Con l’approvazione del disegno di legge cosiddetto “collegato lavoro” il parlamento ha fatto un grande regalo a Confindustria e a quella parte di imprenditori che premono per la messa in mora dello Statuto dei diritti dei lavoratori e l’introduzione della libertà di licenziamento.
Il provvedimento, che era stato rimandato all’esame delle Camere dal Presidente Napolitano lo scorso giugno, ha visto le destre ricompattarsi in un voto favorevole, mentre il centro, Udc in testa, si è astenuto, vista la piena condivisione della Cisl di Bonanni sulle nuove norme in materia di lavoro.
E così l’arbitrato d’equità è divenuto legge, in barba a decenni di lotte dei lavoratori e del mondo sindacale: d’ora in poi per ogni nuovo lavoratore assunto, in sede di stipula del contratto, si avrà la possibilità di stipulare una clausola in cui lavoratore e azienda scelgono di affidare le controversie in materia di lavoro non più al giudice, ma ad un arbitro, che potrà decidere anche in deroga rispetto ai contratti di lavoro.È evidente che la possibilità di scelta sta solo da una parte dei due contraenti del contratto, cioè del datore di lavoro, mentre il lavoratore, soprattutto se a tempo indeterminato o in prova sarà obbligato a optare per l’arbitro invece che per la tutela giurisdizionale.
E così si chiude a livello legislativo il quadro che l’apripista Marchionne ha inaugurato con l’accordo di Pomigliano, cioè quello di far diventare regola la deroga al contratto collettivo nazionale di lavoro in molte materie inerenti il rapporto di lavoro. Nel collegato lavoro, infatti, è prevista a chiare lettere l’ipotesi della certificazione, cioè il ricorso ad un contratto individuale che deroga in peggio le condizioni dettate dalle leggi sul lavoro e dal contratto collettivo nazionale.
In più, un emendamento al testo ha messo in soffitta la previsione, introdotta dal centrosinistra quando era al governo, dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, visto che sotto la maschera dell’apprendistato si potrà iniziare a lavorare a 15 anni.Siamo di fronte ad un attacco pesante ai diritti dei lavoratori voluto da Confindustria, e assecondato da Cisl e Uil, proprio all’indomani della grandissima manifestazione della Fiom e delle sinistre in difesa del contratto collettivo nazionale di lavoro e per il ristabilimento della democrazia nei luoghi di lavoro.
È ancora più necessario oggi costruire comitati unitari della sinistra per dare rappresentanza politica al popolo del 16 ottobre e mettere un argine al progressivo smantellamento dell’impianto lavorista della nostra carta costituzionale perseguito con metodo e costanza dal governo Berlusconi. Dal 16 ottobre bisogna ripartire per una nuova stagione di conquiste di diritti per i lavoratori, per combattere la precarietà, per mettere un freno alla corsa verso il basso di salari, stipendi e pensioni.
Stefano Vinti,
segretario regionale Prc Umbria
Il provvedimento, che era stato rimandato all’esame delle Camere dal Presidente Napolitano lo scorso giugno, ha visto le destre ricompattarsi in un voto favorevole, mentre il centro, Udc in testa, si è astenuto, vista la piena condivisione della Cisl di Bonanni sulle nuove norme in materia di lavoro.
E così l’arbitrato d’equità è divenuto legge, in barba a decenni di lotte dei lavoratori e del mondo sindacale: d’ora in poi per ogni nuovo lavoratore assunto, in sede di stipula del contratto, si avrà la possibilità di stipulare una clausola in cui lavoratore e azienda scelgono di affidare le controversie in materia di lavoro non più al giudice, ma ad un arbitro, che potrà decidere anche in deroga rispetto ai contratti di lavoro.È evidente che la possibilità di scelta sta solo da una parte dei due contraenti del contratto, cioè del datore di lavoro, mentre il lavoratore, soprattutto se a tempo indeterminato o in prova sarà obbligato a optare per l’arbitro invece che per la tutela giurisdizionale.
E così si chiude a livello legislativo il quadro che l’apripista Marchionne ha inaugurato con l’accordo di Pomigliano, cioè quello di far diventare regola la deroga al contratto collettivo nazionale di lavoro in molte materie inerenti il rapporto di lavoro. Nel collegato lavoro, infatti, è prevista a chiare lettere l’ipotesi della certificazione, cioè il ricorso ad un contratto individuale che deroga in peggio le condizioni dettate dalle leggi sul lavoro e dal contratto collettivo nazionale.
In più, un emendamento al testo ha messo in soffitta la previsione, introdotta dal centrosinistra quando era al governo, dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, visto che sotto la maschera dell’apprendistato si potrà iniziare a lavorare a 15 anni.Siamo di fronte ad un attacco pesante ai diritti dei lavoratori voluto da Confindustria, e assecondato da Cisl e Uil, proprio all’indomani della grandissima manifestazione della Fiom e delle sinistre in difesa del contratto collettivo nazionale di lavoro e per il ristabilimento della democrazia nei luoghi di lavoro.
È ancora più necessario oggi costruire comitati unitari della sinistra per dare rappresentanza politica al popolo del 16 ottobre e mettere un argine al progressivo smantellamento dell’impianto lavorista della nostra carta costituzionale perseguito con metodo e costanza dal governo Berlusconi. Dal 16 ottobre bisogna ripartire per una nuova stagione di conquiste di diritti per i lavoratori, per combattere la precarietà, per mettere un freno alla corsa verso il basso di salari, stipendi e pensioni.
Stefano Vinti,
segretario regionale Prc Umbria
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