Stavolta il PD non ha gettato
semplicemente la maschera (come mille volte ha fatto negli anni passati): si è
tolto l’intero costume di sinistra, mostrando – agli elettori presbiti e a
quelli miopi – un flaccido corpaccione conservatore.
Neppure un Vincenzo Monti, oggi,
riuscirebbe a trovare qualcosa di “progressista” in gente come Enrico Letta,
l’amico di Monti e dei mercati, e allora la base si ribella, protesta, occupa le
sedi, mentre Vendola coglie l’opportunità di smarcarsi, ammettendo – di fatto –
che il suo 2012 è stato tutto un errore.
Troppo tardi? Secondo me sì, anche
perché il re girava nudo da tempo, ed il “senso di responsabilità” ostentato da
Bersani e compagnia in occasione dello svuotamento dell’articolo 18, della
macelleria pensionistica ecc. indicava con sufficiente nitidezza l’effettiva
collocazione del partito. Gli elettori hanno disciplinatamente ingoiato tutto,
ma il rospo dell’accordo con Berlusconi – in verità non più velenoso di altri –
è andato loro di traverso, semplicemente perché l’antiberlusconismo era
l’unico legame rimasto con una tradizione che i vertici, in questi due decenni,
hanno rinnegato in silenzio, senza troppi clamori.
La commedia è finita: i pellegrinaggi e
le esternazioni del premier nipote certificano il passaggio – già avvenuto da
tempo – dei c.d. democratici al campo avverso, quello della superborghesia
finanziaria che, con la cooperazione tedesca, sta immiserendo l’Europa per
privatizzarla. Il leader naturale di questa nuova destra “perbene” non potrà
essere che Matteo Renzi, vuoi per le sue frequentazioni, vuoi per le simpatie
che suscita nel mondo berlusconiano: più che alla disintegrazione, il PD si
avvia alla confluenza con il presunto nemico, ed avverte l’esigenza di ripulire
le acque dal poco (quasi invisibile) limo di sinistra. Votando compattamente la
fiducia, la dirigenza piddina ha tratto il dado: da oggi in poi nulla sarà più
come prima, poiché l’apparenza si è adeguata alla realtà.
Resta una questione aperta: dove
andranno gli elettori di sinistra? Qualcuno, mugugnando, resterà fedele alla
causa: i cittadini italiani, purtroppo, appaiono più legati ai contenitori che
ai contenuti; ma molti, moltissimi si cercheranno una nuova casa.
Il M5S potrebbe essere un rifugio
temporaneo, ma alla maggioranza piacerebbe poter votare di nuovo a sinistra. Una
seconda (o terza o quarta: ne ha perse parecchie finora) possibilità per Nichi
Vendola? Credo di no, il suo partitino è già collassato, l’interesse verso SeL
si è spento – lui lo sa, e lavora a un progetto più ambizioso. Barca, Cofferati,
Landini, Rodotà, forse Civati… vi dicono qualcosa questi nomi, da accostare a
quello di Nichi? A me parlano di Nuova Sinistra – una sinistra, attenzione,
eurocompatibile.
Mi spiego: in Grecia, Portogallo e
Spagna, ad esempio, la sinistra, con percentuali che vanno dal 15 al 30%,
contesta vigorosamente l’attuale modello europeo, rifiuta l’austerità e pretende
di ridiscutere tutto, dai trattati-capestro al pagamento del
debito.
In Italia una forza politica con queste
caratteristiche manca, perché i partiti comunisti non hanno il sostegno degli
elettori. Il riposizionamento strategico del PD darebbe loro qualche chance, ma
a sbarrare la strada, a togliere lo spazio residuo, ci penserà la barca della
Nuova Sinistra in cantiere.
Torniamo ai nomi fatti sopra:
appartengono a persone rispettabili, oneste e capaci. Cofferati è stato, a suo
tempo, un popolarissimo leader sindacale, Landini lo è ancora; Fabrizio Barca si
è rivelato un buon tecnico, utilizzando al meglio le risorse europee – il
miglior ministro del peggior governo del dopoguerra, di cui ha fatto parte fino
alla fine. Rodotà non ha bisogno di presentazioni (è stata la sua candidatura al
Colle, tra l’altro, ad occasionare il penoso spogliarello del PD), mentre Pippo
Civati, simpatico e alla mano, ha dimostrato di essere uomo di parola non
votando la fiducia.
La domanda da porsi, tuttavia, è la
seguente: sarebbero disposti costoro a contrastare le scelte
politico-finanziarie dell’Europa lobbystica e, se del caso, a prendere decisioni
di aperta rottura con Bruxelles, Berlino e i mercati?
La mia risposta – fondata non su
pregiudizi, ma sull’osservazione dei fatti e l’ascolto delle dichiarazioni – è
negativa: queste degnissime personalità non condurrebbero mai la lotta
fino in fondo, per il banale motivo che nessuno di loro (nemmeno Landini, che
pure si è battuto egregiamente in passato) vede alternative al sistema attuale -
e se si accetta quello capitalista come l’unico mondo possibile la sconfitta, al
tavolo delle “trattative”, è assicurata in partenza.
In sostanza, una Nuova Sinistra come
quella che si profila all’orizzonte non sarebbe sgradita al sistema, che
vedrebbe in essa un avversario cavalleresco e ligio alle regole; con molta
maggior preoccupazione si assisterebbe – nei loft di New York e Francoforte –
all’affermarsi di un movimento social-comunista di massa, temprato dalle lotte e
determinato a cominciare un’altra partita, previo rimescolamento delle
carte.
Non serve a nulla un partito
moderatamente di sinistra che, all’ombra di un PSE ormai sfiorito, occupi
il posto lasciato vacante dal PD e tenga buoni gli elettori con parole pacate e
qualche misura giusta ma insufficiente (es.: il reddito di cittadinanza): se si
vuole contrastare il disegno egemonico del Capitale bisogna scendere in piazza
con le idee chiare, non affidare le proprie illusioni alle urne. Per
sopravvivere a un diluvio non basta mettere in acqua una barca.
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