giovedì 5 settembre 2013

La lotta di classe...di Simone Cumbo, Umbrialeft.it



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La sinistra del PD, la sinistra di SEL, la sinistra sindacale...impropriamente la parola sinistra viene associata, con un certo fastidio, a qualcosa di arcaico, vecchio, o a definizioni “di moda” nel panorama politico come “nuova sinistra” associata alla parola “nuovi diritti”, ovvero ad un generico, e scontato, “più per tutti”...
Eppure ha ancora un senso profondo, una storia da preservare e custodire, ha smosso coscienze nei secoli e scuote, che piaccia o meno a giornalisti e politici “nuovisti”, le vite di milioni di cittadini in tutto il continente...
Ma facciamo chiarezza: non esiste una sinistra del PD.  I vari congressi che si sono succeduti negli anni, hanno proiettato il PD verso una dimensione “americana” e decretato la parola fine a qualsiasi idea e prospettiva di sinistra. Solo il personale politico è rimasto lo stesso e per “sdoganarsi” davanti al nuovo che avanza, ha dovuto rinnegare la propria storia.  Gli esempi sono molteplici; dalle guerre coloniali che si sono succedute, da quella Jugoslava  a quella tragedia immane che è l'Iraq, alle politiche monetarie ed economiche liberiste, al recente governo delle Larghe Intese. Trovare un “qualcosa di sinistra” è, checché ne dica il ministro PD Franceschini, compito da microbiologi!
Esistono sensibilità minoritarie, come quella di Civati, Marino e pochi altri che cercano di promuovere un dibattito altro e su altre prospettive, ma sono sensibilità individuali rispettabili ma che non hanno nessun peso politico dentro quel partito...
E poi c'è Renzi, espressione di quel “rampatismo progressita” che piace alle masse, così si dice, che parla un linguaggio nuovo e che indubbiamente intercetta un generico desiderio di cambiamento. Ma cosa c'entra con la sinistra? Nulla, e non devono stupire le parole di Gennaro Migliore, uno dei massimi dirigenti di SEL, che ha dichiarato: “Matteo Renzi è oggi  l'unico che intercetta le istanze del progressismo, contro il conservatorismo». A Migliore va il merito di aver fatto chiarezza: progressismo contro conservatorismo, ovvero un indistinto “progressismo” molto in voga in Inghilterra (Tony Blair) e in America (Clinton, Obama...), dove qualsiasi riferimento a istanze di sinistra, viene visto come fumo negli occhi! 
Accanto a ciò una minoritaria sinistra di governo proverà, con scarsi risultati, come la storia politica degli ultimi anni ci ha insegnato, a mitigare misure economiche, ambientali, di politica estere.  Ovvero si dirà no alla guerra ma se lo dice l'ONU si può anche farla!  In altre parole, un po' di sinistra dentro un quadro politico liberista...
Ma la sinistra è altra cosa! Pace e guerra, ambiente e capitale, lavoro e diritti...qualsiasi sinistra degna di questo nome non può che ri-partire da qui...
Un grande intellettuale e poeta troppo presto dimenticato come Edoardo Sanguineti lo ha scritto in maniera mirabile...
“Credo che la Sinistra che voglia proclamarsi Sinistra debba rivolgersi nuovamente al proletariato, e parlare chiaramente del fatto che viviamo in una Nazione in cui esiste - come in tutte le nazioni - una massa enorme di proletari che debbono riappropriarsi della coscienza di classe. Questo è il compito della Sinistra perché, piaccia o dispiaccia, dopo Marx ed Engels c'è solo una Sinistra, le altre sono Sinistre per modo di dire. C'è la Sinistra alla Blair, tanto per capirci. La sinistra di un guerrafondaio aperto, che ha falsificato documenti e copiato Internet, per legittimare le sue scelte. Mentre oggi purtroppo la coscienza di classe appartiene in esclusiva e da tempo ai borghesi, ai capitalisti. I quali tranquillamente sanno di essere borghesi e capitalisti e perciò difendono i valori dell'impresa, del profitto. Di contro, per la Sinistra non esistono più proletari, laddove il numero del proletariato effettivo è aumentato.
Fino a un paio di decenni fa le distinzioni di classe erano molto evidenti, e per questo anche la coscienza di classe era più viva. Il proletariato sapeva di essere subordinato ai datori di lavoro, e al tempo stesso sapeva che la sua consapevolezza poteva servire in qualche modo da modello e da stimolo nei confronti di altre classi di lavoratori. Poi progressivamente, dopo le difficoltà del dopoguerra, il benessere sempre più diffuso ha fatto crescere i ceti medi, in cui la coscienza di classe è più attenuata. Ricordo a questo proposito ciò che risposi in quegli anni a un professore che mi confessava di non sapere a quale classe appartenesse. “Quando lei insegna e il suo lavoro è ricompensato - gli dissi - lei è un lavoratore dipendente e in un buona sostanza appartiene al proletariato. Se però possiede due o tre alloggi e li affitta, allora smette di essere proletario e diventa in qualche modo classe dominante...”.
Ripartite da qui per ri-costruire una prospettiva di cambiamento non più ineluttabile...

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