Quanto ha risparmiato il proprietario di tre case in Italia e una all’estero - Ecco la cronaca di due anni e mezzo di manovre e del loro impatto sui ricchi contribuenti
Il signor X è un benestante, diciamo pure un superbenestante. È anche piuttosto pignolo ed è solito annotare su un diario le notizie economiche più rilevanti per se stesso e per la sua famiglia. Questa è la storia di un caso emblematico, il caso di quegli italiani - non molti ma neppure pochissimi - che hanno un ottimo reddito e un cospicuo patrimonio, magari in parte nascosto al fisco. È la storia delle sorprese, tutte piacevoli, riservate loro, nonostante la peggiore crisi del dopoguerra, dagli ultimi due anni e mezzo di manovre. E puntualmente ricostruite in un immaginario ma realistico diario di famiglia.
Superbenestante, dicevamo. Il signor X possiede, oltre a un buon numero di obbligazioni e di azioni, tre appartamenti in Italia e uno all’estero. Su quest’ultimo non ha mai versato un euro al fisco. Sugli immobili italiani, invece, ha sempre pagato le tasse. Un carico pesante come pesante è il timore che un giorno o l’altro possa essere scoperta la sua evasione sulle attività oltreconfine: si troverebbe a pagare l’intera imposta, più gli interessi, più le sanzioni.Poco importa dove lavora X, se sia un libero professionista, un manager o un commerciante. Basterà sapere che guadagna più di 75 mila euro, soglia oltre la quale si applica l’aliquota massima. Residenza: Roma. Abitazione signorile in pieno centro: salone, cucina, 3 camere, 2 bagni, ingresso e ripostiglio per lui sua moglie e i suoi due figli. Sempre a Roma, X è proprietario di altri due appartamenti: un bilocale in periferia affittato a 750 euro al mese e un’abitazione di 80 metri quadri in zona semicentrale affittato a 1.300 euro. Cinque anni fa, consigliato da due amici stranieri, X ha anche comprato un delizioso immobile nel centro di Parigi al prezzo di 500 mila euro per darlo in affitto. Gli amici, - uno inglese e uno statunitense - hanno fatto altrettanto comprando altri due immobili di identico valore nello stesso stabile della capitale francese.
È il 29 maggio 2008. Appena tre settimane fa si è insediato il quarto governo Berlusconi. Il signor X scrive sul diario: «Oggi è entrato in vigore il decreto che abolisce del tutto l’Ici». Breve antefatto per capire la questione: il governo Prodi aveva cancellato l’Ici al 40% dei proprietari di case, in gran parte con redditi medio-bassi. Il nuovo esecutivo Berlusconi ha esteso l’esenzione a tutti gli altri. Continua il signor X: «Facciamo un po’ di conti. Sulla mia abitazione finora io pagavo il 4,6 per mille e quindi versavo 790 euro l’anno. Ora non li pagherò più. Un bel risparmio».
Arriva l’autunno. Sul diario del signor X è evidenziata una nuova data: 2 ottobre 2009. Seguita da un commento: «Sono passate appena le 13,30, il Tg1 ha dato una notizia tranquillizzante: "Sì della Camera al decreto sullo scudo fiscale". Si pagherà solo il 5% delle attività detenute all’estero e tutto sarà regolarizzato. Niente imposte pregresse, niente sanzioni, niente interessi, e soprattutto pieno anonimato». «Facciamo due conti - continua X - il mio appartamento a Parigi vale 500 mila euro. Applicando il 5% mi trovo a dover pagare solo 25 mila euro e stop. Molto peggio andrà ai miei amici stranieri: anche loro possono usufruire dello scudo ma con costi di gran lunga maggiori. L’inglese si troverà a pagare il 10% (il doppio) ma dovrà aggiungervi tutte le imposte dovute per cinque anni, più gli interessi maturati. Conti ancora più salati per il mio amico americano: costo iniziale del 20% (100 mila euro) più imposte e interessi. E poi c’è un’altra differenza di non poco conto: io conservo l’anonimato, loro no».
