Car@
compagn@, questo Comitato Politico Nazionale ha come punto fondamentale
di discussione i nodi congressuali e di questo parlerò nella seconda
parte della relazione. Nella prima parte mi limiterò a fare il punto
sulle novità politiche delle ultime settimane.
La situazione che stiamo vivendo è
connotata dalla magnifica vittoria che abbiamo ottenuto nel referendum.
Questa costituisce uno spartiacque decisivo sia sul piano generale dei
rapporti di forza – essere riusciti a mantenere la Costituzione nata
dalla Resistenza contro il tentativo di scardinamento prodotto dal
governo Renzi – ma anche per gli effetti politici immediati che questo
risultato ha avuto, sia nel corpo del paese, sia dentro l’establishment.
I referendum
In questo quadro, la Corte Costituzionale ha deciso di impedire al popolo italiano di votare sull’ articolo 18.
Si tratta di una scelta puramente
politica: che la Corte abbia bocciato l’ammissibilità di un referendum
che ha un tasso di manipolazione inferiore a quello dei quesiti che sono
stati accettati dalla Corte nel 2003, costituisce un fatto gravissimo,
privo di qualsiasi logica giuridica e guidato unicamente dalla scelta
politica di affossare i referendum presentati dalla CGIL. E’ bene
ricordare come nel 2003 il quesito approvato dalla corte da un lato
interveniva su tre leggi e dall’altro toglieva qualunque soglia minima
per applicare lo statuto dei lavoratori. Il quesito bocciato oggi dalla
corte interviene solo su due leggi e lascia la soglia minima di 5
dipendenti che è già contenuto nel testo della legge 300.
Due sono i versanti da cui analizzare questa scelta politica della Corte:
Quello principale è il fatto che al
popolo italiano non gli viene permesso di esprimersi sull’articolo 18.
Dopo la sconfitta che il governo ha avuto sulla Costituzione, il
tentativo che è in corso è quello di impedire al popolo di pronunciarsi
direttamente sulle questioni importanti. Non a caso, il governo vuole
intervenire sui voucher con una norma che senza abolirli – come chiesto
dal referendum – faccia una modifica limitata, dando per scontato che
questo venga accettato dalla Corte come sostitutivo del referendum.
L’obiettivo politico è quello di lasciare in vita unicamente il
referendum sugli appalti, puntando sul fatto che venga meno il quorum
dei votanti: è un disegno politico per impedire alla gente di poter dire
la sua attraverso il referendum. Siamo davanti a una oligarchia che ha
deciso attraverso una concertazione tra poteri – governo, Presidente
della Repubblica e maggioranza della Corte Costituzionale – che
dovrebbero al contrario agire come controllo l’uno dell’altro. Questa
oligarchia, vuole impedire al popolo di decidere sulle questioni
importanti e punta a trasformare il sistema politico da sistema di
rappresentanza degli interessi sociali a sistema politico blindato,
impermeabile alle istanze sociali, la cui funzione è diventata quella di
produrre norme che permettono al neoliberismo di esercitare il proprio
dominio. C’è un tasso di organicità nel piegare la democrazia ai fini di
parte delle oligarchie a cui non abbiamo mai assistito nel dopoguerra:
siamo di fronte ad un salto di qualità senza precedenti.
In secondo luogo c’è il riverbero
interno alle classi dominanti. E’ in corso una partita tra chi vorrebbe
andare a votare subito e chi invece vuole spostare il più avanti
possibile le elezioni: questa sentenza va nella direzione di spostare
più avanti le elezioni. In questo senso c’è una battaglia
dell’oligarchia contro il popolo, e poi c’è una partita dentro
l’oligarchia tra frazioni concorrenti. Il partito che puntava alle
elezioni immediate – un partito trasversale perché non è una cosa solo
interna al Pd – mi pare uscire indebolito da questa sentenza.
In questa situazione noi dobbiamo fare
una battaglia nel paese per evidenziare che quella della consulta è una
sentenza politica e denunciare che il governo vuole scippare anche il
secondo referendum sui voucher: dobbiamo far partire immediatamente una
campagna politica finalizzata a vincere i referendum o a far pagare al
governo e al Pd il maggior prezzo politico possibile nel caso in cui
riescano ad affossare il referendum.
