La mafia cos’è? “Non
me lo sono mai chiesto, non so cosa sia. Oggi la mafia può essere tutto
e nulla. Omicidi e traffico di droga non sono soltanto della mafia”. Parole, opere e omissioni di Giuseppe Riina detto Salvo, figlio di Totò. Non ci voleva molto a immaginare che sarebbe stata la polemica del giorno (ne ho scritto qui, ieri, ricordate?) eppure da noi l’indignazione arriva solo un centimetro prima dell’odore della vergogna.
Comunque: la trasmissione c’è stata e il mafioso Riina (eh,
sì, condannato per mafia, come suo padre Totò) ha avuto la possibilità
di darci la sua pervertita visione del mondo. “Un figlio può giudicare suo padre, ma se lo deve tenere per sé, non può andare in giro a dirlo in pubblico, – dice a Bruno Vespa –
Per me lo Stato è l’entità in cui vivo, questo per me è lo Stato. Io
rispetto lo Stato, l’ho sempre rispettato, magari non condivido
determinate leggi o sentenze. Se condivido l’arresto di mio padre? No,
perché è mio padre. A me hanno tolto mio padre.” Falso, caro Salvo: tuo padre ha tolto a noi un pezzo di Stato. E se non rispetti le leggi e le sentenze sei un vigliacco.
“Io non giudico Falcone e Borsellino.- ha dichiarato sulla prima
rete nazionale – Qualsiasi cosa io dico sarebbe strumentalizzata. Se io
esterno un parere su queste persone viene strumentalizzato, io ho sempre
rispetto per i morti, per tutti”. Falso: qualsiasi cosa dica
sarebbe solo un rivolo di sangue che gocciola dai denti di tuo padre. Io
non ho rispetto per i morti: i mafiosi morti sono mafiosi e morti, uno
stronzo è un morto che è stato stronzo, tuo padre ad esempio non lo si
rispetta nemmeno da vivo, per dire. E il problema che la famiglia Riina ha con l’Italia non sono i morti: sono i vivi che ha fatto ammazzare.
“Noi solitamente – continua – uscivamo con la nostra compagnia e
sentimmo un sacco di ambulanze, spesso se ne sentivano, ma questa volta
c’era un viavai di ambulanze e auto della polizia che andavano verso
Capaci. Ci dissero che avevano ucciso Giovanni Falcone. Restammo tutti
ammutoliti, poi tornammo a casa e c’era mio padre che guardava il tg.
Non mi venne mai il sospetto che mio padre era dietro gli attentati”. Bene: e invece è stato lui. Niente da dire?
“Solo in Italia succede ciò. In tanti altri Paesi democratici non
succede che un pentito che dice di aver commesso centinaia di
omicidi non fa neanche un giorno di carcere. Poi accusano le persone, le
mandano in carcere poi tornano a fare quello che facevano prima. Si
poteva scegliere di fa scontare un minimo delle cose che avevano fatto”.
Falso: il problema di questo Paese sono gli omertosi e tu sei della
peggior specie: di quelli che parlano d’altro per omettere.
“Per noi non era normale ma non ci siamo mai chiesti perché non
ce le facevano queste domande, eravamo una sorta di famiglia diversa,
abbiamo sempre vissuto un po questa vita diversa dagli altri. L’arresto
mio padre è stato uno spartito. C’era – ci ha raccontato con voce da Mulino Bianco –
una sorta di tacito accordo familiare, noi eravamo bambini particolari,
il nostro contesto era diverso, abbiamo vissuto anche in maniera
piacevole, nella sua complessità è stato come dire un gioco”. Siete bambini particolari, vero: siete figli di quella che Peppino Impastato chiamava “montagna di merda”. Della stessa pasta.
Fine puntata. Vespa ha leccato di tutto, digerirà anche questa.
Buon giovedì.
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