giovedì 25 novembre 2010

«La Federazione è lo spazio politico per unire le lotte»

Intervista a Paolo Ferrero,
Segretario di Rifondazione Comunista
Non è che in giro si siano lette o viste molte analisi sul congresso della Federazione. Oscurati o banalizzati. Eppure il passaggio dell'Ergife ha formalizzato alcune proposte politiche importanti: innanzitutto l'urgenza di un fronte democratico per cacciare Berlusconi, «e contro il bipolarismo», puntualizza Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista: «Il fronte democratico, ovviamente che escluda Fini, serve a cacciare Berlusconi, ed è un valore in sé. Così come uscire dal bipolarismo che è il sistema con cui in Italia è stato espulso dalla politica il conflitto sociale».

L'altro corno della proposta è quello di unire le lotte e di scrivere un programma comune della sinistra. E' il problema dei rapporti con Sel.
Anche se noi non siamo interessati ad andare al governo non significa che non abbiamo un programma. Allora perché non fare una campagna unitaria sui punti indicati dalla piattaforma del 16 ottobre? Quella manifestazione reclamava la fine della precarietà, un reddito per tutti, la difesa del contratto nazionale di lavoro ma anche la ripubblicizzazione dell'acqua e il ritiro delle truppe dall'Afghanistan.
Lo hai chiesto anche a Nichi Vendola nella video lettera in cui proponevi a Sel anche una lista unitaria a Milano, dopo aver vinto assieme le primarie con Pisapia. E in cui suggerivi di trovare candidati comuni per le primarie in altre città. Hai avuto risposte?
No, o almeno, non ancora. Mi dispiace non aver ricevuto risposte a domande semplici. Non ci si può affidare solo alle primarie. Davvero, perché non fare insieme una campagna unitaria che produca contenuti per il programma del centrosinistra?
Torniamo al congresso: chi non lo ha ignorato tende a interpretare l'assise dell'Ergife come un rientro nell'alveo del centrosinistra o, all'opposto, come la reunion dei comunisti. Cos'è stato davvero?
Il punto del congresso è stata la nascita di un polo politico della sinistra. Non un nuovo partito e nemmeno un'alleanza elettorale. Un processo che non va sovrapposto alla questione dell'unità dei comunisti».
Credo che qui sia necessario puntualizzare.
Perché è un'altra cosa: è un soggetto autonomo dal centrosinistra con una forma federativa aperta, che rispetti i percorsi, che tende ad aprire uno spazio in cui non intervengano discussioni identitarie a produrre delle scissioni, che valorizzi quel 90% che ci unisce. Questo strumento deve servire a farci diventare tessitori delle varie forme in cui la sinistra di classe s'è frantumata: dentro la Cgil, nel sindacalismo di base, nei conflitti. Ed è una forma rivolta soprattutto a chi non è iscritto a nessuna forza della sinistra. L'ho detto all'Ergife: è una forma aperta perché larga parte di chi oggi fa politica di sinistra non è iscritto a nessun partito. Il tema di una proposta dei comunisti e anche dell'unità dei comunisti sarà il tema del congresso di Rifondazione. La necessità di un polo di sinistra, anticapitalista, antipatriarcale ci sarebbe anche con un solo partito comunista. La Federazione, invece, dovrà essere utile a un confronto con tutti i comunisti dentro e fuori di sé e l'unità non è un fatto organizzativo ma di analisi e di linea condivise.
Qualcuno ha detto che è stato un congresso stanco.
E' stato un parto, un luogo di passaggio che costruisce uno spazio politico e, come tutti i passaggi veri, ha prodotto discussioni ma i passaggi veri hanno un prima e un dopo. E quello che c'è dopo è quello nasce. Parte un'altra storia. Se il prima è stata la difficoltà di costruire in forme condivise una vera operazione unitaria, il dopo sono la linea politica e lo statuto che sono molto netti. Ma deve essere chiaro che il patto tra i fondatori è costitutivo della possibilità di aprire quello spazio. E dunque non poteva essere saltato. Ora il problema dev'essere come far vivere la federazione nei territori.
Eh, e come si fa?
Generalizzando le migliori pratiche.
Molti militanti avrebbero preferito che il consiglio federale avesse eletto il portavoce definitivo.
E' sacrosanto che il segretario del Pdci possa svolgere il suo turno da portavoce dopo l'infortunio che glielo aveva impedito. Fra novanta giorni, secondo lo statuto, il portavoce o i due portavoce saranno eletti da quell'assemblea.
Ha fatto discutere il nuovo simbolo senza riferimenti alla rifondazione e al comunismo.
C'è la falce e martello per tener dentro la nostra storia. I partiti comunisti non si sciolgono. Rifondazione resta. Dopo di che abbiamo deciso di chiamarla Federazione della sinistra ed è giusto che il simbolo contenga queste parole.
Quindi nessuna abiura?
Vogliamo essere un soggetto politico che non rinnega la sua storia, la nostalgia non c'entra. Il punto è che se si distrugge il Novecento, si torna all'Ottocento quando le classi subalterne non avevano coscienza di sé né capacità di organizzazione. E vogliamo smentire l'idea che cambiando il simbolo ci si riesca a sottrarre all'accusa di essere dentro quella storia. Siamo dentro un universo simbolico colonizzato dalla riscrittura della storia: se permetti all'avversario di farlo ecco che il comunismo diventa il male assoluto. E allora capita di vedere le manifestazioni del Tea Party contro il "comunista" Obama, di sentire Berlusconi che dà del comunista a Bersani. Dopo vent'anni di maccartismo è importante riuscire a parlare anche a chi non riesce a dirsi comunista.
E qui veniano al nodo dell'oscuramento mediatico.
Siamo oscurati perchè la nostra linea è in totale controtendenza sia sul piano della storia, sia su quello dell'anticapitalismo, sia sul piano della politica. Non è un caso che per Via Solferino esistano solo Veltroni e Vendola e, a volte, qualche frammento della diaspora del Prc. Ecco perché Fazio invita Marchionne e non i tre operai Fiat licenziati. Vedi, noi siamo un soggetto politico autonomo dai poteri forti di questo Paese - banche, Confindustria, Vaticano - e questa cosa vuol dire essere in scontro con chi possiede i giornali, chi possiede le televisioni e con chi detta l'agenda politica. C'è una sinistra frantumata, una che poi si accomoda e poi ci siamo noi. Nella ristrutturazione populista della politica siamo una cosa che va distrutta. Il populismo è la forma della politica che parla della distruzione dell'autonomia delle classi subalterne.

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