregiudiziali: "Non è più tempo di proclami di dogmi, di certezze assolute di orgogliose crociate. È tempo di ascoltare con umiltà e con urgenza quello che il paese sempre più flebilmente ci chiede: di salvarlo dalla miseria che incombe. Non c’è più tempo, Beppe, per strategie. Per il no inflessibile".
Non un infiltrato dell'ultima ora o un un disturbatore telematico di professione (ricordate la storia dei troll e degli schizzi di merda digitali?). Ma molto più semplicemente un militante: "Io ho convinto - scrive - tante persone che il M5S sarebbe stato il cambiamento, quello che il paese sfinito aspettava da subito".
Quelle tante persone (il M5S solo nella circoscrizione di Venezia nelle ultime elezioni ha sfiorato il 30 per cento alla Camera, prendendo più di 150 mila voti) convinte dalla novità a cinque stelle che, ora a distanza di un mese dal voto, sembrano pentirsi. Anche perché nella trasparenza M5s, se è vero che i parlamentari hanno votato il no alla fiducia a Bersani, la base non ha potuto dire la sua attraverso, ad esempio, le piattaforme telematiche. Placella lo racconta così a Grillo: "Mi fermano per strada e mi dicono: 'Sono sconcertato, preoccupato, vi ho votato per cambiare e voi state fermi ed aspettate che siano gli altri a sbagliare senza accorgervi o voler ammettere che l’inerzia è peggio dell’errore".
Una delusione da trasformare in azione:come dire, facciamo presto. Firmato Gian Luigi Placella

Caro Beppe,
ti scrivo da Venezia. Ti scrivo una lettera aperta, trasparente, ispirato solo da me stesso ed in piena libertà. Tu non mi conosci ma io ti seguo dal 2006 e dal 2009 faccio parte del meetup di Venezia dove adesso mi trovo a sostituire come consigliere comunale il nostro mitico Gava, fondatore del nostro meetup e primo grillino consigliere in laguna.
Ci sono arrivato attraverso un percorso personale totalmente diverso dal suo, spiazzando così una volta di più quanti cercano di darci un’identità unica, non capendo quanto la diversità sia la nostra carta vincente. Ci sono arrivato il 21 gennaio di quest’anno, quando eravamo sotto gli occhi di quanti osservavano esterrefatti e rassegnati il consenso che ci stava premiando e sentendo fisicamente le aspettative dei tanti che ci dichiaravano il loro sostegno.
Il 26 febbraio, il giorno dopo le elezioni, mi sono trovato a ricevere, senza alcun merito personale,
i complimenti per lo straordinario successo ed insieme la richiesta di spiegare le strategie che avremmo attuato ora che finalmente eravamo arrivati in Parlamento. Io come tutti gli altri del nostro gruppo abbiamo lasciato la parola al nostro deputato veneziano-mestrino, il nostro portavoce.
Ma dal giorno dopo i festeggiamenti abbiamo subito capito che la strada non era facile.
Io, come altri, ho convinto tante persone che il M5S sarebbe stato il cambiamento, quello che il paese sfinito aspettava da subito. La gente aveva voluto credere in quella prospettiva, ci ha votati perché era sfinita dal degrado morale. politico ed economico del berlusconismo. Tutta gente che non vuole essere riconsegnata a quel governo di continuità, di conservazione, di convenienze incrociate proposto da Napolitano.
Sono molti, tra quella gente che aveva finalmente cominciato a respirare la svolta, quelli che ora mi fermano per strada e mi dicono: “Sono sconcertato, preoccupato, vi ho votato per cambiare e voi state fermi ed aspettate che siano gli altri a sbagliare senza accorgervi o voler ammettere che l’inerzia è peggio dell’errore”.
E non posso non riferirtele queste parole che dicono solo l’inizio, perché l’inerzia significa che lo spazio dell’iniziativa sarà preso da altri, da tutti quelli a cui avremo lasciato il tempo per risorgere.
E questo, in tanti non ce lo perdoneranno, torneranno a ritirarsi risentiti, delusi, arrabbiati, contro l’ennesima prova di fiducia senza effetto.
Chi ci ha votato ha creduto nella democrazia diretta via web di cui gli eletti sarebbero stati i portavoce. Ma il web resta muto; o meglio la sua voce, sparsa e non incanalata su una piattaforma aperta, resta sconnessa dai terminali, non arriva ai nostri dipendenti.
Quegli eletti che oggi non hanno argomenti completamente convincenti a giustificare la chiusura, la sordità verso gli appelli di un paese che implora un segnale di movimento, di ripresa del cammino, un segno per riprendere a sperare.
Ma tanti sono anche quelli che ci hanno votato senza sapere niente degli impegni presi dai candidati, dei nostri meetup, di liquid feedback, di discussioni on line. Sono tanti quelli che, senza pensarci su più di tanto, ci hanno affidato il loro desiderio di cambiamento e la speranza di sopravvivere alla crisi che falcia futuro ed esistenze. Sono la maggioranza del nostro 25% ?
Forse; o forse no, ma non possiamo ignorarli e sacrificarli al progetto di diventare la maggioranza assoluta al prossimo giro elettorale.
Prova a considerare un’altra cosa: come abbiamo avuti tutti contro nella recente campagna elettorale, così li avremo di nuovo contro nella prossima; ma a quelli si aggiungeranno i delusi.
Penso poi che fra due anni a Venezia e tra qualche mese in qualche città della sua provincia, si tornerà a votare per le amministrative e molti di noi dovranno tornare a chiedere fiducia, a promettere, di nuovo, che con noi si fa sul serio, si fa diversamente e meglio.
Con quale credibilità potremo impegnarci se proprio in questo momento in cui dovremmo mettere a frutto il voto di preferenza restiamo a guardare la restaurazione che si riprende gli spazi della novità che abbiamo seminato. Con la scelta dura e pura del no a tutto, superbo e implacabile li avremo delusi, respinti, riconsegnati nelle mani di chi li sfrutterà fino all’estinzione.
Non è più tempo di proclami di dogmi, di certezze assolute di orgogliose crociate. E’ tempo di ascoltare con umiltà e con urgenza quello che il paese sempre più flebilmente ci chiede: di salvarlo dalla miseria che incombe. Non c’è più tempo, Beppe, per strategie. Per il no inflessibile.
C’è appena il tempo per far nascere un governo, cosicché il Paese, tutti noi possiamo sopravvivere. E’ il momento di tendere la mano a chi la rivolge a noi, proprio a noi, e prendere sulle nostre spalle un parte del loro peso, soffrendo un po’ di più noi che abbiamo ancora forza, per evitare che soffrano tutti quelli che di forze non ne hanno più. Spero che mi leggerai. Io ho pensato di doverlo a tutti quelli che mi hanno creduto.



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