La legge elettorale
Il
secondo punto di discussione e iniziativa politica è la legge
elettorale. Noi abbiamo sostenuto, immediatamente dopo il referendum,
che si sarebbe dovuto andare a votare subito con la legge elettorale che
usciva dalla sentenza della Corte. Ribadendo questa posizione,
riteniamo che l’unica cosa che può fare il Parlamento è quella di
intervenire per dar vita ad una legge elettorale proporzionale pura. Le
ragioni di non legittimità morale e politica di questo parlamento –
pieno di persone che non sarebbero state elette se si fosse votato con
una legge costituzionalmente valida – sono enormi e un parlamento così
fatto è legittimato unicamente a fare una legge elettorale in cui uno
vale uno, cioè proporzionale pura. Questa è la posizione che vi propongo
di tenere.
Qualcuno solleverà il problema che
questa posizione è molto simile a quella di Forza Italia, che punta con
ogni evidenza al governissimo. Non vedo il problema. È molto più chiara
una situazione con Forza Italia e Pd che governano insieme, visto che
hanno una linea politica omogenea, in cui c’è una opposizione di destra e
una di sinistra. Forza Italia, Pd e Ncd, sono parti diverse dello
stesso partito. Meglio una grande coalizione
tra frazioni diverse dello stesso
partito che non un bipolarismo tra simili che ha l’unica funzione di
impedire che le posizioni di alternativa possano vivere sul piano
politico. La legge elettorale proporzionale è l’unica che permette di
registrare la realtà effettiva delle cose e cioè che in Italia – come in
Europa – opera un partito trasversale che ha gli stessi contenuti e che
si differenzia su elementi del tutto marginali.
Quindi noi dobbiamo intrecciare la battaglia per il referendum con la battaglia per la legge elettorale proporzionale.
Il M5S
L’altro elemento significativo
successo in queste settimane è la richiesta dei 5 Stelle di aderire al
gruppo liberale nel Parlamento europeo. L’operazione è fallita per il NO
dei liberali ma Grillo ci ha provato, con il consenso del 75% degli
iscritti. Questa svolta, di Grillo che chiede di aderire ad un gruppo
federalista e liberista, ci parla del carattere di fondo del M5S. È
evidente che i grillini difendono questa loro iniziativa dicendo che
loro avrebbero mantenuto la piena iniziativa politica. Io penso che ci
sia qualcosa di più, perché i 5 stelle avrebbero potuto prendere atto
che i loro parlamentari hanno votato in questi due anni più come il
GUE/NG che non come il Liberali e che quindi i 5 Stelle potevano
chiedere di aderire al GUE/NG o ai Verdi.
Ma i 5 Stelle – che oggi sono
percepiti e si propongono come una sorta di parcheggio né di destra né
di sinistra – in realtà sono un movimento di estremismo centrista, che
contesta tutto salvo che le cose fondamentali. Sul liberismo il M5S non
dice una parola, ne accetta completamente il paradigma e si candida
sempre più ad essere un elemento di ricambio della classe dirigente
interna al paradigma liberista. La cosa che somiglia di più ai 5 Stelle,
anche se ogni paragone è sbagliato, sono i Verdi di Joschka Fischer,
che mantenevano dei profili alternativi sulle questioni ambientali salvo
accettare guerre e politiche del lavoro liberiste.
Abbiamo quindi avuto un segnale della
prospettiva politica moderata del M5S pur sapendo che l’operazione non è
andata in porto e, in secondo luogo, che questa realtà che ho provato a
descrivere non è percepita a livello di massa. Dobbiamo quindi avere un
punto di analisi preciso sul Movimento 5 Stelle per fare a livello di
massa una azione di demistificazione della loro alter natività. Occorre
costruire i passaggi di comunicazione affinché gli elettori del M5S
possano cogliere le nostre parole un elemento di verità e non come un
attacco simile a quello del Pd e degli altri partiti di regime. Noi
dobbiamo avere un giudizio molto chiaro su dove va il Movimento 5 Stelle
ma dobbiamo sapere che per smontare la credibilità del Movimento 5
Stelle presso gli strati proletari e di sinistra non basta criticarli:
occorre costruire un’alternativa. Perché il Movimento 5 Stelle non viene
votato perché è il meglio ma parchè è lo strumento percepito come più
efficace per opporsi al centro destra e al centro sinistra. Il M5S, da
questo punto di vista, ha la stessa funzione che Marx dava alla
religione: “il gemito della creatura oppressa, l’animo di un mondo senza
cuore, così come è lo spirito d’una condizione di vita priva di
spiritualità. Essa è l’oppio dei popoli” . L’alienazione religiosa nasce
dalla deprivazione materiale per cui o si risolve il problema della
deprivazione materiale o il bisogno religioso si perpetua, nel tentativo
umano di darsi delle risposte, anche se consolatorie, ai propri
problemi.
