La nuova beffa firmata Renzi: volete la pensione? Pagatevela. E pure con gli interessi...Si torna a parlare di pensioni. Stavolta per annunciare "flessibilità", nome in codice che significa fregatura. L'ennesima.
Lorsignori
hanno scoperto l'acqua calda: aumentare a dismisura l'età pensionabile
porta ad un aumento della disoccupazione giovanile. Strano, avremmo
detto tutti il contrario...
Quattro notizie in tre giorni hanno
riportato il tema previdenziale alla ribalta. La prima: secondo il
presidente dell'Inps Boeri i nati nel 1980 rischiano di andare in pensione a 75 (settantacinque) anni.
La seconda: a causa dei nuovi scalini scattati per le donne (legge
Fornero) e dei calcoli Istat sulla "speranza di vita" (legge Dini), nel
primo trimestre 2016 i pensionamenti sono diminuiti (rispetto allo stesso periodo del 2015) del 34,5%.
La terza: nello stesso trimestre il valore medio mensile delle pensioni
dei lavoratori dipendenti è sceso di ben 72 euro, passando dai 1.236
euro (ovviamente lordi) del 2015 agli attuali 1.164.
La quarta, di cui
ci occuperemo in questo articolo, è che il governo sta studiando la
cosiddetta "flessibilità" in materia pensionistica.
Insomma, si va
in pensione sempre più tardi e con un assegni previdenziali sempre più
poveri. Dov'è la notizia? Non sapevamo tutti che è esattamente questo il
futuro disegnato per gli anziani da un ventennio di controriforme,
diciamo da Amato a Monti? Certo che è così, e per la verità il peggio
deve ancora venire, come ha dovuto ammettere Boeri parlando della «paura della classe politica»
a far conoscere agli italiani - con le cosiddette "buste arancioni" -
le stime del loro estratto conto contributivo e la loro prevedibile data
d'uscita.
Andare
verso una massa crescente di anziani poveri, in una società che
invecchia e sempre più priva delle tradizionali reti di solidarietà
familiare, non è solo un crimine, è anche una follia. Che si cominci a
prenderne coscienza - peraltro senza riconoscerlo apertamente - con
vent'anni di ritardo, grida semplicemente vendetta. Chi, come noi, si è
sempre opposto alla logica antisociale delle tante "riforme"
taglia-pensioni, ha sempre denunciato non solo le conseguenze immediate,
ma ancor di più quelle di una prospettiva futura che definire cupa è
troppo poco.
Ma veniamo a quel che bolle in pentola dalle parti di
Palazzo Chigi. Anche nei piani alti del potere, da qualche tempo si
comincia ad ammettere - ma guarda un po'! - che lo spropositato aumento
dell'età pensionabile, decretato in particolare dalle norme della "Legge
Fornero", ha come contraltare l'aumento della disoccupazione giovanile.
Se gli anziani non escono dal mercato del lavoro, come possono i
giovani entrarvi?
Che una simile banalità venga annunciata adesso
quasi fosse una scoperta dovuta a lunghi studi, è una cosa che fa solo
prudere le mani. Ma, dirà l'ingenuo che è in ognuno di noi: meglio tardi
che mai! E invece no. Perché nelle misure in preparazione non c'è
nulla, ma proprio nulla di buono. E invece che chiudere un occhio sul
passato sarà bene aprirli tutti e due sul presente e sul futuro.
Per
ora non c'è nulla di preciso. Secondo una tecnica ben collaudata si
fanno uscire ipotesi, si analizzano le risposte, si misurano le
reazioni. Poi, passo dopo passo, si arriverà alle misure concrete, da
inserirsi con ogni probabilità nella prossima Legge di Stabilità.
L'idea
di fondo è quella di permettere, ad una platea di lavoratori
attualmente non ancora definita, un'uscita anticipata rispetto alla
maturazione del diritto a pensione in base alla legislazione vigente.
Secondo alcune ipotesi la misura potrebbe riguardare solo precise
categorie (lavoratori in esubero per crisi aziendali, disoccupati over
62, soggetti impiegati in attività usuranti); secondo un'altra ipotesi,
invece, la norma potrebbe essere applicata (sembrerebbe quindi su base
volontaria) a tutti i lavoratori che si trovano a 2/3 anni dal
raggiungimento dell'età pensionabile.
Dice: che bello, finalmente
si potrà anticipare un po' il momento della pensione! Peccato che il
costo dell'operazione (ed anzi qualcosa di più) sia tutto a carico del
lavoratore.
Oggi la "fantasia al potere" non è quella immaginata
nel 1968, bensì quella dei peggiori trucchi della finanza. Esattamente
quella evocata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso
Nannicini, che ha parlato di «sforzo creativo» per motivare il coinvolgimento delle banche nell'attivazione della mitica "flessibilità". Da notare che il creativo Nannicini
sa bene di cosa sta parlando, visto che Renzi lo ha messo alla guida
della cosiddetta "cabina di regia" che ha in mano il dossier
pensionistico.
L'idea è molto semplice. Vuoi anticipare la tua
pensione? Te la paghi per intero, anzi un bel po' di più, vista la
penalizzazione, più il pagamento degli interessi alla banca che ti ha
finanziato l'anticipo.
Ecco come ci parla del meccanismo in preparazione la Repubblica del 20 aprile:
«Un
lavoratore al quale mancano due o tre anni all'età della quiescenza
potrebbe chiedere all'Inps di calcolargli l'importo della pensione con
una penalizzazione che - secondo il ragionamento dei tecnici - potrebbe
arrivare al 3-4 per cento per ogni anno di anticipo. L'assegno, fino al
compimento dell'età per la pensione di vecchiaia, verrebbe erogato da
una banca come fosse un prestito. L'Inps agirebbe solo da garante del
prestito. Una volta raggiunta l'età pensionabile, l'assegno verrebbe
pagato dall'Inps e il lavoratore comincerebbe a restituire a rate il
prestito delle banche. Per questa soluzione, che non avrebbe impatto sui
conti pubblici, servirebbe preventivamente un accordo tra il governo (o
l'Inps) e l'Abi, l'associazione delle banche».
Chiaro?
Fin troppo, direi. Primo, il lavoratore che vorrà anticipare la
quiescenza si pagherà per intero (restituendolo a rate) il valore della
pensione percepita nel periodo di "anticipo" della stessa. Secondo, egli
pagherà una pesante penalizzazione (3-4%) per ogni anno di anticipo,
più gli interessi dovuti alla banca. Terzo, le banche si ritroverebbero
con una massa non disprezzabile di prestiti totalmente garantiti
dall'Inps, e dunque a rischio zero.
Avete capito il capolavoro che si sta preparando?
Da
quel che si legge sui giornali non è chiaro se la penalizzazione
rappresenti una quota di quanto il pensionato dovrà restituire alla
banca, oppure sia invece una decurtazione aggiuntiva a se stante.
L'esperienza ci dice che l'ipotesi peggiore è quasi sempre quella più
vicina alla realtà, ma anche volendo essere ottimisti i costi per il
pensionato "anticipato" si presentano in ogni caso pesantissimi.
Facciamo
l'esempio di un lavoratore che voglia lasciare l'attività due anni
prima della scadenza legale. Avendo davanti una speranza di vita di
circa vent'anni, i due anni di anticipo gli costerebbero una
decurtazione del 10% del valore della pensione vita natural durante.
Questo senza calcolare gli interessi ed ipotizzando - come detto - che
non vi siano ulteriori penalizzazioni. Se invece volessimo calcolare il
tutto con gli interessi e le probabili penalizzazioni arriveremmo alla
fine ad una pensione tagliata di circa il 20%.
Quanti lavoratori
potranno eventualmente permetterselo? Quanti sceglierebbero
volontariamente una simile soluzione? Pochi, decisamente pochi. Due sono
le categorie di lavoratori che potrebbero fare una simile scelta. In
primo luogo, quelli sufficientemente benestanti per potersi permettere
un simile taglio. In secondo luogo, quelli spinti da precise esigenze
familiari, come ad esempio la necessità di assistere in maniera più o
meno continuativa un familiare non più autosufficiente.
Nel primo
caso va però tenuto presente che i lavoratori con reddito più alto sono
quelli che svolgono lavori meno pesanti e più gratificanti, di
conseguenza sono anche quelli meno propensi ad andare in pensione.
All'opposto - nel secondo caso - i lavoratori interessati sono quelli
che non possono permettersi altre forme di assistenza (ad esempio una
badante), e che dunque potrebbero ben difficilmente sopportare un taglio
così pesante della propria pensione.
Vedremo alla fine quale sarà
la strada scelta, ma in queste condizioni di anticipi volontari ce ne
saranno di sicuro pochi. Una "flessibilità" completamente scaricata
sulle tasche dei futuri pensionati non può certo funzionare. Il fatto è
che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. E dunque la
contraddizione tra un riequilibrio dell'età pensionabile - visto con
favore anche da lorsignori, altro non fosse perché le aziende non
vogliono maestranze troppo anziane - e il rigore delle politiche di
bilancio è semplicemente irrisolvibile.
L'aspetto criminale
dell'austerità pensionistica sta nel non voler far crescere in alcun
modo, cercando semmai di diminuirla, la quota di Pil destinata al
sistema previdenziale. Ora, se io destino una quota fissa della
ricchezza nazionale ad una platea per motivi demografici
irrimediabilmente in crescita, è evidente che i componenti di quella
platea non potranno che impoverirsi sempre più. Eppure, il rifiuto di
accrescere la suddetta quota è un dogma intangibile per i liberisti di
tutte le latitudini. Per quelli europei, visti i precetti della
religione eurista, lo è ancor di più.
In
questo quadro la "flessibilità" di Renzi non poteva certo fare
eccezione. Ma questa rigidità sulle regole di bilancio implica il
fallimento sostanziale dell'operazione. Che, anche per questo, si
concentrerà probabilmente sulle categorie più deboli che abbiamo già
citato (esuberi, disoccupati anziani, addetti a lavori usuranti).
Categorie sotto ricatto, impossibilitate a scegliere, costrette ad
accettare i costi della trovata renziana.
Netto dev'essere dunque
il giudizio politico. Sempre di più, quello attuale si conferma come il
governo delle grande finanza. Di fatto Renzi chiede ai lavoratori non di
andare in pensione, bensì di andare in banca per ottenere un prestito
da restituire con gli interessi. Una porcata che non ha bisogno di altri
commenti. Un regalo senza rischi per i banchieri, visto che la rata
verrà detratta direttamente dall'Inps.
Ma c'è di più. C'è che si
vuol dare un'altra picconata al sistema previdenziale pubblico, per
andare sempre più verso una pensione fai da te. Visto che la previdenza
integrativa gli ha funzionato solo in parte - i lavoratori non sono cosi
stupidi come lorsignori se li immaginano -, ecco che ci riprovano con
la "flessibilità".
Il detto dice che "al peggio non c'è limite". E quasi sempre è così. Con Renzi e la sua cricca possiamo togliere il "quasi".
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