Passano i mesi: la primavera 2010 porta con sé una bufera economica di proporzioni giganti. È la crisi dell’euro. Tutto sembra precipitare: i paesi europei preparano feroci finanziarie taglia-deficit. Il signor X scrive: «Il governo di Londra ha già alzato dal 40 al 50% l’aliquota massima, quella che si applica ai superbenestanti. Portogallo e Spagna prendono analoghe misure. Persino Sarkozy, accusato di favorire i ricchi, annuncia l’aumento della loro aliquota dal 40 al 41%. Qui in Italia, invece, nessuno pensa di chiedere qualcosa a chi guadagna di più. Neppure le proposte di opposizione, sindacati e Confindustria di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie, oggi ferme al 12,50%, vengono prese in considerazione. Eppure altrove si paga molto di più sugli interessi: il 20% in Gran Bretagna, il 25% in Germania, il 27% in Francia. La manovra di Tremonti è passata e io mi trovo a non aver pagato neppure un euro».
C’è ancora una pagina fondamentale scritta sul diario del signor X, forse la più importante. E una data: 4 agosto 2010. «Oggi il governo ha approvato uno dei decreti sul federalismo fiscale e ha introdotto, a partire dall’anno prossimo, la cedolare secca sugli affitti. In sostanza, chi dà in affitto un’abitazione, invece di pagare l’aliquota Irpef, che per noi benestanti arriva al 43%, pagherà solo il 20%. Quasi nullo, invece, il risparmio per chi ha redditi bassi: dal 23 al 20%. Ecco allora cosa cambia per me e per la mia famiglia: dai due appartamenti che affitto ricavo 24.600 euro l’anno. Con il vecchio regime Irpef pagavo circa 9 mila euro di tasse. Con la cedolare ne pagherò 5 mila. Risparmio: 4 mila euro l’anno».
Riassunto finale: il signor X risparmia quasi 5 mila euro l’anno sulle attività immobiliari in Italia, regolarizza quelle all’estero pagando solo il 5%, non versa un euro in occasione della manovra taglia-deficit, e continua a poter contare su una tassazione di favore sul proprio tesoretto finanziario. Una manna dal cielo. Anzi da Palazzo Chigi.
Tratto da La Repubblica del 14 novermbre 2010
Il signor X è un benestante, diciamo pure un superbenestante. È anche piuttosto pignolo ed è solito annotare su un diario le notizie economiche più rilevanti per se stesso e per la sua famiglia. Questa è la storia di un caso emblematico, il caso di quegli italiani - non molti ma neppure pochissimi - che hanno un ottimo reddito e un cospicuo patrimonio, magari in parte nascosto al fisco. È la storia delle sorprese, tutte piacevoli, riservate loro, nonostante la peggiore crisi del dopoguerra, dagli ultimi due anni e mezzo di manovre. E puntualmente ricostruite in un immaginario ma realistico diario di famiglia.
Superbenestante, dicevamo. Il signor X possiede, oltre a un buon numero di obbligazioni e di azioni, tre appartamenti in Italia e uno all’estero. Su quest’ultimo non ha mai versato un euro al fisco. Sugli immobili italiani, invece, ha sempre pagato le tasse. Un carico pesante come pesante è il timore che un giorno o l’altro possa essere scoperta la sua evasione sulle attività oltreconfine: si troverebbe a pagare l’intera imposta, più gli interessi, più le sanzioni.Poco importa dove lavora X, se sia un libero professionista, un manager o un commerciante. Basterà sapere che guadagna più di 75 mila euro, soglia oltre la quale si applica l’aliquota massima. Residenza: Roma. Abitazione signorile in pieno centro: salone, cucina, 3 camere, 2 bagni, ingresso e ripostiglio per lui sua moglie e i suoi due figli. Sempre a Roma, X è proprietario di altri due appartamenti: un bilocale in periferia affittato a 750 euro al mese e un’abitazione di 80 metri quadri in zona semicentrale affittato a 1.300 euro. Cinque anni fa, consigliato da due amici stranieri, X ha anche comprato un delizioso immobile nel centro di Parigi al prezzo di 500 mila euro per darlo in affitto. Gli amici, - uno inglese e uno statunitense - hanno fatto altrettanto comprando altri due immobili di identico valore nello stesso stabile della capitale francese.