Il Movimento 5 Stelle ha una funzione
simile: finché non c’è una proposta politica di sinistra che sia in
grado di rispondere efficacemente alla domanda di cambiamento che è
presente nel paese, quella domanda continuerà ad esprimersi nelle forme
che troverà a disposizione. Gli errori dei 5 stelle non si trasformano
direttamente nella possibilità di spostare consensi e interesse dai 5
Stelle a noi perché così come siamo messi noi oggi non siamo ritenuti
utili per bastonare seriamente i nostri avversari di classe, siamo
ritenuti impotenti. Anche per questo occorre costruire la sinistra.
Aumenta la rabbia popolare
In
questo quadro aumenta la rabbia popolare per la reazione che il sistema
oligarchico ha avuto dopo la vittoria del NO nel referendum: niente
elezioni e scippo dei referendum sociali. La rabbia sociale è cresciuta
ma non ha ad oggi efficaci canali politici attraverso cui esprimersi:
nell’assenza di qualsiasi efficacia concreta delle azioni politiche, nel
popolo cresce la sfiducia nella politica così come la conosciamo e
matura una domanda di rivolta generica quanto radicale. Il problema di
fondo che ci interroga nella nostra azione di comunisti è come facciamo a
trasformare quella rabbia in un percorso politico, in un esito
auspicabile. Lo dico perché ad oggi tutti gli elementi ribellistici
hanno connotazioni ed estetiche di destra, dal Movimento dei Forconi al
finto arresto dell’ex deputato Osvaldo Napoli. In Italia abbiamo un
deficit gravissimo nel non saper padroneggiare, da sinistra, il tema
della rivolta, mentre in questo tempo in cui il disagio non trova
sbocchi e il sistema politico non fa altro che frustrare le aspettative
popolari, il tema diventa un tema di rilevante valore ed attualità
politica. Non sviluppo questo nodo ma è del tutto evidente che dobbiamo
metterlo all’ordine del giorno per costruire una linea che sia
all’altezza del livello dello scontro.
I Comitati per il NO, una esperienza da proseguire
E’
molto positivo che i Comitati per il NO non si sciolgano e che si
costituisca un movimento strutturato di difesa della Costituzione a
partire dall’assemblea di sabato 21 gennaio. Questo è tanto più positivo
se i Comitati per il NO diventano i protagonisti – come mi pare
possibile – anche della campagna sui referendum sociali,
sull’applicazione della Costituzione. Noi dobbiamo operare per
consolidare questi percorsi, sapendo che vi sarà una pluralità di
appuntamenti cercando di sedimentare il surplus di attivismo politico
che è emerso nella campagna referendaria.
Bisogna aver chiaro che questo
percorso di aggregazione dei comitati e delle soggettività nate nella
campagna referendaria non coincide con il tema della costruzione di una
forza politica di sinistra, di un soggetto politico di sinistra. Bisogna
averlo molto chiaro. C’è un popolo della Costituzione che deve
organizzarsi e allargare la sua capacità di iniziativa politica, a
partire dai referendum sociali. Questo è utilissimo ma non coincide e
non risolve il tema della costruzione di una soggettività politica: non
dobbiamo spingere per trasformare i comitati in un soggetto politico.
Costruire il soggetto politico della sinistra
Il
soggetto politico della sinistra può nascere unicamente da un
riconoscimento tra le diverse esperienze presenti a sinistra, nella
decisione comune di dar vita ad un percorso che costruisca una
soggettività unitaria. Nessuno è in grado da solo di fare il soggetto
unitario: questo deve nascere da una relazione a partire dalle
esperienze sui territori visto il fallimento del tavolo nazionale tra le
forze politiche. Su questo piano abbiamo avuto le iniziative delle
Città in comune e successivamente l’iniziativa di Bologna messa in piedi
da ACT! e dalla lista bolognese. In quest’ultima assemblea c’è stato un
elemento negativo nel fatto che il documento finale non ha nemmeno
nominato le Città in comune. C’è un mancato riconoscimento delle altre
esperienze che produce solo danni. Se siamo tutti e tutte delle
parzialità, nessuno deve presentarsi come se fosse già la soluzione:
tutti devono mettersi in relazione con gli altri a partire dal fatto che
ognuno rappresenta una parte e non la totalità. Se non si fa questo
sforzo, è evidente che non si riuscirà a fare nessuna unità: l’unità
parte dal riconoscimento dell’altro, non dal fatto che l’altro viene
assorbito dentro di te. Occorre superare questi problemi e considero
positivo che nel corso delle prossime settimane ci sarà un convegno
sulle forme della politica. Considero importante essere riusciti a
mettere come punto di discussione il tema delle forme della politica
perché è il problema su cui si rischia di incagliare il processo
unitario. Sul piano politico le cose sono dure ma chiare – anche a
livello di massa – perché o stai con il PD o fai un polo alternativo.
