giovedì 27 febbraio 2014

GRAZIE di Emiliano Brancaccio

In queste ore ho ricevuto moltissime esortazioni ad accettare la proposta di candidatura alle elezioni europee con la lista Tsipras, per la circoscrizione Sud. In tutta franchezza non mi aspettavo una tale mobilitazione intorno al mio nome. Sono sinceramente onorato per gli appelli e le raccolte di firme a sostegno della mia candidatura e per i tanti messaggi di apprezzamento che ho ricevuto. Con rammarico, tuttavia, devo comunicare che non posso accettare la proposta di candidatura alle europee: il personale contributo alla critica dell’ideologia dominante non termina ed anzi trova adesso nuove ragioni, ma in questo momento della mia vita il mio posto deve essere all’università, con gli studenti.
Le persone a cui vorrei dire grazie sono numerosissime. Ne cito solo alcune e chiedo scusa ai tanti che per mere ragioni di spazio non menzionerò. Vorrei ringraziare Barbara Spinelli, che ha speso parole di elogio nei confronti del “monito degli economisti” e Paolo Flores d’Arcais, che mi aveva annunciato l’intenzione dei comitati a sostegno della lista Tsipras di indicarmi per la candidatura. Ringrazio anche Vladimiro Giacché, con il quale condivido molte tesi e previsioni. E ringrazio Gianni Rinaldini, che mi aveva onorato comunicandomi l’appoggio di tante compagne e compagni della FIOM. Tengo inoltre a ringraziare Paolo Ferrero, Fausto Sorini, Claudio Grassi e gli altri dirigenti dei partiti che hanno sostenuto con convinzione la mia candidatura. Ringrazio i compagni e gli amici delle varie realtà di movimento, con i quali avevo collaborato ai tempi del social forum di Firenze e che in questi giorni hanno rinnovato parole di fiducia nei miei confronti. A tutti dico che non farò mancare il mio contributo di analisi e di proposta alle future iniziative che abbiano come fulcro l’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori. Interesse che un tempo, a giusta ragione, si riteneva coincidente con l’interesse generale dell’intera collettività.
Permettetemi anche di esprimere due brevissime considerazioni di ordine politico.
In primo luogo, auspico che ci si liberi presto dall’illusione che la tremenda crisi economica e democratica che stiamo attraversando possa essere affrontata assecondando i fatui fuochi dell’individualismo narcisistico, il cui nefasto corrispettivo politico è sempre costituito dal leaderismo plebiscitario. Per affrontare le colossali sfide del tempo presente la funzione dei singoli, per quanto illuminati, è pressoché irrilevante. Piuttosto, sarebbe utile dare inizio a un investimento generazionale, un lavoro critico e costruttivo per delineare una nuova concezione del collettivo, in particolare della forma-partito.
La seconda considerazione che vorrei condividere con voi è maggiormente legata alla campagna per le elezioni europee. L’attuale scenario politico può esser ben descritto tratteggiando un orrido trittico: al centro l’arrocco intorno alle leve del potere dei pasdaran favorevoli all’euro e all’austerity; al fianco di quell’arrocco la comparsa di un nuovo liberismo gattopardesco, pronto a sbarazzarsi dell’euro pur di proseguire con le politiche di smantellamento dei diritti sociali; ed infine, all’orizzonte, l’avanzata in certi casi poderosa di nuove forze ultranazionaliste e xenofobe. Ebbene, è stato detto che all’interno di questo cupo scacchiere politico esisterebbe per la sinistra uno spazio ancora inesplorato. In effetti, nel mio pur modesto ambito, ho avuto modo di verificare che uno spazio in cui esercitare un efficace antagonismo contro i tre gruppi descritti sussiste davvero: lo testimonia il fatto che la protervia dei pasdaran pro-euro e dei gattopardi anti-euro si scioglie sistematicamente, come neve al sole, in ogni confronto dialettico che sia fondato su basi scientifiche; e che nelle società europee è ancora possibile trovare anticorpi sociali e culturali contro la funesta avanzata dell’ultranazionalismo reazionario.
Tuttavia, se questa è la durissima sfida nella quale ci si vuol cimentare, allora mi permetto di avanzare una duplice riflessione. L’idea che una forza orientata a sinistra possa vincere una battaglia di tali proporzioni scimmiottando le ipocrite banalizzazioni interclassiste dei gattopardi anti-euro è ovviamente assurda. Ma la stessa battaglia rischia di esser perduta in partenza se si rimarrà subalterni al dominio ideologico degli apologeti dell’euro e si commetterà quindi l’errore di considerare l’eurozona un dato fuori discussione. Un errore strategico, che pregiudicherebbe ogni margine di manovra politica in Europa, e che diventerebbe quindi previsionale.
Da questo punto di vista, è inutile negarlo, Alexis Tspiras è in una posizione delicata. Per molte ragioni, non ultima la sua possibile ascesa al governo della Grecia, egli potrebbe continuare a tenere la sua dialettica confinata nei limiti angusti di una incondizionata fedeltà all’euro. Se così fosse, il perimetro della sua azione potrebbe restringersi al punto da soffocare l’indubbia forza attrattiva della sua candidatura alla presidenza della Commissione europea. Eppure, nel testo di investitura, egli ha scritto che “l’Unione Europea sarà democratica o cesserà di esistere. E per noi, la Democrazia non è negoziabile”. La Democrazia, per l’appunto: non la moneta unica, né il mercato unico europeo. Sarebbe un dato interessante se Tsipras centrasse la campagna su queste sue stesse parole. La lista italiana e le altre forze europee che lo sostengono ne trarrebbero notevole vantaggio. Staremo a vedere.

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