I giorni che stiamo vivendo parlano di una bella ripresa del conflitto sociale. Grandi mobilitazioni studentesche, dei precari e dei ricercatori, come non se ne vedevano da tempo. Non è solo un fatto di quantità. Nelle lotte del mondo della scuola e dell'università viene colta con chiarezza la natura di classe dell'attacco del governo, in cui la distruzione della scuola pubblica è strettamente intrecciata alla progressiva precarizzazione e svalorizzazione del lavoro. Le mobilitazioni della scuola si affiancano ai conflitti che nascono dentro l'apparato industriale, contro le chiusure e i ricatti come quelli della Fiat. La manifestazione del 16 ottobre convocata dalla Fiom ha rappresentato il punto più alto di quella mobilitazione operaia che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici. Anche la manifestazione del 16 ha colto con chiarezza la natura di classe dell'attacco antioperaio e ha costruito nessi rilevanti tra la lotta alla precarietà e per l'occupazione con la battaglia per l'acqua pubblica, per il ritiro dall'Afganistan, per i diritti civili, per la democrazia, dentro e fuori dai luoghi di lavoro. La manifestazione di oggi promossa dalla Cgil raccoglie e interpreta un disagio sociale diffuso, ma che ancora non vede uno sbocco alternativo alla palude berlusconiana. Il nodo che si pone è quindi: quale ruolo politico vuole giocare la Cgil dentro questa ripresa dello scontro sociale? Assume essa la guida dello scontro sociale nel Paese o si dispone alla ricerca di un nuovo patto, fatalmente subalterno, con la Confindustria? Si tratta di una domanda rilevantissima in quanto è evidente che ci troviamo di fronte al più pesante attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari dal dopoguerra ad oggi. Noi pensiamo che sia necessario agire congiuntamente su due terreni. Sul piano politico, occorre cacciare Berlusconi, evitare ogni governo di transizione e costruire un fronte democratico che permetta di sconfiggerlo nelle elezioni. Questa è la nostra proposta politica e la perseguiamo con determinazione. Siamo però del tutto consapevoli che l'auspicabile e necessaria cacciata di Berlusconi non risolverebbe tutti i problemi: i fans di Marchionne nel centro sinistra sono tali e tanti da rendere evidente che la caduta del monarca di Arcore non coincide per nulla con la fine del berlusconismo. Le politiche neoliberiste sono largamente egemoni nel centrosinistra. Per cambiare questa situazione proponiamo a tutte le forze della sinistra - ad oggi inascoltati - di costruire insieme un programma comune, in modo da essere più forti nel determinare il profilo politico del fronte democratico. E' però del tutto evidente che affidare alla sola contesa elettorale la possibilità di sconfiggere le politiche confindustriali e di costruire l'alternativa è scorciatoia impraticabile, priva di fondamento. E' quindi decisivo muoversi sul piano sociale. Occorre operare per unificare le lotte, costruendo un movimento dotato di un orizzonte comune. A tal fine stiamo lavorando per costruire i Comitati contro la crisi sui territori, ma è evidente che il ruolo della Cgil è indispensabile. Per questo chiediamo oggi alla Cgil di dichiarare lo sciopero generale. Per unificare le lotte è necessario che la più grande organizzazione dei lavoratori italiani dia un segnale chiaro. La proclamazione dello sciopero generale contro governo e Confindustria è indispensabile per aggregare la massa critica necessaria al fine di cacciare Berlusconi ma anche di sconfiggere Marchionne. Oggi partecipiamo alla manifestazione con una precisa domanda politica: la Cgil assuma le sue responsabilità e - come nel 2002 - prenda senza titubanza la guida del movimento di lotta. Non chiediamo al sindacato di fare supplenza alla politica. Chiediamo al più grande sindacato italiano di fare sino in fondo la sua parte.
Paolo Ferrero,
Segretario nazionale
Partito della Rifondazione Comunista
Paolo Ferrero,
Segretario nazionale
Partito della Rifondazione Comunista
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