lunedì 14 marzo 2016

L'economia della povertà degli anziani - di Robert Kurz -

duck

Il capitalismo vuole solo il meglio dalle persone: la loro energia vitale, che dev'essere assorbita in quanto "lavoro" creatore di plusvalore. E, se fosse possibile, l'ideale sarebbe 24 ore al giorno. I bambini, ancora non adatti alla valorizzazione, vengono tollerati in quanto potenziale forza lavoro futura; ma gli anziani che si sono già ritirati, in linea di principio sono mera zavorra. Ai tempi del miracolo economico sembrava che il sistema di previdenza sociale faticosamente conquistato avesse ormai umanizzato in maniera duratura questa logica brutale, sebbene non lo avesse fatto per tutti. In particolare per le donne, che a causa dei periodi di aspettativa in cui rimanevano a casa per la cura dei figli, o a causa del lavoro part-time, nella vecchiaia rimanevano esposte al rischio di povertà, se non potevano contare sulla pensione del marito.
Nelle condizioni di valorizzazione del capitale, segnate dalla crisi nella terza rivoluzione industriale e dalla globalizzazione, sono ormai anni che sono state smantellate le prestazioni sociali, a cominciare dalla garanzia della pensione. Già da tempo, la formula per il calcolo delle pensioni è stata rielaborata in maniera tale che ha smesso di tenere il passo con l'inflazione. E' dal 2004 che la perdita del potere di acquisto da parte dei pensionati è più accentuata di quanto lo sia per le persone attive. Anche il recente aumento straordinaro dell'1,1% delle pensioni rimane molto al di sotto del tasso d'inflazione; con quei soldi non si riesce a comprare neanche una salsiccia.
Ciò nonostante, tale misura è stata attaccata dagli economisti, e da una parte della classe politica, come "populismo" elettorale tattico. Il reddito reale dei pensionati, pur in caduta, rimane attualmente ad un livello medio relativamente altro grazie agli anni ancora calcolati con un metodo più favorevole. Ma nel prossimo futuro la situazione cambierà in maniera drammatica. Che una simile situazione sia dovuta all'evoluzione demografica, a causa del basso tasso di natalità, non è nemmeno una mezza verità. Il calo dei contributi per la previdenza sociale in realtà è dovuto alla disoccupazione di massa, praticata a lungo termine, ed alla rapida espansione, politicamente deliberata, dei salari bassi. L'aumento, anno dopo anno, della povertà delle persone "atte al lavoro" implica ncecessariamente, nel prossimo futuro, un maggior povertà nella vecchiaia. L'aumento già concordato dell'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni è una misura che non ha né capo né coda rispetto alla politica di occupazione; per non parlare poi della recente richiesta della Bundensbank di innalzare l'età per la pensione a 68,5 anni. Ma, considerato che di questi tempi il capitale è interessato solamente al materiale umano giovane adatto alla valorizzazione, questa misura porterà soprattutto ad un maggior assenteismo e, di conseguenza, ad un aggravamento della povertà nella vecchiaia.
Tuttavia, anche per il lontano futuro, non si può contare sul fatto che la diminuzione della natalità possa causare una mancanza di manodopera. La diminuzione del potere d'acquisto implica la diminuzione della produzione, e la minore offerta di manodopera verrà compensata dalla razionalizzazione tecnologica che è ancora ben lontana dall'essersi esaurita. Dal momento che il sistema di contribuzione per le pensioni dipende dalla capacità del processo di valorizzazione di creare occupazione di massa, il capitalismo ritorna alla brutalizzazione contro i pensionati. Il messaggio lanciato dall'ex presidente federale, Herzog, contro una "democrazia dei pensionati", secondo cui "i più anziani depredano letteralmente i più giovani", segue tale logica e pretende di mettere i giovani poveri contro gli anziani poveri. E' ormai da molto tempo che il potenziale materiale di ricchezza è in grado di garantire beni alimentari e culturali sufficienti per tutti. Ma, dal momento che anche l'ultimo pezzo di pane deve passare attraverso un'efficace valorizzazione del denaro, il capitalismo, in questo senso, non ha futuro.
- Robert Kurz - Pubblicato su Neues Deutschland del 25/4/2008 -
fonte: EXIT!

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua