Sono contrario per principio alle candidature che arrivano prima di
un programma. La personalizzazione della politica, in assenza di visioni
e valori, produce soltanto trasformismi e pessimo governo, come
dimostrano il fenomeno Berlusconi e il sottostante renzismo. Quindi non
ho mai candidato me stesso a sindaco di Milano, ma un'idea. Sono
comunque contento che l'aver preso un'iniziativa abbia finalmente
avviato una discussione in città sull'importanza di costruire una lista
civica, alla guida della quale sono emerse varie disponibilità. Fra
queste, se si potesse votare (ormai è tardi), io sceglierei Gherardo
Colombo, che ho personalmente invitato ad accettare, mettendo a
disposizione il ritiro immediato della mia candidatura, diventata reale grazie ai media e ai sondaggi).
La
posta in gioco è troppo alta per ridurla a una questione di nomi.
Milano ha il dovere e il diritto di guardare a un futuro da grande
capitale europea, come aveva cominciato a fare con la giunta Pisapia,
dopo anni di pessimo governo cittadino. Bisogna costruire un programma
ispirato agli esempi più virtuosi di capitali europee, da alcune del
Nord alle nuove giunte di sinistra a Madrid e Barcellona.
Al
contrario, centrosinistra e centrodestra a Milano riesumano il bolso,
rovinoso mito anni Ottanta del manager liberista, con due candidati
gemelli. Giuseppe Sala e Stefano Parisi hanno già (mal) governato Milano
da city manager con le giunte Moratti e Albertini, le peggiori dal
dopoguerra. Chiunque vinca fra i candidati gemelli, il futuro di Milano
sarà comunque quello di una città immensamente ricca abitata da
cittadini sempre più poveri, a vantaggio di una piccola oligarchia
d'affaristi.
Contro e in alternativa a questo destino deciso
dalle segreterie politiche romane, a Milano è necessario costruire fuori
dai partiti una lista civica che non perda tempo a mettere d'accordo le
tante e al solito divise anime della sinistra radicale, con Sel che già
sostiene Sala sindaco, ma sia capace di rivolgersi a tutti i milanesi e
contendere la vittoria ai due dioscuri delle privatizzazioni.
Sarebbe
un segnale importante per la città e per l'Italia. E' evidente che
Milano rappresenta, come spesso nella storia, un test e un laboratorio
politico. In questo caso, delle prossime elezioni nazionali che si
svolgeranno con una legge elettorale incostituzionale e in un quadro
politico inquietante per la democrazia italiana. Da una parte il Partito
della Nazione di Renzi, incarnato a Milano dalla lista Sala, un puro
contenitore trasformistico di potere che va dagli amici di Verdini a
Comunione e Liberazione agli ex bersaniani fino a pezzi di Sel, tutti
uniti sotto la bandiera del liberismo manageriale benedetto dai comitati
d'affari.
Dall'altra una destra impresentabile mascherata dietro un
candidato moderato, alla quale il trasformismo del Pd rischia di
riconsegnare prima Milano e poi il Paese. Come terza forza, esclusa in
partenza dal ballottaggio, un Movimento 5 Stelle che, come testimonia la
scelta del candidato milanese (nominato con 74 clic sul computer), non
riesce a fare il salto da _ gestito con metodi da setta _ a forza credibile di governo. Fuori
da questa mediocre offerta esistono milioni di cittadini non
rappresentati, la parte migliore del Paese, una maggioranza sociale che
non è ancora maggioranza politica. Il Partito della Nazione di Renzi
vuole, con le elezioni di primavera e poi col referendum costituzionale
in autunno, togliere sovranità ai cittadini per decidere tutto
all'interno di un grumo di potere. Dobbiamo impedirglielo e, insieme,
possiamo.
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