Viceversa, il tema delle forme non è per nulla chiaro e la cultura
politica presente nella sinistra mediamente non è all’altezza del nostro
duplice compito: unire le forze e fare un soggetto nuovo che non sia
una pura sommatoria. Troppo spesso sentiamo dire: “Scioglietevi tutti e
facciamo un nuovo partito”. Questa impostazione, che non fa i conti con
le divisioni e le differenze effettive e le considera in fondo un
capriccio, non permette di fare un solo passo in avanti ed è destinata a
fare solo danni. Per sconfiggere questa cattiva cultura dell’unità
occorre proporre e offrire un’altra cultura dell’unità che faccia i
conti con le differenze e non le renda un ostacolo all’unità
sull’essenziale: l’antiliberismo di sinistra.
Da qui l’importanza del convegno sulle
forme della politica. Noi pensiamo, per le ragioni che abbiamo esposto
lungamente nel documento Congressuale, che il tema del comunismo sia il
centro della nostra iniziativa politica e della nostra ragion d’essere.
Abbiamo quindi l’esigenza di aggregare forze per determinare la
sconfitta della barbarie neoliberista ma noi vogliamo attraversare
questa costruzione comune come compagni e compagne del partito della
rifondazione comunista, che ha l’obiettivo di superare il capitalismo,
dell’alternativa di sistema, non solo dell’uscita dal liberismo. Credo
che queste due cose nella nostra testa debbano essere chiarissime,
sapendo che non c’è nessuna contraddizione fra le due.
Dobbiamo costruire uno schieramento
ampio, necessario per fermare la barbarie del neoliberismo, e dobbiamo
sviluppare un partito comunista che faccia una battaglia politica,
ideologica, culturale, sociale, di formazione di quadri con l’obiettivo
chiaro e dichiarato di superare il capitalismo.
Iniziativa politica del partito durante il Congresso
Nei
prossimi mesi fare il congresso e contemporaneamente la battaglia sui
referendum sociali, il lavoro di aggregazione dei comitati per il no e
il lavoro diretto di costruzione della sinistra. Dobbiamo fare tutte
queste cose insieme perché occorre battere il ferro finché è caldo, cioè
utilizzare la domanda politica che è emersa dal referendum per lavorare
in questi mesi a costituire una soggettività politica della sinistra.
Occorre oggi sconfiggere le posizioni che, man mano che vedono le elezioni allontanarsi un po’, tendono a rimandare tutto.
Se così avvenisse rischieremmo: a) di
fare una lista abborracciata all’ultimo minuto, il solito cartello
elettorale malfatto; b) di veder nuovamente emergere le pulsioni
egemonistiche di Sinistra Italiana, dovute alla posizione di rendita
data dai parlamentari eletti grazie al patto elettorale con il Pd. C’è
sempre qualche buontempone che nella sua testa ha il recondito pensiero
che poi alla fine si può andare alle elezioni con la lista di Sinistra
Italiana aperta agli altri. E’ una ipotesi che non esiste: se Sinistra
Italiana volesse andasse alle elezioni col suo simbolo, questo
significherebbe avere più liste a sinistra. Noi dobbiamo sconfiggere sia
l’idea del cartello elettorale fatto all’ultimo minuto sia l’idea di
Sinistra Italiana di poter annettere gli altri pezzi. Sono due idee
senza alcuna attrattiva elettorale, non servono a costruire la sinistra e
sono inaccettabili. Noi dobbiamo fare una battaglia politica forte
sulle forme della politica avanzando una proposta che sia in grado di
interagire da subito con la maggioranza delle forze interessate alla
costruzione della sinistra. Questa battaglia non può essere solo fatta a
livello nazionale, dobbiamo farla anche sui territori, penso alla
costruzione di Convenzioni in ogni città che aggreghino sul territorio
il complesso delle forze interessate a costruire la sinistra. Dobbiamo
operare dall’alto e dal basso. Per rafforzare il processo ed evitare
porcherie. Noi proponiamo di fare un soggetto unitario e ovviamente non
entreremo mai nelle liste di Sinistra Italiana. Peraltro, Sinistra
Italiana è priva di carica propulsiva divisa com’è sui nodi principali, a
partire dal nodo dei rapporti con il Pd, in una fase in cui la sinistra
può ricostruire un proprio ruolo, una propria utilità solo
nell’assoluta alternatività al Pd.
