mercoledì 16 luglio 2014

Lista Tsipras, il catalogo è questo — Corrado Oddi, Il Manifesto

A sinistra . L’assemblea di sabato può iniziare a costruire non un partito ma uno spazio politico aperto, radicale e radicato nella società, antiliberista e alternativo al Pd. Articolato sul territorio e organizzato su base nazionale
L’assemblea nazio­nale della lista Tsi­pras di sabato 19 si pre­senta come uno snodo impor­tante per il futuro dell’avventura ini­ziata alcuni mesi fa. Dopo il buon risul­tato elet­to­rale, la spe­ranza sot­tin­tesa con la scelta di essere pre­senti alla sca­denza elet­to­rale euro­pea, e cioè il fatto di cimen­tarsi con la rico­stru­zione di una sog­get­ti­vità poli­tica anti­li­be­ri­sta ade­guata ai tempi con­tem­po­ra­nei, neces­sa­ria­mente si deve misu­rare con la pos­si­bi­lità che essa si possa pro­ces­sual­mente tra­mu­tare in una pos­si­bi­lità con­creta.
Que­sto è il vero punto della discus­sione di sabato pros­simo, che, ovvia­mente, non può essere riso­lu­tiva, ma ha il com­pito di muo­vere passi coe­renti in quella dire­zione.
Davanti a noi, stanno almeno tre que­stioni di fondo, quelle che pos­sono sul serio deci­dere che siamo in cam­mino verso un’ipotesi che dovrebbe essere capace di radi­ca­lità nei con­te­nuti, mag­gio­ri­ta­ria nel suo sguardo, inno­va­tiva nelle sue forme.
La prima attiene al fatto — che mi pare lar­ga­mente con­di­viso– che ci muo­viamo avendo come base un’impostazione poli­tica e cul­tu­rale di alter­na­ti­vità al neo­li­be­ri­smo e di auto­no­mia nei con­fronti dell’esperienza cui, nelle sue varie forme, è appro­data la sini­stra euro­pea. A mag­gior ragione nel nostro paese, dove la muta­zione gene­tica che il ren­zi­smo sta pro­du­cendo nel Pd lo sta col­lo­cando più nell’alveo del pro­gres­si­smo di stampo anglo­sas­sone che in quello della social­de­mo­cra­zia «clas­sica» di tipo euro­peo. Que­sto punto di con­sa­pe­vo­lezza e di con­di­vi­sione rende anche pos­si­bile che si evi­tino pre­ci­pi­ta­zioni o fughe in avanti come sarebbe quella di pro­durre da subito una sorta di «costi­tuente» di un nuovo sog­getto poli­tico o di pen­sare che rav­vi­ci­nate sca­denze elet­to­rali diven­tano cen­trali per la costru­zione e il con­so­li­da­mento del nostro pro­getto. Non è solo una que­stione nomi­na­li­stica, ma la for­mu­la­zione avan­zata dai gio­vani di ACT di pen­sare alla lista Tsi­pras come a uno «spa­zio poli­tico aperto» mi pare quella più ade­guata a ciò che que­sta nostra espe­rienza può con­cre­ta­mente rap­pre­sen­tare in que­sta fase.
La seconda, che peral­tro ha molto a che fare con il ragio­na­mento appena svi­lup­pato, è che si tratta, nella pros­sima fase, nell’autunno che si aprirà davanti a noi, di met­tere in campo alcune signi­fi­ca­tive «cam­pa­gne di massa» che pos­sano ren­dere rico­no­sci­bile la nostra iden­tità e pos­si­bile l’allargamento ad un arco di forze più vasto di quello che finora si sono rac­colte attorno alla lista. Penso ad ini­zia­tive da decli­nare sul piano euro­peo, nazio­nale e ter­ri­to­riale, in modo spe­ci­fico ma coor­di­nato, a par­tire dai punti che lo scon­tro poli­tico e sociale ci pro­pone come fon­da­men­tali. Non c’è dub­bio che, da que­sto punto di vista, dovremo occu­parci del con­tra­sto ai trat­tati iper­li­be­ri­sti TTIP e TISA, come, allo stesso modo, non potremo non dar corso ad una forte ini­zia­tiva che muova dall’opposizione ai pro­po­siti del governo di ridurre gli spazi della demo­cra­zia, ben rap­pre­sen­tati dalla «con­tro­ri­forma» del Senato, da un’ipotesi di legge elet­to­rale inco­sti­tu­zio­nale e dal ridi­men­sio­na­mento del refe­ren­dum e delle leggi di ini­zia­tiva popo­lare.
Sapendo, peral­tro, che non ci si può limi­tare ad un approc­cio difen­sivo, ma che la difesa della demo­cra­zia com­porta la sua espan­sione, a par­tire dal raf­for­za­mento degli isti­tuti di demo­cra­zia diretta e par­te­ci­pa­tiva, in dire­zione esat­ta­mente con­tra­ria a quanto intende fare il governo in tema di leggi di ini­zia­tiva popo­lare e refe­ren­dum.
