domenica 13 luglio 2014

Ogni quattro anni diventiamo più vecchi

Cos’è il fùtbol, oggi? Un’enorme contraddizione piantata nel cuore degli appassionati
Cosa dici di un Mon­diale che occulta mas­sa­cri e con­flitti sparsi da un polo all’altro del globo? Cosa dici di un Mon­diale che non esce dalle prime news dei cir­cuiti inter­na­zio­nali, nono­stante nel frat­tempo: in Iraq, verso cui par­timmo più di 10 anni fa recando doni e demo­cra­zia, venga pro­cla­mato il Calif­fato; al con­fine russo-ucraino e nelle regioni sot­to­stanti avven­gano ese­cu­zioni, cac­cia etnica, pogrom e una guerra spon­so­riz­zata Ue; in Medio oriente un ter­ri­bile mas­sa­cro sia in corso a Gaza sotto i bom­bar­da­menti dell’aviazione israe­liana. Cosa dici di un Mon­diale così, che annega i con­flitti e le domande del Paese che lo ospita nella pace armata delle mili­zie colo­niali Fifa?
Beh, intanto cominci con l’ammettere che l’hai seguito. Tutto.
Per­ché è que­sto il fùt­bol , oggi. Un’enorme con­trad­di­zione pian­tata nel cuore degli appas­sio­nati. Che ti fa guar­dare le pode­rose discese sulla fascia di Serge Aurier della Costa d’Avorio senza pen­sare alle por­che­rie del Colon­nello dell’esercito del Pro­fitto e dello Sfrut­ta­mento glo­bale dal nome Joseph Blat­ter. O sob­bal­zare alla sci­vo­lata del Capo (Jefe) Masche­rano che sventa un gol fatto e toglie la finale a Rob­ben, maglia olan­dese e nome che ci ricorda la pri­gio­nia di Mandela.
Che rende il «moz­zi­ca­tore» Sua­rez noto all’universo intero.
Che ti fa notare, la sera del mas­sa­cro, l’occhio da omi­cida seriale di Toni Kroos, appena segnato il tre a zero. Vede i «gialli» cotti e smar­riti, e riparte sulla palla al cen­tro, va a strap­parla dai piedi di Luiz Gustavo e fa il quarto meno di 20 secondi dalla ripresa del gioco.
O ancora Pirlo, fine primo tempo con la Costa Rica, che tira appo­sta una puni­zione alla cazzo per­ché Balo­telli gli ha rivolto una frase, e vale più di una con­fe­renza stampa far­locca del soprav­va­lu­tato ct.
Che ti fa alzare in piedi, a casa da solo, al sublime stop di petto e sini­stro all’incrocio del favo­loso James Rodri­guez. E il palo caram­bo­lato di Dze­maili e la tra­versa super­so­nica di Pinilla all’ultimo degli ultimi secondi e cam­bia il destino e i forti, i potenti, ancora una volta vin­cono e — come ti sba­gli — «il cane moz­zica lo strac­ciato». E lo strac­ciato in que­sto caso è sem­pre Pinilla.
Oppure gron­dare ammi­ra­zione per la spet­ta­co­lare difesa della Costa Rica e del suo alle­na­tore Pinto, prof colom­biano di edu­ca­zione fisica, che mette in fuo­ri­gioco gli avanti avver­sari più del dop­pio delle volte di qual­siasi altra squa­dra. Una linea, dritta e armo­nica, che ha messo in crisi i due con­ti­nenti ege­moni. E il men­ta­li­sta Aloi­sius Van Gaal che per venirne a capo s’inventa la mossa del por­tiere , riu­scendo a inver­tire una sto­rica tra­di­zione con­tra­ria nei rigori per poi subirne il con­trap­passo in quella successiva.
Fre­mere per Hal­li­che, tosto cen­trale dell’Algeria che porta ai sup­ple­men­tari le schiere teu­to­ni­che. Per le mano­vre sinuose del Mes­sico, squa­dra ela­stico, palla avanti palla indie­tro, piedi sapienti. Per gli inscal­fi­bili «bassi» cileni che anda­vano a cento all’ora non per bal­lare lo ye ye.
Cer­care un modo (Twit­ter ?) per spie­gare a Ney­màr e Balo­telli che se ogni par­tita passi 40 minuti per terra, poi quella fini­sce e tu perdi.
Rima­nere sgo­menti di fronte al per­fetto Neuer, miglior gio­ca­tore del tor­neo in due ruoli diversi: por­tiere e cen­trale di difesa.
E poi sti­lare — San De André pro­teg­gici — la formazione-molotov da eterni bam­bini ormai vec­chi di quelli che qual­cuno lo vedre­sti volen­tieri nella tua squadra.
Spe­rare che sta­sera il mira­colo lo fac­cia Angelo Di Maria, il pre­scelto, l’unico che può scal­fire il cemento armato.
Con­sta­tare, attra­verso il Mon­diale, il defi­ni­tivo dis­sol­versi della Rai, azienda ege­mone come nes­suna lo fu, ormai ridotta a cir­colo par­roc­chiale. Leg­gere, sui media che rac­con­tano il Mon­diale, la para­bola ita­lica di un tec­nico medio­cre prima incen­sato in coro una­nime privo di senso e di meriti, gron­dante reto­rica d’accatto adesso figlia di nes­suno, con i  lau­da­to­res che ora rin­ghiano aggressivi.
Il Mon­diale è il Mon­diale è il Mon­diale, ogni quat­tro anni, diven­tiamo più vec­chi, e il pros­simo in Rus­sia, e quello dopo in Qatar e poi ancora su Marte. E lo guar­de­remo anche da lì, con le imma­gini sfo­cate e dif­fe­rite, per non per­derci l’esordio imper­di­bile di una fre­ne­tica, fan­ta­stica, squa­dra di cui si parla molto, fatta tutta di super tec­nici omini verdi.
di  Christiano Presutti e Wu Ming 3, Il Manifesto

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