Segnalo, da questo punto di vista, che
in Sardegna siamo usciti dalla maggioranza risolvendo così uno degli
ultimi problemi che avevamo sul tema della collocazione politica.
Abbiamo perso un consigliere che è passato a uno dei gruppi sardisti, ma
è un prezzo che valeva la pena di pagare pur di toglierci da quella
situazione imbarazzante.
La data del Congresso
Per
quanto riguarda il Congresso vi proponiamo di spostare in avanti di una
settimana la data che avevamo deciso insieme al CPN scorso. Infatti
attorno al 25 marzo vi saranno a Roma le mobilitazioni in occasione del
sessantesimo anniversario del Trattato di Roma. Si sta lavorando a
costruire una specie di forum sociale col mondo dell’associazionismo
sulla questione dei Trattati di Roma, per costruire una iniziativa forte
del movimento. Anche su questo sono sorte alcune polemiche ma del resto
l’avvicinarsi del Congresso stimola i peggiori istinti e le polemiche
pretestuose si sprecano.
I documenti per il Congresso
Ad oggi
sono stati presentati un paio di documenti, e alcune singole tesi
alternative. Compito del CPN è organizzare al meglio il Congresso e per
queste ragioni non entro nel merito dei contenuti politici del
Congresso. Questo sarà oggetto della successiva relazione della compagna
Roberta Fantozzi che illustrerà il testo del documento che abbiamo
posto alla base della discussione e le modifiche che su questo vi
proponiamo a partire dal recepimento delle osservazioni avanzate dai
Comitati Politici federali. Io in questa relazione mi occupo unicamente
di chiarire alcuni elementi riguardo allo svolgimento del nostro
Congresso, per mettendo ai compagni e alle compagne del partito di
decidere serenamente e a ragion veduta sul nostro futuro.
Regolamento congressuale e congresso unitario
Ieri in
Commissione Politica è stato posto il problema della modifica del
Regolamento relativamente alla registrazione dei voti sulle tesi nei
verbali dei congressi di circolo. Questo tema è stato posto nuovamente
nella lettera aperta di Eleonora Forenza che avete ricevuto ieri
attraverso la mail del segretario. In questa lettera si afferma che non è
stato possibile fare il Congresso unitario a causa delle regole imposte
per la discussione. Sarebbero le regole decise a maggioranza ad
impedire di poter fare un congresso unitario.
Vorrei chiarire bene questo punto, che
considero privo di fondamento. In primo luogo, è possibile fare il
conteggio dei delegati su ogni singola tesi alternativa? Io penso di no.
Fu una discussione che avvenne già allo scorso congresso e che venne
giustamente accantonata perché non è risolvibile. In primo luogo perché
sarebbe necessario usare una equazione troppo complicata, impossibile da
applicare agevolmente e senza contestazioni nei congressi di circolo. A
questo problema se ne aggiunge un altro: i nostri congressi di circolo,
vedono la partecipazione di poche persone, indicativamente da 7-8
persone alle 50-60 persone.
Diventa impossibile fissare
rigidamente i delegati a cui avrebbe diritto ogni singola tesi
alternativa. Nella normalità dei casi ti troveresti con 0,2 delegati 0,5
delegati 0,1 delegato avanti così. Diventa un modo di calcolare la
rappresentanza che non ha più nessuna connessione con le platee concrete
ed inoltre il fatto che chi vota un emendamento non necessariamente ne
vota altri, diventa sostanzialmente impossibile selezionare la platea
dei delegati con un meccanismo certo e non contestabile. Fare una cosa
di questo tipo significa aprire un gran caos in cui si litigherebbe su
tutto, dalle percentuali ai delegati. In ogni caso, ieri, in Commissione
politica, ho chiesto ai compagni della mozione 3 che avanzavano questa
proposta, di scrivere concretamente la regola che stavano reclamando, di
scriverla loro, in modo da presentarci una proposta concreta di
emendamento al regolamento. Qualcuno di voi ha visto questo emendamento,
questa proposta concreta? Nessuno, per il semplice motivo che nessuno è
in grado di scrivere un emendamento che sia poi concretamente
applicabile nei congressi.