Ancora, sul ter­reno delle scelte più rav­vi­ci­nate in mate­ria di poli­tica eco­no­mica e sociale, diventa ine­lu­di­bile pro­muo­vere un’iniziativa forte per pro­spet­tare un’opzione alter­na­tiva alle logi­che dell’austerità espan­siva, a par­tire dall’eliminazione del vin­colo del pareg­gio di bilan­cio in Costi­tu­zione, andando oltre i limiti insiti nei refe­ren­dum pro­po­sti sulla legge attua­tiva dell’art. 81, e dalla bat­ta­glia con­tro il Jobs act, che ripro­pone un inac­cet­ta­bile approc­cio di pre­ca­riz­za­zione gene­ra­liz­zata dei rap­porti di lavoro, e, più in gene­rale, per rimet­tere al cen­tro il lavoro e i suoi diritti.
Il terzo punto diri­mente riguarda le forme di que­sto spa­zio poli­tico aperto. Pro­prio nella misura in cui si assume il dato che stiamo costruendo un pro­cesso e che occorre averne cura, che ci evol­ve­remo sulla base di quanto sapremo real­mente pro­durre nella società e nella poli­tica, allora diventa evi­dente che l’aspetto dell’innovazione delle forme di una sog­get­ti­vità poli­tica in costru­zione, è que­stione stra­te­gica. In que­sto senso, ciò che sta di fronte a noi si con­densa, intanto, nell’aver chiaro che nella società si muo­vono sog­getti e movi­menti che espri­mono una poli­ti­cità dif­fusa e affer­mano la pro­pria auto­no­mia, dal sin­da­cato al mondo dell’associazionismo, dai movi­menti per i beni comuni a quelli che si fon­dano sulla dif­fe­renza di genere.
Siamo di fronte ad un dato strut­tu­rale di poli­ti­ciz­za­zione dei sog­getti sociali, che deve pro­durre rispetto e capa­cità di rela­zione pari­ta­ria da parte di chi lavora sul piano della rap­pre­sen­tanza poli­tica, e che dun­que richiede una muta­zione anche a quest’ultima, nel senso di assu­mere fino in fondo la neces­sità della socia­liz­za­zione della poli­tica. Il che signi­fica, da una parte, rispetto ai ragio­na­menti svolti prima sulle «cam­pa­gne di massa», pen­sare a forme di ibri­da­zione, a coa­li­zioni sociali e poli­ti­che che ne sono pro­ta­go­ni­ste e, dall’altra, ad un impe­gno diretto, in par­ti­co­lare nei ter­ri­tori, da parte della poli­tica nella costru­zione della società e del raf­for­za­mento dei legami sociali.
Del resto, quest’approccio mi pare uno degli spunti più inte­res­santi dell’esperienza di Syriza in Gre­cia, che ha affron­tato la que­stione della crisi della rap­pre­sen­tanza non solo pro­po­nendo con­te­nuti e linea poli­tica più ade­guata per aggre­dire le scelte di poli­tica eco­no­mica e sociale, ma soprat­tutto inse­dian­dosi nella società, pro­muo­vendo espe­rienze di wel­fare ter­ri­to­riale, mutua­li­smo, autor­ga­niz­za­zione sociale.
Infine, fa parte essen­ziale di que­sto ragio­na­mento anche la neces­sità di com­piere un salto di qua­lità nei nostri mec­ca­ni­smi di demo­cra­zia interna e di deci­sione. Abbiamo alle spalle la sta­gione della cam­pa­gna elet­to­rale che si è retta su moda­lità di gestione interna, lar­ga­mente neces­si­tate, ma scar­sa­mente legit­ti­mate demo­cra­ti­ca­mente; siamo entrati in una fase, con­tras­se­gnata, per for­tuna, dallo svi­luppo e dal radi­ca­mento dei comi­tati ter­ri­to­riali, che non rende più accet­ta­bile la pro­se­cu­zione di tale moda­lità e tan­to­meno una sua ripro­po­si­zione sotto nuove forme.
È maturo, con­tem­po­ra­nea­mente, il fatto di darsi un minimo di strut­tu­ra­zione orga­niz­za­tiva, anche prov­vi­so­ria, sul piano nazio­nale, capace di inter­fac­ciarsi con i comi­tati ter­ri­to­riali e l’avanzare pro­gres­si­va­mente — assu­men­dolo anche come ter­reno di ricerca– lungo per­corsi inno­va­tivi, come quello rap­pre­sen­tato da moda­lità deci­sio­nali costruite con il metodo del con­senso.
Que­ste mi sem­brano più rispon­denti alle forme della poli­tica che vogliono cimen­tarsi con le tra­sfor­ma­zioni inter­ve­nute, anche dal punto di vista delle sog­get­ti­vità, e che invo­cano mag­giore oriz­zon­ta­lità, inclu­si­vità e aper­tura. E che, cer­ta­mente non pos­sono essere rin­chiuse nel modello nove­cen­te­sco magari in for­mato ridotto, dei par­titi di massa, sostan­zial­mente ver­ti­ca­liz­zato e gerar­chiz­zato.
Come si può ben vedere, non man­cano certo le que­stioni, e anche di grande rilievo, su cui riflet­tere. Non pen­sando che l’Assemblea nazio­nale sia in grado di dare tutte le rispo­ste. Ma, intanto, ini­ziando a porsi le domande giu­ste e a fare passi in avanti per affrontarle.

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