Come
volevasi dimostrare l’unica ragione per cui il Senato è stato
mantenuto, nonostante i proclami sulla sua presunta inutilità, sul suo
costo e sul rallentamento dell’attività legislativa, è la prospettiva di
farne un’area di immunità per le amministrazioni locali e regionali
dove ha luogo il grosso della corruzione. Che senso avrebbe altrimenti
un’assemblea di sindaci e consiglieri regionali eletti per fare gli
amministratori e che si trovano invece, non si sa bene con quale
meccanismo, ancora tutto da inventare, a fare i legislatori part time?
Gaetano Salvemini disse di Giolitti che era un ministro di malavita
perché aveva consentito ai deputati meridionali, in cambio del loro
appoggio, di avere carta bianca nelle amministrazioni locali e
l’impunità nei contatti con la criminalità organizzata, attraverso
amnistie regolari o lasciando cadere in prescrizione i processi. Una
linea di azione che finì per diffondere la corruzione anche dove non
c’era. Ricordo con quanto imbarazzo e carità di patria la mia prof delle
medie rivelò a noi ragazzini, la definizione di Salvemini, guardandosi
bene dallo spiegarne le ragioni. Certo avrebbe avuto meno remore se
avesse potuto prevedere che ci saremmo trovati a vivere governi di
malavita che costituzionalizzano queste linee di azione.
Ma questo è solo uno dei piccioni che si prendono con la fava del
Senato non elettivo. L’altro è quello di allargare la frattura tra
eletti ed elettori ancor più di quanto non prospetti l’italicum che con
le sue regole complessivamente indegne non permette più alcuna
rappresentatività reale, visto che non è possibile scegliere il
candidato e il combinato disposto tra soglia di sbarramento all’ 8% e
incredibili premi di maggioranza, altera completamente la volontà
popolare. Con questo Senato si sancisce apertamente e sfacciatamente ciò
che l’italicum dice implicitamente: che a comandare è una ristretta
elite di partito la quale interviene a sanare le situazioni opache o
illegali anche in sede locale dove ai cittadini è ancora concessa una
minima libertà di parola.
E’ la via italiana all’oligarchia e all’abbandono della democrazia
reale resa necessaria dalla crisi e dalla possibilità che le imposizioni
che vengono dal capitalismo finanziario, attraverso le istituzioni
ormai infiltrate e rese subalterne come la Ue, siano disattese e
ribaltate dal voto: un pericolo troppo grande per essere accettato per
cui è necessario svuotare dall’interno gli appuntamenti elettorali in
maniera che le urne siano una scelta tra personaggi e non tra linee
politiche, se non per questioni marginali. Paradossalmente il
capitalismo finanziario ha più paura del voto che della protesta
esplosiva: un recente studio dell’Aspen Institute proprio in merito a
questo giunge alla conclusione che non c’è molto da preoccuparsi perché i
vari movimenti che si sono succeduti dai no global in poi sono “ senza
ideologia e senza scopi definiti: in mancanza di alternative politiche,
tutto si risolve in uno scoppio di indignazione morale”. Inoltre i
governi sono perfettamente in grado di infiltrare la rete come è
successo in Ucraina dove chi era stato invitato a scendere in piazza
tramite sms, sempre con lo stesso sistema è stato dissuaso dal
ritornarvi una volta raggiunto lo scopo: “Caro utente, sei stato schedato come partecipante a una massiccia turbativa dell’ordine pubblico”. In
altri casi ciò che si può cambiare non sono le linee di azione e le
politiche, ma solo la comunicazione delle stesse attraverso personaggi
diversi o cambiando il tenore delle bugie. Il gioco è facile perché,
come dice lo studio dell’Aspen “Oggi, il sistema non interessa quasi
più a nessuno. La rivoluzione attuale non è fatta di lettori; gli
odierni studenti radicali si preoccupano solo di come essi stessi vivono
il sistema, non della sua natura e dei meccanismi che lo governano. Non
pensando in termini di gruppi sociali, questi ragazzi hanno
un’esperienza comune, ma mancano di un’identità collettiva. I
manifestanti sono individui esasperati. Amano stare insieme e combattere
insieme, ma non hanno un progetto collettivo. Diffidando delle
istituzioni, non sono interessati a prendere il potere; sono una miscela
tra un desiderio genuino di comunità e un incoercibile individualismo”.
Si può dare torto a questo studio quando viviamo in un Paese dove la
cosiddetta opinione progressista si schiera dalla parte degli stessi
massacri economici e sociali solo perché un personaggio ne ha sostituito
un altro? Però bisogna mantenere il controllo dell’apparato, si deve
fare in modo che quelle proteste non diventino voto maggioritario perché
proprio la mancanza di ideologie e di scopi generali, mentre favorisce
l’accorrere di un generico consenso di protesta, potrebbe diventare
pericoloso per i poteri reali una volta che sia arrivato alla stanza dei
bottoni.
Meglio prevenire che reprimere. Ed è così che abbiamo un Senato preventivo.
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