Per riassumere, qui siamo nella
situazione in cui la maggioranza viene accusata di non voler fare una
cosa che però non si può fare: una cosa così palesemente impossibile che
nessuno della minoranza ha avanzato una proposta concreta di modifica
del regolamento. Decidete voi come aggettivare questo comportamento ma a
mio parere è grave che un dirigente politico faccia battaglia politica
in questo modo demagogico.
In secondo luogo viene posto anche il
tema della presentazione obbligatoria di ogni singola tesi in ogni
congresso. Pensate seriamente che si possono fare i congressi di circolo
con 7/8 relazioni su ogni documento, tenendo presente che per ogni
singola tesi alternativa sarebbe necessario fare una relazione a favore e
una contro? Io penso che sia assurdo pensare di fare un congresso in
questo modo. A me pare che il partito chieda di poter fare dei Congressi
che diano un segnale di unità, un segnale di mettersi insieme, non di
dar vita ad un congresso che spezzetta tutto in una serie infinita di
contrapposizioni.
In terzo luogo il conteggio dei voti.
Nello scorso CPN, a maggioranza, abbiamo respinto una proposta che
chiedeva di segnare nei verbali quanti voti prenderanno gli emendamenti
eventualmente votati. Ribadisco il fatto che io considero sbagliato
questo schema perché uno dei problemi che abbiamo come Rifondazione
comunista è l’eccesso di correntismo interno, che ci ha trasformato in
una sorta di federazione di partiti.
Ritengo che il valore degli
emendamenti sia quello di far discutere e che – al contrario – il
verbalizzare i singoli voti tende poi a determinare la richiesta di
riequilibri e quindi sostanzialmente a trasformare gli emendamenti in
una sorta di documento alternativo. Vedo il rischio che la libera
dialettica sui contenuti diventi un nuovo modo per cristallizzare
posizioni e correnti interne. Detto questo, segnare i voti sui verbali è
possibile, e se Eleonora Forenza lega la necessità di fare il documento
alternativo al fatto che il regolamento non preveda la verbalizzazione
dei voti sugli emendamenti, io credo che sia giusto cambiare il
regolamento e conteggiare i voti su ogni singola tesi alternativa,
perché la ricerca dell’unità è fondamentale.
Vi propongo quindi di cambiare il regolamento prevedendo il conteggio dei voti su ogni singola tesi alternativa.
Le polemiche sul Congresso
Eleonora Forenza ci dice nella lettera che c’è stato il fallimento completo della linea politica e della gestione.
Prendo atto che una compagna che sta
in segreteria da tre anni, pensa che in sostanza tutto quello che ha
fatto la segreteria, che ha fatto il partito in questi anni sia
sbagliato. Di questo giudizio politico discuteremo nel Congresso. Mi
pare però utile sottolineare il punto di dissenso più rilevante che in
questi anni ho registrato con Eleonora Forenza, che ha riguardato la
discussione al tavolo delle forze di sinistra nell’autunno del 2015. Voi
sapete che a quel tavolo, a un certo punto, Rifondazione Comunista ha
detto di no alla sottoscrizione di un documento che veniva posto alla
base del percorso unitario. Noi non abbiamo mai discusso
approfonditamente su questo, ma forse è bene chiarire che a quel tavolo
non c’era presente solo il sottoscritto in quanto segretario di
Rifondazione Comunista, c’erano anche alcune compagne tra cui Eleonora
Forenza, in quanto parlamentare europea. In quella discussione la
compagna Forenza dette l’assenso al documento che io rifiutai. Vi leggo
due pezzi del documento, in modo da motivare chiaramente per quale
ragione io rifiutai, e perché siano chiare e trasparenti le diverse
posizioni politiche.
Il documento recita: “La sovranità nel
percorso è di tutti coloro che vi prenderanno parte. (…) In questi mesi
si è riunito un tavolo di coordinamento tra le forze politiche e
associative. Il ruolo del tavolo si esaurisce con l’inizio del processo
costituente al quale le forze organizzate attuali che vi si riconoscono
cedono sovranità per costruire un soggetto nuovo che vada oltre le
attuali forze in campo per un progetto politico all’altezza della sfida.
Non sarà quindi un soggetto unitario ma una sinistra di tutti, uno
spazio pubblico che non sarà né di proprietà né ostaggio di dinamiche
autodistruttive e di conservazione”.
