Do you remenber Pomigliano? Sì, Pomigliano, quella fabbrica sotto il Vesuvio da dove da due anni non escono automobili, mentre tra poco rischiano di uscire operai a mazzi? Datemi l'anima, il diritto di sciopero e la mezz'ora di mensa, rinunciate alle pause, evitate d'ammalarvi e io vi darò un futuro. Vi darò la Panda strappata ad altri disgraziati, lassù in Polonia, a cui darò in cambio la Ypsilon strappata a quelli di Termini Imerese. Era solo uno scherzo quello di Sergio Marchionne, anzi una gigantesca presa per il culo. Chiudo e riapro con un altro nome, aveva detto, così prenderò solo yes-men, anzi yes-workers. Farò investimenti a raffica, darò il sidol ai cancelli della fabbrica e il miracolo si realizzerà, anche i muti potranno parlare mentre i sordi già lo fanno.Di miracoli non se ne vedono e si sente puzza di cimitero. Marchionne fa sapere che per ora di Pomigliano se ne fa niente. Anzi, non investendo uno solo dei 700 milioni di euro previsti dall'accordo-bidone, invece della cassa integrazione speciale chiederà la cassa in deroga, anticamera della mobilità e dunque della cancellazione dei posti di lavoro. E ha un vantaggio, questo ammortizzatore sociale: lo paga tutto la collettività, la Fiat non ci mette un euro. Dixit Marchionne, quello che non prende una lira dallo stato. Che bella idea, dicono Fim, Uilm e Fismic, così si salva Pomigliano. E per salvare Mirafiori siamo pronti a firmare lo stesso accordo-bidone di Pomigliano.L'uomo simbolo dell'industria italiana, che dà l'esempio e il là a tutto il padronato, sta mandando a rotoli la nostra prima multinazionale. Lo dicono i dati dei mercati. La Fiat va a picco perché non ha modelli nuovi, non investe sul futuro ma continua a raccontarci che per colpa della Fiom potrebbe essere costretta a lasciare l'Italia. Ognuno fa il suo mestiere, più o meno bene. Marchionne fa il suo e per questo è pagato come 435 operai di Pomigliano. Lo fa cercando di cancellare la dignità di chi lavora. Quel che sconforta è che in tanti in politica e nei sindacati continuino a credergli, o fingano di farlo. La Fiat non vende perché non ha macchine da vendere, crolla del 40% in Italia, la sua quota si assottiglia da mesi in casa e in Europa e tutti dibattono sul fatto che tre operai di Melfi avrebbero bloccato un carrello durante uno sciopero macchiandosi così del reato di sabotaggio. Non c'è più morale, contessa. Ma se a sabotare la produzione è proprio Marchionne, con le sue previsioni sbagliate, con i ritardi sul rinnovo (magari in una direzione un po' più ecocompatibile) del parco auto messo sul mercato... A proposito dei tre operai Fiom licenziati, a cui per la giustizia dev'essere restituito salario e lavoro mentre la Fiat ha restituito solo il salario: forse già oggi un giudice d'appello di Melfi emetterà un nuovo verdetto. Tutti quelli che l'hanno preceduto, a Melfi come a Torino, hanno già condannato la Fiat per antisindacalità.Domani il ministro più lungamente atteso, meno amato dal Quirinale e già a libro paga di Berlusconi, Paolo Romani, incontrerà Marchionne. Tra i due soggetti - padrone e governo - non si sa chi sia più colpevole. Si sa solo che tutta la colpa della crisi è della Fiom. E della rigidità operaia.
Loris Campetti, Il Manifesto
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua