martedì 24 gennaio 2017

Intervista a Ferrero su il Manifesto: «Non farò il segretario, ma la linea resta»


Intervista a Ferrero su il Manifesto: «Non farò il segretario, ma la linea resta»
Il segretario lascia il vertice Prc dopo dieci anni. «Sono a disposizione. La sinistra non ripeta gli errori, non basta un cartello elettorale. 5 stelle sono cresciuti dagli errori della sinistra, nel governo Prodi abbiamo aperto una prateria. Il guaio non fu la lista Arcobaleno, come si continua a ripetere. Il nuovo percorso deve partire subito. Aspettare la data del voto per fare in gran fretta una lista con i soliti bilancini stavolta porterebbe al disastro»
Di Daniela Preziosi -
 
Paolo Ferrero, lei è segretario del Partito della rifondazione comunista dal 2008. Al congresso di marzo si ricandida per la quarta volta?
No. Proporrò di cambiare.
Pronto a ripensarci se i delegati glielo chiedono?
Oggi ci sono tutte le condizioni per il ricambio. Fin qui c’era chi chiedeva di cambiare il segretario volendo in realtà cambiare linea. Per questo non ho mollato. Oggi invece il 70 per cento del comitato politico ha votato in sintonia totale, fra noi non c’è mai stata una maggioranza così. Oggi si può cambiare senza rischio di cambiare linea.
Eppure lei è stato un segretario di minoranza.
Il mio indirizzo è oggi ampiamente maggioritario: un partito comunista senza nostalgie e che vuole costruire un soggetto della sinistra antiliberista.
Indicherà il prossimo segretario e/o segretaria?
No, non siamo una monarchia. C’è un gruppo dirigente perfettamente in grado di esprimere la successione. Io resto completamente a disposizione. Sarò il primo ex segretario del Prc che resterà nel partito.
Dalla segreteria di Bertinotti a ministro di Prodi a feroce avversario del centrosinistra. È stato un uomo per tutte le stagioni?
No, non ho rivendicato di aver sempre avuto ragione. Ho sbagliato ad andare al governo. l’ho ammesso, ci abbiamo fatto un congresso, abbiamo cambiato indirizzo. Fare il ministro è stata una svolta decisiva. Ci ho provato fino in fondo ma ho verificato l’impossibilità di spostare dall’interno il centrosinistra. Che era quello di Prodi e Bersani, molto più a sinistra del Pd attuale. Lì ho verificato che c’è un polo liberiste, quello della grande coalizione, e un altro polo liberista ma nazionalista e razzista. Noi dobbiamo costruire un terzo polo antiliberista. Tutti si basano sull’assunto che i soldi non ci sono. Tesi falsa in radice. I 20 miliardi per le banche ci hanno messo 20 minuti a trovarli. Il terzo polo deve dire: la ricchezza c’è, va usata per il popolo.
Il terzo polo in Italia c’è già, sono i 5 stelle.
Loro sono un terzo polo geometrico, non politico. La richiesta dell’adesione all’Alde lo dimostra.
Eppure la sconfitta storica della sinistra, oggi, è aver consegnato i suoi voti ai 5 stelle.
I 5 stelle sono nati e cresciuti dagli errori della sinistra, a partire dal governo Prodi. Lì abbiamo distrutto buona parte del nostro capitale simbolico e aperto una prateria. Il guaio non fu la lista Arcobaleno, come si continua a ripetere. Oggi M5S non è però in grado di avanzare proposte alternative. La stessa sindaca Appendino non ha grosse differenze con Fassino. I 5 stelle sono un parcheggio per i voti della sinistra. Se mettiamo in piedi una sinistra credibile li recupereremo.
Però lei a Roma ha fatto votare Virginia Raggi.
Perché se Renzi prendeva una botta alle amministrative era più facile sconfiggerlo al referendum.
Allora perché a Milano avete votato Sala?
Il Prc a Milano non ha dato indicazione di voto.
Torniamo all’irriformabilità del Pd. Ora anche Bertinotti e Vendola, usciti dal Prc nel 2008, la pensano come lei. È una sua vittoria egemonica, per dirla con Gramsci?
(Ride). Adesso l’importante è costruire il polo antiliberista. Certo Era meglio non rompere Rifondazione e fare tutti insieme la battaglia, i 5 stelle non sarebbero arrivati dove sono.
Di fatto ha vinto anche la sua eterna idea di soggetto della sinistra antiliberista. Finirete a fare un cartello elettorale con Sinistra italiana e Civati.
Il Prc non propone affatto un cartello elettorale ma un soggetto che funzioni una testa un voto, a cui ci si iscriva individualmente con la possibilità di avere la doppia tessera con i partiti che non si presentino alle elezioni. Un soggetto costruito su basi programmatiche e non ideologiche, che vada dai comunisti agli estimatori di papa Francesco, cattolici e non.
Dal ’90 i dirigenti di questa sinistra sono sempre gli stessi. Avete un evidente problema di ricambio e di classe dirigente?
L’idea della rottamazione è una scusa per andare a destra, da Occhetto a Renzi, ed io la contrasto. Ma mi dica: avrebbe fatto questa domanda ai tempi del Pci? Le classi dirigenti non si fanno in un mattino. In un mattino si fanno i teatranti con un copione scritto da altri, da Renzi ai portavoce dei 5 stelle. Detto questo c’è un problema di cambiamento. Servono volti non segnati dalle divisioni dell’ultimo ventennio.
Nel vostro futuro c’è De Magistris?
Certamente sì, ma dico a lui, e a Sinistra italiana, che ciascuno è indispensabile ma nessuno non può dire ’la sinistra sono io’: occorre un percorso unitario, e deve partire subito. aspettare il voto per fare una lista con i soliti bilancini porterebbe al disastro.
L’Altra Europa in effetti non ha fatto una bella riuscita.
È stata un’esperienza positiva. Ma quello che è successo dopo segnala che era debole nella costruzione. Serve una procedura larga e democratica, serve un soggetto politico unitario.
Al posto di Tsipras sarebbe sceso a patti con l’Europa?
La risposta sarebbe lunga e complessa. Ma una cosa è chiara per me: Alexis ha resistito, e non ha tradito.

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