Io voglio chiarire – in modo che sia
molto chiaro nella discussione congressuale – perché il sottoscritto si è
preso la responsabilità di dire di no a questa formula. Io non sono
disponibile a partecipare ad alcun processo unitario in cui il tema
della sovranità sull’esistenza o meno di Rifondazione Comunista o sulla
compatibilità o meno dell’iscrizione al soggetto unitario degli iscritti
e delle iscritte a Rifondazione Comunista, sia nelle mani – a
maggioranza – del processo unitario stesso. O c’è un accordo preciso che
prevede che l’appartenenza al soggetto unitario è compatibile con
l’appartenenza alle forze politiche che non si presentino alle elezioni o
non si può fare nessun soggetto unitario perché sarebbe un pasticcio.
Noi non abbiamo mai deciso di sciogliere Rifondazione Comunista e io
penso che accettare come base di discussione per la costruzione del
soggetto politico unitario quella che vi ho letta, significava mettere
in discussione la nostra esistenza. Lascio perdere che c’erano anche
altre parti di quel documento a mio parere inaccettabili, come ad
esempio il riconoscere il gruppo parlamentare di Sinistra Italiana come
il terminale istituzionale del processo Costituente…. In ogni caso, dal
mio punto di vista, se abbiamo deciso che Rifondazione Comunista esiste
per l’oggi e per il domani, Rifondazione Comunista può decidere di
cedere sovranità a un soggetto terzo, ma lo deve decidere Rifondazione
Comunista, non lo decide qualcun altro.
Questo è il punto di dissenso vero che
ho avuto con Eleonora ed è bene che il partito, nel momento in cui deve
decidere cosa vuol fare sappia quali divisioni hanno attraversato il
gruppo dirigente nella fase recente.
Certo se avessimo scelto la strada di
firmare quel documento, questo avrebbe modificato il nostro percorso e
forse anche i giudizi su cosa sia avvenuto nell’ultimo anno. Avremmo
dato luogo ad un processo unitario mettendo in discussione l’esistenza
di rifondazione.
Un ultima cosa che voglio sottolineare
della lettera. Eleonora dice in una frase riferita alla segreteria
nazionale: “e invece per non fare un bilancio della linea politica si
prova a fare un congresso di divisione sulla cultura politica:
costruiamo un nuovo nemico interno, contro cui blindare le truppe, i
nuovi mostri, salviamo la baracca dall’invasione rosso-bruna,
confermando maggioranza e gruppo dirigente”.
Trovo singolare far parte di un gruppo
dirigente e poi accusarlo di comportarsi in questo modo. Secondo questa
lettera l’obiettivo della segreteria e della maggioranza del Comitato
Politico Nazionale, sarebbe di costruire “il nuovo nemico interno” per
evitare di confrontarsi con problemi che ha il partito. Il “nuovo nemico
interno” vuol dire che non è la prima volta che ne costruisce uno:
evidentemente la segreteria si sarà già inventata nel passato altri
nemici interni… Certo una affermazione di questo tipo, dal mio punto di
vista, va molto al di là della politica. Perché un conto è la
discussione sulla linea politica, altro è scrivere che il gruppo
dirigente, pur di riuscire a mantenere la propria posizione di potere,
lavora alla distruzione del partito, costruendo nemici interni ad hoc.
Io una accusa cosi infamante non mi sarei sentito di farla nemmeno a
coloro che hanno fatto le scissioni da Rifondazione. Qui non si
riconoscono posizioni politiche diverse ma si accusa la segreteria di
inventare artificialmente delle divisioni per mantenere una posizione di
potere. Questo modo di ragionare non fa parte della mia cultura
politica, lo rivendico con forza perché penso che una cosa è lo scontro
politico, e altro sono affermazioni di questa natura. Come se non
bastasse, nel documento congressuale, gli elementi di cultura politica
sono assai limitati e quando ho proposto, in questa stessa sala, che si
facesse il congresso sui fondamentali, sulle ragioni del nostro essere
comunisti e comuniste, io non ho registrato obiezioni. Se non ricordo
male nessuno ha sollevato obiezioni perché lo vede anche un bambino che
se decidiamo di tenere vivo il partito della rifondazione comunista –
nel momento in cui questo viene percepito da alcuni come un ostacolo
all’unità della sinistra – non possiamo affidare le ragioni della nostra
esistenza solo ad argomenti di tipo organizzativo. Noi dobbiamo
esplicitare le ragioni della nostra esistenza come partito comunista sul
piano teorico, strategico e il documento presentato fa questo, certo
non le basa sulla cultura politica. Considero quindi irricevibili queste
affermazioni, anche perché in Commissione politica, che è durata mesi,
non è mai arrivato alcun contributo scritto di Eleonora: nemmeno una
riga. Non è così che si dà una mano a costruire il partito. Così si dà
una mano a distruggerlo.
Il Congresso della Sinistra Europea
Nel
frattempo c’è stato il congresso della Sinistra Europea. È stato un
congresso importante innanzitutto per la presenza in tutti i paesi
dell’Unione Europea. In secondo luogo nel Congresso è stato fatto un
passaggio rilevante, quello di dar vita a un forum antiliberista
permanente, simile al forum di San Paolo. Questo passaggio apre alla
costruzione di una dinamica in cui il partito della sinistra europea è
motore, non da solo, della costruzione di un movimento antiliberista su
scala europea, che è esattamente quello che serve. O di una
approssimazione a quello che serve. Cioè la capacità di mettere assieme
non solo le diverse correnti di opinione ma anche sindacati e movimenti
sociali per ragionare insieme. Dobbiamo costruire una intelligenza
antiliberista europea: un punto fondamentale per la nostra strategia
politica è il costruire sul piano europeo – di fronte a l’intelligenza
della BCE e di tutti gli altri avversari – un embrione di intellettuale
collettivo antiliberista. Penso che da questo punto di vista il
congresso sia molto positivo perché questo passaggio lo fa.
Dentro questo quadro c’è chi pensa che
il problema fondamentale oggi sia di riuscire a fare un accordo con i
socialisti per mettere, a partire dalla Germania, fuori gioco Scheuble,
la parte di destra. Dall’altra c’è chi pensa, come noi, che su quella
strada non si va distante, ci abbiamo già provato, e quindi bisogna
costruire l’alternativa a centro destra come al centro sinistra, a tutti
i liberisti. Questi due indirizzi sono presenti e il nostro ruolo non
deve essere quello di lavorare a spaccare tra queste due linee. Anche
per le caratteristiche che ha il partito della sinistra europea – che
non è un partito nazionale che deve schierarsi immediatamente – il
nostro obiettivo è quello di far funzionare il partito a partire dalla
realizzazione del forum delle alternative. Occorre costruire e
rafforzare il campo delle forze antiliberiste, questo è il punto
centrale. Più che lo scontro interno, che rischierebbe di sfasciare
tutto, occorre sviluppare una capacità inclusiva che tenga assieme
posizioni diverse: da chi è contro l’Unione europea a chi pone il tema
della disobbedienza dai trattati. Io penso che il nostro ruolo oggi, nel
partito della sinistra europea, non sia quello di spaccare ma sia
quello di tentare di far sì che il partito riesca a lavorare. Così come
ad esempio sulle votazioni sulla presidenza del Parlamento europeo,
ovviamente le prime tre votazioni il GUE vota Forenza, a cui facciamo
gli auguri. Dalla quarta votazione si passa al ballottaggio e ci sarà
una discussione. Mi sembra opportuno proporre che il GUE non appoggi
Pittella e che, se non ci sarà un orientamento comune, che il GUE non
assuma un orientamento di voto. Penso che Forenza non debba votare per
Pittella ma non farei di questo un elemento che spacca il GUE.
Va quindi costruita una dialettica che
rafforzi in Europa il ruolo del partito della sinistra europea. Può
essere una cosa positiva come si è costruita la presidenza. Il
presidente Gregor Gysi è una presenza prestigiosa anche se piuttosto
moderato. Vi sono poi quattro vicepresidenti tra cui il sottoscritto.
Questo significa anche un riconoscimento per un partito come il nostro,
per il ruolo che svolge pur nella nostra debolezza.
Intrecciare congresso e iniziativa politica
Dovremo
quindi cercare di fare un Congresso il più civile possibile all’interno
e il più interlocutorio possibile con l’esterno. Dopo il referendum c’è
un clima positivo tra chi ha fatto la campagna per il NO e dovremmo
essere capaci a fare il congresso interloquendo il più possibile con
questo clima positivo, raccogliendo e valorizzando il ruolo positivo che
rifondazione comunista ha giocato nella campagna referendaria. È stato
riconosciuto da tutti e anche i nostri compagni e le nostre compagne lo
hanno vissuto positivamente. Ogni congresso deve avere una parte interna
e poi una parte esterna, che abbia nel tema della costruzione della
sinistra, di una sinistra per attuare la Costituzione, il punto
fondamentale. Cerchiamo quindi di fare bene il congresso, sia per la
parte interna che per quanto riguarda il rapporto con l’esterno,
facendone un momento di crescita politica e organizzativa.
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