Una nuova odiosa sporca guerra per il petrolio è cominciata in questi giorni contro la Libia. L’Italia è ridotta ad una portaerei e in violazione dell’art.11 della Costituzione decide - per dirla con l’indimenticato don Tonino Bello- di diventare “un arco di guerra proteso minaccioso nel Mediterraneo”. Di nuovo il parlamento è ridotto ad una caserma, con una votazione bipartisan a favore della guerra, e con una grottesca ed ingloriosa corsa a scavalcare a destra il governo come la disponibilità espressa da Di Pietro anche per l’intervento militare di terra.
• L’Italia è la linea del fronte e non da adesso. L’unica preoccupazione dei nostri governanti è stata sempre e solo quella di contenere e respingere i profughi e di mantenere salde le mani sul petrolio e il gas libico. In tutti questi anni le aspirazioni alla libertà di quel popolo sono state frustrate, ignorate e derise per fino dai baciamani nei confronti del capo di quel regime oppressivo.
• Per lungo tempo e anche nelle ultime settimane l’Europa e la comunità internazionale sono state prima complici dei regimi corrotti del Magrheb e poi mute davanti alle rivolte arabe per la giustizia sociale e la libertà. Non una politica di cooperazione è stata avanzata, non una revisione degli accordi economici neoliberisti che hanno affamato quei popoli è stata presa. Di nuovo silenzio e complicità accompagnano la sanguinosa repressione delle masse arabe nello Yemen e nel Bahrein.
Tutto il mondo sa che invece in Libia si interviene con la devastante forza dei bombardamenti non per sostenere le legittime aspirazioni di quel popolo all’autodeterminazione e alla democrazia, ma per arrivare a spartirsi quel paese tra le multinazionali del petrolio.
Con un copione ormai logoro si ripropone tutta la retorica ipocrita dell’interventismo democratico e della guerra umanitaria. Di nuovo tornano a braccetto alimentandosi l’un l’altra i due attori della guerra di civiltà: l’occidente capitalista da un lato e il fondamentalismo religioso dall’altro. Si vuole cioè far girare al contrario l’orologio della storia. Ogni cruise lanciato su Tripoli è nuovo odio che i fondamentalisti mettono in cascina in tutto il mondo arabo. Perché nemici di multinazionali e fondamentalisti religiosi, sono i popoli e la loro volontà di autodeterminarsi costruendo esperienze democratiche non più prigioniere del pensiero unico del mercato. Tutto deve tornare alla guerra al terrore perché il cambiamento del mondo arabo chiede una via diversa di risoluzione della crisi economica da quella prospettata dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.
Respingiamo per questo l’inaccettabile ricatto “o stai con Gheddafi o stai con i bombardieri della Nato”. Noi siamo contro la guerra sempre, senza se e senza ma , perché tutte le “guerre umanitarie” hanno dimostrato il loro fallimento degli obiettivi dichiarati – tutelare i civili e promuovere la democrazia – mentre si sono tutti realizzati gli obiettivi nascosti e denunciati dal movimento per la pace (mettere le mani sulle risorse energetiche, ingrassare con le spese militari e con la corsa agli armamenti le lobby al potere, sostenere regimi fantoccio falsamente democratici).
Rifondazione Comunista non si arruola alla guerra, sostiene la lotta dei popoli per la liberazione e al contempo si oppone con forza all’intervento militare occidentale e all’uso delle basi poste sul nostro territorio. Ogni tentennamento della sinistra e delle organizzazioni sindacali su questo aprirebbe la strada alla definitiva cancellazione dell’art.11 della Costituzione e rappresenterebbe una gravissima regressione culturale in grado di sdoganare la guerra come strumento possibile ed accettabile della politica. Guerra e umanità sono incompatibili. Un’altra strada è possibile a cominciare dalla protezione umanitaria per i profughi e da una conferenza internazionale sul Mediterraneo e da una mediazione politica/diplomatica che porti all’immediato cessate il fuoco e ad una riconciliazione della Libia dentro un quadro unitario e democratico.
• L’Italia è la linea del fronte e non da adesso. L’unica preoccupazione dei nostri governanti è stata sempre e solo quella di contenere e respingere i profughi e di mantenere salde le mani sul petrolio e il gas libico. In tutti questi anni le aspirazioni alla libertà di quel popolo sono state frustrate, ignorate e derise per fino dai baciamani nei confronti del capo di quel regime oppressivo.
• Per lungo tempo e anche nelle ultime settimane l’Europa e la comunità internazionale sono state prima complici dei regimi corrotti del Magrheb e poi mute davanti alle rivolte arabe per la giustizia sociale e la libertà. Non una politica di cooperazione è stata avanzata, non una revisione degli accordi economici neoliberisti che hanno affamato quei popoli è stata presa. Di nuovo silenzio e complicità accompagnano la sanguinosa repressione delle masse arabe nello Yemen e nel Bahrein.
Tutto il mondo sa che invece in Libia si interviene con la devastante forza dei bombardamenti non per sostenere le legittime aspirazioni di quel popolo all’autodeterminazione e alla democrazia, ma per arrivare a spartirsi quel paese tra le multinazionali del petrolio.
Con un copione ormai logoro si ripropone tutta la retorica ipocrita dell’interventismo democratico e della guerra umanitaria. Di nuovo tornano a braccetto alimentandosi l’un l’altra i due attori della guerra di civiltà: l’occidente capitalista da un lato e il fondamentalismo religioso dall’altro. Si vuole cioè far girare al contrario l’orologio della storia. Ogni cruise lanciato su Tripoli è nuovo odio che i fondamentalisti mettono in cascina in tutto il mondo arabo. Perché nemici di multinazionali e fondamentalisti religiosi, sono i popoli e la loro volontà di autodeterminarsi costruendo esperienze democratiche non più prigioniere del pensiero unico del mercato. Tutto deve tornare alla guerra al terrore perché il cambiamento del mondo arabo chiede una via diversa di risoluzione della crisi economica da quella prospettata dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.
Respingiamo per questo l’inaccettabile ricatto “o stai con Gheddafi o stai con i bombardieri della Nato”. Noi siamo contro la guerra sempre, senza se e senza ma , perché tutte le “guerre umanitarie” hanno dimostrato il loro fallimento degli obiettivi dichiarati – tutelare i civili e promuovere la democrazia – mentre si sono tutti realizzati gli obiettivi nascosti e denunciati dal movimento per la pace (mettere le mani sulle risorse energetiche, ingrassare con le spese militari e con la corsa agli armamenti le lobby al potere, sostenere regimi fantoccio falsamente democratici).
Rifondazione Comunista non si arruola alla guerra, sostiene la lotta dei popoli per la liberazione e al contempo si oppone con forza all’intervento militare occidentale e all’uso delle basi poste sul nostro territorio. Ogni tentennamento della sinistra e delle organizzazioni sindacali su questo aprirebbe la strada alla definitiva cancellazione dell’art.11 della Costituzione e rappresenterebbe una gravissima regressione culturale in grado di sdoganare la guerra come strumento possibile ed accettabile della politica. Guerra e umanità sono incompatibili. Un’altra strada è possibile a cominciare dalla protezione umanitaria per i profughi e da una conferenza internazionale sul Mediterraneo e da una mediazione politica/diplomatica che porti all’immediato cessate il fuoco e ad una riconciliazione della Libia dentro un quadro unitario e democratico.
Dipartimento Esteri e Pace
del Partito della Rifondazione Comunista
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