mercoledì 22 maggio 2013

A SINISTRA: ECCESSO DI POLITICISMO E ASSENZA DI AUTONOMIA di Franco Astengo

Alberto Burgio
immagine dal sito: www.emsf.rai.it


Dalle colonne del “Manifesto” di Mercoledì 22 Maggio, Alberto Burgio analizza la situazione politica italiana all’insegna del “La politica si illude, in attesa dell’incendio” valutando essenzialmente come sia la crisi del PD che non “matura” (“congelamento” definisce l’autore lo stato delle cose in atto all’interno del Partito Democratico) il fattore che blocca qualsiasi altra iniziativa a sinistra.

Ciò avviene pur in presenza, come è riconosciuto nello stesso articolo, di uno spazio a sinistra dello stesso PD non meno vasto, e forse ancora più ampio, di quanto non fosse dieci anni or sono.
L’argomentazione è utile per sottolineare alcuni punti del tutto dirimenti, rispetto al dibattito che è necessario aprire nella sinistra d’alternativa intorno all’esigenza ineludibile di nuova soggettività: qualcosa, in verità, come nell’ipotesi di costruzione di Ross@ si sta muovendo, ma è bene ribadire alcuni punti di analisi cercando anche, per quanto si possa esserne capaci, di svilupparli in positivo.
La situazione attuale, di blocco e frantumazione di quella che è stata e dovrebbe essere l’area della sinistra d’alternativa, è dovuta essenzialmente non tanto a un deficit di analisi sociologica rispetto ai mutamenti in atto, quanto ad un eccesso di politicismo esercitato da parte dei gruppi dirigenti (o presunti tali) e a un’assenza di autonomia, in particolare da parte dei settori intellettuali di riferimento della nostra area politica.
Enunciando questi due punti si intende forse riproporre una riedizione della teoria delle élite? Senza alcun infingimento di maniera e senza cedere alcunché alle mode movimentiste, va detto subito che non ci sono difficoltà a correre il rischio: senza un nucleo centrale di dirigenti politici e di intellettuali di riferimento difficilmente potrà svilupparsi un progetto politico che, invece, è necessario cercare di mettere in campo in tempi rapidi, per quanto possibile.
Una soggettività politica della sinistra d’alternativa adeguata alla qualità dello scontro in atto in Italia e in Europa non può però nascere seguendo appunto le linee politiciste dello “spirito di scissione”.
C’è poco e nulla da aspettarsi dall’eventuale (e improbabile) “implosione” del PD: partito che, va fatto notare ancora una volta, vive (se l’affermazione “vive” non potrà apparire un poco esagerata) di “flussi elettorali”, quindi indisponibile comunque, anche nell’eventualità di una rottura, a rappresentare soggetto per la costruzione di un blocco sociale anticapitalistico, come invece appare essere assolutamente necessario.
Come dimostra, del resto, la parabola di SeL non potrà più verificarsi che, per scissioni successive, un soggetto politico raggiunga una propria autonomia e una propria identità, sia sul piano della proposizione culturale, sia su quello del riferimento sociale (questo delle scissioni effettivamente rappresentative di un corpo politico collegato a realtà sociali vive e operanti è davvero un retaggio antico non riproponibile adesso. Le esperienze del PSLI, dello PSIUP, del Manifesto restano confinate all’interno dell’analisi storica.)
Così come non potrà nascere in questo modo un ipotetico Partito del Lavoro (a parte le difficoltà specifiche che questa ipotesi ha sempre incontrato nella complessa realtà del nostro paese, e l’assenza di riferimenti europei adeguati): non sarà attraverso pezzettini del PD, SeL, qualche po’ di Rifondazione e dei Comunisti Italiani con l’avallo della FIOM e di qualche movimento collaterale (fortemente collaterale, ai limiti dell’usata “cinghia di trasmissione”) che potrà formarsi il nuovo soggetto: sempre in attesa che la “casa madre” bruci.
Serve, prima di tutto, eliminare il politicismo di cui è stata intrisa la storia dei gruppi dirigenti dell’ex e ormai defunta sinistra italiana: un politicismo stretto tra personalizzazione e movimentismo che avevano trovato in un’inedita “vocazione di governo” (la disgraziata “Unione” del 2006, prodromica ai disastri dell’Arcobaleno e della Rivoluzione Civile) il punto di sintesi e di alimento per un vorace ceto politico.
In secondo luogo occorre presentare alla sinistra d’alternativa italiana, ai suoi militanti e, prima di tutto,  al complesso della società, nei suoi diversi settori colpiti così ferocemente dalla gestione capitalistica della crisi, un progetto di trasformazione dello stato di cose presenti in completa autonomia, sul piano teorico, programmatico, organizzativo.
Un progetto da realizzare per aggregazioni successive in forma democratica ( abbiamo pensato a recuperare, ovviamente, aggiornandolo, il concetto di “democrazia consiliare”), costruendo un’identità forte in modo da poter esercitare, di conseguenza, reale egemonia.
In questo senso si presenta, se saremo capaci di ragionarci collettivamente da subito, un’occasione storica perché, va affermato con convinzione, non siamo sul terreno delle intuizioni illuministiche ma su quello, immediato, delle esigenze sociali e politiche.
 
 

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