mercoledì 2 marzo 2011

'Berlusconi ha ragione: finalmente l'informazione a targhe alterne'

Finalmente. A dimostrazione che in questo sito non siamo pregiudizialmente contrari al governo bisogna dare un plauso alle decisioni che si vanno prendendo in merito ai programmi di approfondimento del servizio pubblico radiotelevisivo. “Bisogna che si alternino trasmissioni di destra a trasmissioni di sinistra”.
Quanto basta a far scattare il panico fra conduttori televisivi, crisi di identità, l’incertezza sul proprio futuro che comincia a far tremare le stanze e gli studi di Saxa Rubra. Si narra di una riunione notturna, tenutasi in un locale in della capitale: tra i partecipanti, si fanno i nomi di Vespa, Floris, Santoro, Paragone e con loro l’intero parterre che rompe la placida quiete delle repliche che in Rai vanno per la maggiore. Voci incontrollate ma ben qualificate affermano che l’incontro è terminato senza un nulla di fatto. I volti sfatti, i colletti della camicia madidi di sudore freddo, i partecipanti sono stati visti uscire a testa bassa, entrare di soppiatto in automobili dai vetri oscurati e filare via con le prime luci dell’alba.
Nessuno di loro ha saputo rispondere all’imperioso ordine che giunge dalla presidenza del Consiglio. «Fare una trasmissione di “destra” è facile – afferma uno dei partecipanti che ha voluto mantenere l’anonimato – Basta invitare Bonanni, un esponente di Confindustria, Casini, uno di Fli, (prima che cambi casacca), uno della Lega, un esponente del Pdl (a scelta fra la belloccia e il pappagallo), qualche timoroso del Pd e la trasmissione è fatta». Del resto anche sui temi il problema non si pone: basta parlare di “bunga bunga”, intervistare l’ennesima velina, scovare il solito appartamento dall’inquilino potente, miscelare con una legge ad personam, attaccare il premier o attaccarsi al premier, miscelare garantismo e giustizialismo, aggiungere una spruzzata di “federalismo” (enunciato e mai spiegato) ed ecco anche i contenuti. Ah, giusto! Non tralasciare qualche bel fattaccio di cronaca nera con plastici annessi, criminologi incorporati, psicologi e tuttologi pronti all’uso. Gli elementi di emotività necessari per fare una bella trasmissione di destra ci sono tutti. Il format contiene anche variazioni sul tema: il razzista soft e quello che ringhia, il liberista tutto di un pezzo, dimentico di vivere nella terra dei monopoli (non il gioco da tavolo), l’esperto di politica internazionale, pronto a smentirsi ad ogni stormir di foglie, coriandoli gossippari che vagano nell’etere in cerca di un minuto di trasmissione. Insomma un lavoro già pronto, programmi eterni da riciclare ogni settimana, sempre con le stesse ospitate che stanno alla realtà quanto Marchionne agli stipendi e ai contratti dei dipendenti Fiat.
Il problema che assilla tutti, conduttori col vento in poppa e anchorman da tempo parcheggiati in magazzino, è soltanto uno: come si fa un programma di sinistra? Qualcuno ha insinuato il dubbio – scatenando il panico – che per fare un programma di sinistra occorra parlare di questioni sociali, dando voce a chi sta pagando sulla propria pelle la crisi economica e sociale. Scandalo! Portare in tv operai e cassaintegrati, giovani antagonisti poco glamour, immigrati, ricercatori, uomini e donne a cui sia dato il tempo di parlare non per il minuto di circostanza ma divenendo l’ossatura della trasmissione. Persone che possano entrare in contraddittorio paritario con gli inquilini del Palazzo. Come si fa a pensare ad una trasmissione in cui il tema portante sia una busta paga e non solo una delle tante bustarelle, e come si può parlare di criminalità che controlla mezzo paese senza ricorrere alle tirate consolatorie che vanno di moda in questo periodo?
Impossibile si dice- a parte il buon Riccardo Iacona e il suo “Presa Diretta” nessuno ha il coraggio di spingersi in trasmissioni così apertamente hard se non eversive. Si corre il rischio di dover invitare forze politiche e sindacali bandite dal palinsesto, definire il contesto nazionale e internazionale in cui nasce e prospera la crisi, fare nomi e cognomi di chi su questa sta lucrando. Significa parlare di redistribuzione delle risorse, di lotta alla povertà e non ai poveri, di critica al modello di sviluppo. Significa dire che il neoliberismo è entrato in un tunnel senza uscita, che le ricette social democratiche non hanno futuro perché non ci sono margini di ripresa se non si inverte radicalmente la rotta. Significa dire che si è entrati in un sistema in cui gli spazi di democrazia formale e sostanziale si restringono quotidianamente perché per il mercato la partecipazione è incompatibile con il profitto, che è possibile ridefinire le priorità nell’utilizzo delle risorse partendo da una idea di bene comune e non di crescita dei privilegi. Come si fa? Chi è in grado di fare giornalismo di questo tipo? Il rischio del licenziamento in tronco per manifesta incapacità aleggia fra le grandi firme, c’è poco tempo per correre ai ripari. Cercare competenze, cercare competenze, cercare competenze.
Auff, anche stavolta è fatta! Berlusconi è stato travisato, resteranno trasmissioni confindustriali che si affiancheranno a trasmissioni confindustriali.
di Stefano Galieni, www.controlacrisi.org

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