È il 29 maggio 2008. Appena tre settimane fa si è insediato il quarto governo Berlusconi. Il signor X scrive sul diario: «Oggi è entrato in vigore il decreto che abolisce del tutto l’Ici». Breve antefatto per capire la questione: il governo Prodi aveva cancellato l’Ici al 40% dei proprietari di case, in gran parte con redditi medio-bassi. Il nuovo esecutivo Berlusconi ha esteso l’esenzione a tutti gli altri. Continua il signor X: «Facciamo un po’ di conti. Sulla mia abitazione finora io pagavo il 4,6 per mille e quindi versavo 790 euro l’anno. Ora non li pagherò più. Un bel risparmio».
Arriva l’autunno. Sul diario del signor X è evidenziata una nuova data: 2 ottobre 2009. Seguita da un commento: «Sono passate appena le 13,30, il Tg1 ha dato una notizia tranquillizzante: "Sì della Camera al decreto sullo scudo fiscale". Si pagherà solo il 5% delle attività detenute all’estero e tutto sarà regolarizzato. Niente imposte pregresse, niente sanzioni, niente interessi, e soprattutto pieno anonimato». «Facciamo due conti - continua X - il mio appartamento a Parigi vale 500 mila euro. Applicando il 5% mi trovo a dover pagare solo 25 mila euro e stop. Molto peggio andrà ai miei amici stranieri: anche loro possono usufruire dello scudo ma con costi di gran lunga maggiori. L’inglese si troverà a pagare il 10% (il doppio) ma dovrà aggiungervi tutte le imposte dovute per cinque anni, più gli interessi maturati. Conti ancora più salati per il mio amico americano: costo iniziale del 20% (100 mila euro) più imposte e interessi. E poi c’è un’altra differenza di non poco conto: io conservo l’anonimato, loro no».
Passano i mesi: la primavera 2010 porta con sé una bufera economica di proporzioni giganti. È la crisi dell’euro. Tutto sembra precipitare: i paesi europei preparano feroci finanziarie taglia-deficit. Il signor X scrive: «Il governo di Londra ha già alzato dal 40 al 50% l’aliquota massima, quella che si applica ai superbenestanti. Portogallo e Spagna prendono analoghe misure. Persino Sarkozy, accusato di favorire i ricchi, annuncia l’aumento della loro aliquota dal 40 al 41%. Qui in Italia, invece, nessuno pensa di chiedere qualcosa a chi guadagna di più. Neppure le proposte di opposizione, sindacati e Confindustria di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie, oggi ferme al 12,50%, vengono prese in considerazione. Eppure altrove si paga molto di più sugli interessi: il 20% in Gran Bretagna, il 25% in Germania, il 27% in Francia. La manovra di Tremonti è passata e io mi trovo a non aver pagato neppure un euro».
C’è ancora una pagina fondamentale scritta sul diario del signor X, forse la più importante. E una data: 4 agosto 2010. «Oggi il governo ha approvato uno dei decreti sul federalismo fiscale e ha introdotto, a partire dall’anno prossimo, la cedolare secca sugli affitti. In sostanza, chi dà in affitto un’abitazione, invece di pagare l’aliquota Irpef, che per noi benestanti arriva al 43%, pagherà solo il 20%. Quasi nullo, invece, il risparmio per chi ha redditi bassi: dal 23 al 20%. Ecco allora cosa cambia per me e per la mia famiglia: dai due appartamenti che affitto ricavo 24.600 euro l’anno. Con il vecchio regime Irpef pagavo circa 9 mila euro di tasse. Con la cedolare ne pagherò 5 mila. Risparmio: 4 mila euro l’anno».
Riassunto finale: il signor X risparmia quasi 5 mila euro l’anno sulle attività immobiliari in Italia, regolarizza quelle all’estero pagando solo il 5%, non versa un euro in occasione della manovra taglia-deficit, e continua a poter contare su una tassazione di favore sul proprio tesoretto finanziario. Una manna dal cielo. Anzi da Palazzo Chigi.
Tratto da La Repubblica del 14 novermbre 2010
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