Mentre tutto sembrava volgere per il meglio verso una prossima presentazione e approvazione del Ddl sulla ripubblicizzazione dell’Acquedotto pugliese in Consiglio regionale, pochi giorni fa a sorpresa è spuntata la proposta di Michele Losappio, capogruppo del Sel, che “ingessa il Ddl”; ossia un disegno di legge, già votato dalla Giunta regionale, elaborato congiuntamente dal Comitato pugliese, Regione Puglia e dal Forum italiano dei Movimenti per l'Acqua, che trasforma l'Aqp da SpA a gestione pubblica in Azienda di diritto pubblico, il cui servizio idrico integrato è privo di rilevanza economica, sottratto alla regola della concorrenza e la sua gestione, oltre che pubblica, sarà anche partecipata.
A seguito “delle sollecitazioni garbate” del capo gruppo del Pdl Rocco Palese che ha chiesto un “comportamento responsabile e cauto” e dopo le dichiarazione dell’Assessore regionale competente Amati (Pd) che afferma che “il tema fondamentale è quello della definizione del servizio fornito dall’Acquedotto pugliese: se è o non è “a rilevanza economica” da cui deriverebbe per principio costituzionale la potestà legislativa dello Stato (primo caso) o della Regione (secondo)”, il capogruppo del Sel, Michele Losappio, ha proposto di “approvare la legge e contestualmente con un ordine del giorno presentato dalle commissioni in aula chiedere al governo una moratoria a tempo sugli effetti della legge stessa”.
L’obiettivo a detta del consigliere Losappio è di “preservarsi dall’eventuale effetto dirompente che potrebbe avere un esito negativo della Corte Costituzionale”, nel caso in cui riconoscesse la rilevanza economica del servizio integrato, rendendo la legge regionale in contrasto con la legislazione nazionale.
In pratica si tratterebbe di approvare una legge che non potrà produrre i suoi effetti se non in un futuro non determinato! Questa soluzione ha accontentato tutti, maggioranza e opposizione; ma non il Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune”, che dopo cinque anni dall’avvio della battaglia per la ripubblicizzazione del terzo acquedotto più grande d’Europa e dell’azienda col maggior numero di dipendenti in Puglia, per l’ennesima volta vede sfuggirsi la possibilità di ottenere un risultato politico importante, soprattutto dopo aver contribuito in Puglia con 110 mila firme alla campagna referendaria contro la privatizzazione dell’acqua.
“Giù le mani dalla brocca: l’acqua è nostra e non si tocca!! Questo è il messaggio poetico con il quale Vendola in campagna elettorale, aveva fatto della legge per la ripubblicizzazione dell’Acquedotto pugliese uno dei suoi punti cardine. Ancora una volta, però, la sua poesia rimane una promessa e non un fatto, in contraddizione col suo slogan “la poesia è nei fatti”, altra icona con la quale ha fatto tapezzare la regione di manifesti durante la vincente campagna elettorale.
I versi delle filastrocche, le rime baciate e/o alternate, assonanze e consonanze, serio e faceto del messaggio comunicativo di Vendola al momento hanno prodotto per il movimento per l’Acqua bene comune solo ed esclusivamente uno slogan pubblicitario.
Questo però non ferma il Comitato pugliese, che sta organizzando per i prossimi giorni assemblee in tutta la Regione per valutare e definire come riprendere una battaglia che dopo anni di impegno sociale, politico e culturale sembrava ormai in dirittura d'arrivo.
A seguito “delle sollecitazioni garbate” del capo gruppo del Pdl Rocco Palese che ha chiesto un “comportamento responsabile e cauto” e dopo le dichiarazione dell’Assessore regionale competente Amati (Pd) che afferma che “il tema fondamentale è quello della definizione del servizio fornito dall’Acquedotto pugliese: se è o non è “a rilevanza economica” da cui deriverebbe per principio costituzionale la potestà legislativa dello Stato (primo caso) o della Regione (secondo)”, il capogruppo del Sel, Michele Losappio, ha proposto di “approvare la legge e contestualmente con un ordine del giorno presentato dalle commissioni in aula chiedere al governo una moratoria a tempo sugli effetti della legge stessa”.
L’obiettivo a detta del consigliere Losappio è di “preservarsi dall’eventuale effetto dirompente che potrebbe avere un esito negativo della Corte Costituzionale”, nel caso in cui riconoscesse la rilevanza economica del servizio integrato, rendendo la legge regionale in contrasto con la legislazione nazionale.
In pratica si tratterebbe di approvare una legge che non potrà produrre i suoi effetti se non in un futuro non determinato! Questa soluzione ha accontentato tutti, maggioranza e opposizione; ma non il Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune”, che dopo cinque anni dall’avvio della battaglia per la ripubblicizzazione del terzo acquedotto più grande d’Europa e dell’azienda col maggior numero di dipendenti in Puglia, per l’ennesima volta vede sfuggirsi la possibilità di ottenere un risultato politico importante, soprattutto dopo aver contribuito in Puglia con 110 mila firme alla campagna referendaria contro la privatizzazione dell’acqua.
“Giù le mani dalla brocca: l’acqua è nostra e non si tocca!! Questo è il messaggio poetico con il quale Vendola in campagna elettorale, aveva fatto della legge per la ripubblicizzazione dell’Acquedotto pugliese uno dei suoi punti cardine. Ancora una volta, però, la sua poesia rimane una promessa e non un fatto, in contraddizione col suo slogan “la poesia è nei fatti”, altra icona con la quale ha fatto tapezzare la regione di manifesti durante la vincente campagna elettorale.
I versi delle filastrocche, le rime baciate e/o alternate, assonanze e consonanze, serio e faceto del messaggio comunicativo di Vendola al momento hanno prodotto per il movimento per l’Acqua bene comune solo ed esclusivamente uno slogan pubblicitario.
Questo però non ferma il Comitato pugliese, che sta organizzando per i prossimi giorni assemblee in tutta la Regione per valutare e definire come riprendere una battaglia che dopo anni di impegno sociale, politico e culturale sembrava ormai in dirittura d'arrivo.
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