di domenica al Teatro Brancaccio di Roma, che fa seguito all'appello lanciato da Anna Falcone e Tomaso Montanari giorni addietro, apre una grande speranza nel nostro Paese: costruire in alternativa al Pd ed alle destre – due facce della stessa medaglia nel processo di conversione ordoliberista delle nostre società – una forza di sinistra in grado di "riconnettersi sentimentalmente" con i ceti popolari, quelli che hanno pagato duramente in questi anni il prezzo della crisi e della sua scellerata gestione, da parte delle stesse forze, economico-finanziarie e politiche, che l'hanno causata.
Operai, precari, giovani, ceto medio impoverito, intelligenze e saperi mortificati, il Mezzogiorno tradito e il Nord frustrato nelle sue aspettative di ripresa. Il Paese reale, in sofferenza, che ha riversato milioni di voti sul Movimento 5 Stelle, pensando di investire sul cambiamento. Ora è tutto più chiaro: Grillo, in questi anni, ha fatto da stampella al sistema, drenando e sterilizzando il dissenso, largo, profondo, che, comunque, ancora è vivo nella nostra società. Fino alla deriva para-xenofoba e securitaria attuale.
Sofferenza sociale e dissenso: è in questa direzione che bisogna guardare, parlando un linguaggio di verità e di concretezza, aprendosi all'ascolto, alla comprensione, entrando in sintonia con le "ragioni del popolo". Reddito, lotta alla precarietà, dignità del lavoro, diritto allo studio, contrasto alla criminalità organizzata, sicurezza.
Libertà e uguaglianza, sostanziale, come sancito dalla Costituzione.
Lo Stato dovrà concretamente occuparsi della rimozione degli ostacoli "di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese", mettendo in discussione gli assurdi vincoli di bilancio derivanti dalla nostra partecipazione all'Unione economica e monetaria europea. Le persone vengono prima dei conti pubblici. Ci sono diritti che nessun vincolo di finanza pubblica può limitare, comprimere, negare. Bisogna dirlo forte, gridarlo, assumendo pubblicamente, solennemente, l'impegno che mai e poi mai, in futuro, il diritto al lavoro, alla salute, allo studio, potrà essere sacrificato sull'altare del risanamento dei bilanci bancari. Quello che è accaduto in questi anni: il conto della crisi, partita dal settore bancario, è stato portato ai cittadini: una montagna di debiti privati è diventata d'incanto una montagna di debito pubblico, caricato sul groppone dei popoli. Basta! A costo di rompere con l'attuale quadro comunitario e le sue regole.
Perché il progetto sia credibile, nondimeno, non basteranno soltanto nuove parole d'ordine, innovazione nel linguaggio e nella comunicazione, un certo rinnovamento del personale politico, punti programmatici chiari: bisognerà additare pubblicamente i responsabili delle politiche che in questi anni hanno aggredito, tagliato, modificato geneticamente, il welfare state, gli esecutori materiali della strage di diritti perpetrata a danno dei lavoratori, dei giovani, dei migranti, i Quisling del capitale finanziario, del potere reale.
Politicamente, questo significa dichiarare, inequivocabilmente, la propria alternatività al Pd ed ai cespugli che gli gravitano intorno. Ma non basta. Significa che il "centrosinistra", cui qualcuno ancora impudentemente allude, non solo è una formula improponibile, vuota, ma un'esperienza, consumata, alla quale una nuova sinistra può solo imputare un pezzo, nemmeno tanto trascurabile, di responsabilità nel processo di ristrutturazione capitalistica iniziato qualche decennio addietro e nella manomissione, spoliazione, del welfare universalistico.
Non possono esserci ambiguità su questo versante. Fuori e contro il Pd, quindi, bando a manovre tese a riproporre alleanze improbabili, soluzioni compromissorie e bocciate dalla storia.
Avanti, con convinzione.
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