Mai si era visto, almeno in Italia, il tentativo di mettere
fuori-legge un movimento che, nei fatti, si deve ancora formare. Eppure,
eppure…il governo più odioso della Repubblica, costituito contro la
manifesta volontà dell’assoluta maggioranza dei cittadini, ha
approfittato di un gesto sconsiderato (anche se, come al solito, in
questo paese non è mai possibile escludere la longa manus dei servizi)
per avvertire tutti gli oppositori, reali e virtuali, che non si potrà
più giocare con le parole e, tanto meno, cercare di opporsi alle sue
scelte.
Naturalmente, la stampa e i media si sono immediatamente,
servilmente accodati (fatta forse eccezione per “Il Fatto Quotidiano”),
ancor più che nei giorni passati, alla tesi dell’ineluttabilità di
questo esecutivo e della necessità di salvaguardare questa ennesima,
trita, volgare, maleodorante esperienza di “governo di salvezza
nazionale”. Minacciando tutte le forze che in tale occasione, e nei
tempi che verranno, volessero elevare critiche ai contenuti economici,
politici ed etici di cotanta alleanza.
Naturalmente, ad un primo e superficiale sguardo, a fare le spese di
tale reazione politico-mediatica sembrano proprio essere i
rappresentanti del Movimento 5 Stelle e, in particolare, il loro leader
oppure, anche se in seconda battuta, Marco Travaglio e il suo staff
redazionale (per il quale da diverso tempo sembra essersi scatenata una
vera e propria pena del contrappasso, ovvero una insinuante e velenosa
accusa di fare il gioco della violenza armata proprio per uno dei
massimi difensori della legalità ad ogni costo).
In realtà l’operazione in atto ha come primo obiettivo quello di
fare rientrare nei ranghi quella evidente e maggioritaria parte della
base del PD che, letteralmente schifata dall’appoggio dato ad un governo
berlusconiano, ha in questi giorni manifestato il proprio disappunto
davanti alle Camere, sui blog e su Twitter oppure occupando le sezioni
di decine e decine di città italiane. Certo per far passare i mal di
pancia ai deputati e senatori del PD dissidenti si sperava che bastasse
qualcosa di meno di una sparatoria davanti ai palazzi del potere.
Magari la nomina di due ministre, una di colore e l’altra
campionessa olimpionica, entrambe rigidamente senza portafoglio e quindi
prive di qualsiasi potere decisionale, che servissero a manifestare le
buone intenzioni e il significativo rinnovamento generazionale e di
genere dietro al quale si voleva mascherare l’ennesima gattopardesca e
gravissima operazione istituzionale. Il clamoroso goal in fuori gioco di
Re Giorgio, in fin dei conti, era stato già convalidato da tutti gli
arbitri della FIGC del giornalismo italiano, cartaceo e televisivo.
Però, poiché si rischiava comunque che una analisi dell’azione
pro-governo dei partiti e dell’informazione embedded potesse mostrare
qualche smagliatura al rallenty di un significativo, anche se
minoritario, voto contrario di una parte degli eletti del PD (più
intimoriti di perdere la propria base elettorale che di perdere le
minime garanzie democratiche ancora presenti in questo novello Cile ’73
che si chiama ancora Italia), l’azione del disoccupato calabrese ha
finito col cadere nel momento più appropriato, come il cacio sui
maccheroni.
Certo, è inutile forse dirlo qui, l’avvertimento più grave è proprio
per tutti i movimenti già attivi e per tutti quelli che verranno nelle
settimane e nei mesi futuri. Ogni opposizione, ogni contestazione, ogni
organizzazione di lotta fuori dalle istituzioni e dai banchi
parlamentari non sarà più tollerata e sempre più accusata di
filo-terrorismo; nel tentativo non solo di criminalizzare l’opposizione
reale, ma anche di impedire qualsiasi ricongiungimento, per la prima
volta possibile dopo anni di netta separazione, tra questa e un popolo
del PD o meglio ex-PD stufo delle malversazioni, dei tradimenti e della
corruzione del gruppo dirigente.
Ma su questo tema torneremo ancora, senza riguardi e senza timori.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua