Undici ex presidenti della Consulta e cinque vice insieme a molti altri prestigiosi giuristi si schierano contro la legge Renzi-Boschi. Un appello che non vuol confondersi con quello dei colleghi del comitato referendario, ma che approda alle stesse conclusioni
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«Appannamento» non è «stravolgimento», ma quel che conta è che questo appello «moderato» è un altro appello per il No al referendum, firmato da giuristi tra i più autorevoli. Undici ex presidenti della Corte costituzionale e cinque ex vicepresidenti. Tra loro professori di chiara fama come Amirante, Casavola, De Siervo, Flick e i promotori dell’iniziativa, Valerio Onida ed Enzo Cheli. Con loro anche Dogliani, Lanchester e D’Andrea. Ma soprattutto tre costituzionalisti che sono a pieno titolo nel comitato per il No al referendum costituzionale, autore di appelli anche più netti contro la riforma: Lorenza Carlassare, Paolo Maddalena e Gustavo Zagrebelsky che del comitato è presidente onorario.
E così la notizia è accolta assai bene
tra chi in questi giorni sta cominciando a raccogliere le firme perché
siano anche i cittadini a chiedere il referendum sulla legge di
revisione costituzionale, con ragionamenti del tipo «marciamo divisi per
colpire uniti». L’appello «Onida-Cheli» è infatti modulato su toni
dialoganti. Ma in definitiva le «previsioni normative che meritano di
essere guardate con favore» che si sforza di rintracciare nella legge
Renzi-Boschi sono poca cosa: «La restrizione del potere del governo di
adottare decreti legge», che però non è altro che la trasposizione di
quanto già previsto dalla legge dell’88 sulla presidenza del Consiglio. E
il controllo preventivo di costituzionalità delle leggi elettorali che
però – devono aggiungere i giuristi «moderati» – «in alcuni di noi
suscita perplessità».
Di ben altro tenore le critiche. Critiche al modo in cui la legge è stata approvata, a colpi di «maggioranza peraltro variabile e ondeggiante» e come «una legge qualsiasi … espressione di un indirizzo di governo». E al merito, visto che il superamento del bicameralismo «è stato perseguito in modo incoerente e sbagliato», e che le regioni sono ridimensionate al rango di «organismi privi di reale autonomia». Circostanza che non fa che riprodurre i «rischi di incertezza e conflitti» con lo stato centrale. Ma soprattutto il nuovo appello batte sull’identico tasto fin qui battuto dal comitato del No al referendum (cui non a caso si affianca un comitato del Sì che raccoglie le firme per abrogare la legge elettorale): il nuovo senato «estremamente indebolito» e la nuova camera eletta con l’Italicum «a forte effetto maggioritario» messi insieme possono portare gli «organi di garanzia» come il presidente della Repubblica e il Csm «nella sfera di influenza dominante del governo». Che tutto questo «appanni» o «stravolga» i principi fondamentali della Costituzione, in fondo, è questione di sfumature.
Quello che conta è il «peso specifico» del nuovo elenco di costituzionalisti contrari alla riforma. Che si aggiungono ai tanti del comitato del no (Pace, Rodotà, Ferrara, Azzariti, Rescigno, Villone, Volpi, Bilancia e De Fiores). Per Renzi e Boschi impegnati ad arruolare i comitati del Sì – mercoledì la ministra presenterà la riforma con l’ex presidente della Consulta Cassese e il giudice in carica Amato – sarà difficile, impossibile bilanciare il piatto.
Andrea Fabozzi - il manifesto Di ben altro tenore le critiche. Critiche al modo in cui la legge è stata approvata, a colpi di «maggioranza peraltro variabile e ondeggiante» e come «una legge qualsiasi … espressione di un indirizzo di governo». E al merito, visto che il superamento del bicameralismo «è stato perseguito in modo incoerente e sbagliato», e che le regioni sono ridimensionate al rango di «organismi privi di reale autonomia». Circostanza che non fa che riprodurre i «rischi di incertezza e conflitti» con lo stato centrale. Ma soprattutto il nuovo appello batte sull’identico tasto fin qui battuto dal comitato del No al referendum (cui non a caso si affianca un comitato del Sì che raccoglie le firme per abrogare la legge elettorale): il nuovo senato «estremamente indebolito» e la nuova camera eletta con l’Italicum «a forte effetto maggioritario» messi insieme possono portare gli «organi di garanzia» come il presidente della Repubblica e il Csm «nella sfera di influenza dominante del governo». Che tutto questo «appanni» o «stravolga» i principi fondamentali della Costituzione, in fondo, è questione di sfumature.
Quello che conta è il «peso specifico» del nuovo elenco di costituzionalisti contrari alla riforma. Che si aggiungono ai tanti del comitato del no (Pace, Rodotà, Ferrara, Azzariti, Rescigno, Villone, Volpi, Bilancia e De Fiores). Per Renzi e Boschi impegnati ad arruolare i comitati del Sì – mercoledì la ministra presenterà la riforma con l’ex presidente della Consulta Cassese e il giudice in carica Amato – sarà difficile, impossibile bilanciare il piatto.
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