domenica 3 ottobre 2010

Silvio triste, solitario y final

Se un uomo anziano e stanco riesce ancora a far incazzare gli ebrei, i cattolici, le donne e i magistrati nel volgere di qualche ora significa che dietro il cerone sopravvive il guizzo del vecchio comico, che la pera cotta e il bicchiere per la dentiera possono attendere in camerino ancora un po’.
Però – lo dico da critico dell’umorismo – il repertorio andrebbe un po’ aggiornato. Va bene, la barzelletta sugli ebrei è un classico (ne ha raccontate di peggiori). Quella sulle donne non conformi allo standard dei suoi casting è già sentita, tanto che deve potenziarla con una bestemmia. Ma che diamine, perché limitarsi. E gli omosessuali? Possibile che non gli venga in mente niente di buono? E il naso dei neri? Pensa di cavarsela con una battuta sull’abbronzatura di Obama? E i terroni, niente? Possibile che la Lega non gli passi sottobanco qualche storiella dismessa da Calderoli? E i cinesi? Vogliamo dimenticarci qualche freddura razzista sui cinesi?
Noi pubblico del vecchio guitto siamo un po’ delusi. L’ultima barzelletta sui poveri, per dire, si chiamava “manovra correttiva”, era troppo lunga per far ridere e non era nemmeno sua, ma di Tremonti.
C’è un modo infallibile per sapere quando un comico sta chiudendo la sua parabola: è quando invece delle risate del pubblico deve mettere quelle finte, come nelle sit-com di quart’ordine, e quando ride solo lui.
Ma attenti a dare per finito questo grande entertainer: come ogni artista con un grande repertorio, tiene sempre in tasca la zampata buona. Ultimamente preferisce le piccole platee, ma quando torna nei grandi teatri, come la Camera dei deputati, la stoffa si vede ancora. Ed è lì che la risata è esplosa spontanea, alla barzelletta (vecchia e mai finita) della Salerno – Reggio Calabria che sarà conclusa entro il 2013. Boato e risate sguaiate, deputati piegati in due, richieste di bis e applausi. Non solo platea e loggione, ma un intero paese, un intero continente, gli ridono in faccia. Date retta, finirà per mancarci. Speriamo prestissimo.
Alessandro Robecchi, Il Manifesto

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