La sinistra del PD, la sinistra di SEL, la sinistra
sindacale...impropriamente la parola sinistra viene associata, con un
certo fastidio, a qualcosa di arcaico, vecchio, o a definizioni “di
moda” nel panorama politico come “nuova sinistra” associata alla parola
“nuovi diritti”, ovvero ad un generico, e scontato, “più per tutti”...
Eppure ha ancora un senso profondo, una storia da preservare e
custodire, ha smosso coscienze nei secoli e scuote, che piaccia o meno a
giornalisti e politici “nuovisti”, le vite di milioni di cittadini in
tutto il continente...
Ma facciamo chiarezza: non esiste una sinistra del PD. I vari
congressi che si sono succeduti negli anni, hanno proiettato il PD verso
una dimensione “americana” e decretato la parola fine a qualsiasi idea e
prospettiva di sinistra. Solo il personale politico è rimasto lo stesso
e per “sdoganarsi” davanti al nuovo che avanza, ha dovuto rinnegare la
propria storia. Gli esempi sono molteplici; dalle guerre coloniali che
si sono succedute, da quella Jugoslava a quella tragedia immane che è
l'Iraq, alle politiche monetarie ed economiche liberiste, al recente
governo delle Larghe Intese. Trovare un “qualcosa di sinistra” è,
checché ne dica il ministro PD Franceschini, compito da microbiologi!
Esistono sensibilità minoritarie, come quella di Civati, Marino e
pochi altri che cercano di promuovere un dibattito altro e su altre
prospettive, ma sono sensibilità individuali rispettabili ma che non
hanno nessun peso politico dentro quel partito...
E poi c'è Renzi, espressione di quel “rampatismo progressita” che
piace alle masse, così si dice, che parla un linguaggio nuovo e che
indubbiamente intercetta un generico desiderio di cambiamento. Ma cosa
c'entra con la sinistra? Nulla, e non devono stupire le parole di
Gennaro Migliore, uno dei massimi dirigenti di SEL, che ha dichiarato:
“Matteo Renzi è oggi l'unico che intercetta le istanze del
progressismo, contro il conservatorismo». A Migliore va il merito di
aver fatto chiarezza: progressismo contro conservatorismo, ovvero un
indistinto “progressismo” molto in voga in Inghilterra (Tony Blair) e in
America (Clinton, Obama...), dove qualsiasi riferimento a istanze di
sinistra, viene visto come fumo negli occhi!
Accanto a ciò una minoritaria sinistra di governo proverà, con scarsi
risultati, come la storia politica degli ultimi anni ci ha insegnato, a
mitigare misure economiche, ambientali, di politica estere. Ovvero si
dirà no alla guerra ma se lo dice l'ONU si può anche farla! In altre
parole, un po' di sinistra dentro un quadro politico liberista...
Ma la sinistra è altra cosa! Pace e guerra, ambiente e capitale,
lavoro e diritti...qualsiasi sinistra degna di questo nome non può che
ri-partire da qui...
Un grande intellettuale e poeta troppo presto dimenticato come Edoardo Sanguineti lo ha scritto in maniera mirabile...
“Credo che la Sinistra che voglia proclamarsi Sinistra debba
rivolgersi nuovamente al proletariato, e parlare chiaramente del fatto
che viviamo in una Nazione in cui esiste - come in tutte le nazioni -
una massa enorme di proletari che debbono riappropriarsi della coscienza
di classe. Questo è il compito della Sinistra perché, piaccia o
dispiaccia, dopo Marx ed Engels c'è solo una Sinistra, le altre sono
Sinistre per modo di dire. C'è la Sinistra alla Blair, tanto per
capirci. La sinistra di un guerrafondaio aperto, che ha falsificato
documenti e copiato Internet, per legittimare le sue scelte. Mentre oggi
purtroppo la coscienza di classe appartiene in esclusiva e da tempo ai
borghesi, ai capitalisti. I quali tranquillamente sanno di essere
borghesi e capitalisti e perciò difendono i valori dell'impresa, del
profitto. Di contro, per la Sinistra non esistono più proletari, laddove
il numero del proletariato effettivo è aumentato.
Fino a un paio di decenni fa le distinzioni di classe erano molto evidenti, e per questo anche la coscienza di classe era più viva. Il proletariato sapeva di essere subordinato ai datori di lavoro, e al tempo stesso sapeva che la sua consapevolezza poteva servire in qualche modo da modello e da stimolo nei confronti di altre classi di lavoratori. Poi progressivamente, dopo le difficoltà del dopoguerra, il benessere sempre più diffuso ha fatto crescere i ceti medi, in cui la coscienza di classe è più attenuata. Ricordo a questo proposito ciò che risposi in quegli anni a un professore che mi confessava di non sapere a quale classe appartenesse. “Quando lei insegna e il suo lavoro è ricompensato - gli dissi - lei è un lavoratore dipendente e in un buona sostanza appartiene al proletariato. Se però possiede due o tre alloggi e li affitta, allora smette di essere proletario e diventa in qualche modo classe dominante...”.
Fino a un paio di decenni fa le distinzioni di classe erano molto evidenti, e per questo anche la coscienza di classe era più viva. Il proletariato sapeva di essere subordinato ai datori di lavoro, e al tempo stesso sapeva che la sua consapevolezza poteva servire in qualche modo da modello e da stimolo nei confronti di altre classi di lavoratori. Poi progressivamente, dopo le difficoltà del dopoguerra, il benessere sempre più diffuso ha fatto crescere i ceti medi, in cui la coscienza di classe è più attenuata. Ricordo a questo proposito ciò che risposi in quegli anni a un professore che mi confessava di non sapere a quale classe appartenesse. “Quando lei insegna e il suo lavoro è ricompensato - gli dissi - lei è un lavoratore dipendente e in un buona sostanza appartiene al proletariato. Se però possiede due o tre alloggi e li affitta, allora smette di essere proletario e diventa in qualche modo classe dominante...”.
Ripartite da qui per ri-costruire una prospettiva di cambiamento non più ineluttabile...
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