La relazione di Paolo Ferrero al X Congresso nazionale di Rifondazione
Comunista è lunga e tocca tutti i punti politici più dirimenti che una
sinistra di alternativa si deve...
La relazione di Paolo Ferrero
al X Congresso nazionale di Rifondazione Comunista è lunga e tocca
tutti i punti politici più dirimenti che una sinistra di alternativa si
deve porre oggi per ritrovare un suo spazio nel contesto sociale sempre
più smarrito e sempre più in balia delle destre economiche, liberiste e –
aggettivo che Ferrero non considera negativamente – populiste.
Non parte da lontano Ferrero, ma rievoca la necessità di ispirarsi ad una pratica comunista che non sia altisonante, generatrice di proclami, feticista del passato, ma che semmai sia conscia della propria storia e che sappia prendere da questa i tratti migliori: cominciando da quella Rivoluzione russa che è stato il primo tentativo, che si è radicato nel tempo, delle masse popolari e proletarie di sovvertire un ordine che “una settimana prima magari nessuno poteva pensare fosse possibile capovolgere“.
Tutto, dunque, diventa possibile quando si aprono dei varchi, quando si gettano sul terreno nuove ispirazioni, quando si prova, si sperimenta. Ed è per questo che Rifondazione Comunista coniuga in questo suo X Congresso il minuto di silenzio per Fidel Castro con il “socialismo o barbarie” di Rosa Luxemburg passando per l’esperienza delle Brigate di Solidarietà attiva che si sono date da fare in tanti luoghi d’Italia in cui la terra è franata, dove vi sono state alluvioni devastanti e devastanti terremoti.
Del resto, la sede del congresso è nell’epicentro geologico e nel cuore politico di una Italia che tocca con mano il disastro: Spoleto, bella, verde, ricca, culturalmente una capitale, è a due passi da ogni piccolo centro distrutto da un sisma ininterrotto.
Sono le macerie materiali ma anche morali di un Paese che mette davanti a tutto il profitto perché governato da forze liberiste e perché il sistema dominante impone questo ai governi.
“Noi non siamo tra quelli che pensano che il futuro si costruisca governando un po’ meglio di quanto hanno fatto altre coalizioni, di destra, di centrosinistra. Noi, come comunisti, pensiamo che il compito primo che abbiamo è costruire la politica sociale, quella che quotidianamente si adopera, come le “casematte” di Gramsci, per deviare il corso degli eventi ma senza punti di rottura che arrivino dal potere istituzionale.“.
E’ il senso del passaggio sull’Europa, tra l’altro, dove Ferrero fa un po’ di storia politica italiana quando cita la Rifondazione Comunista che ruppe col governo Prodi che aveva affossato le 35 ore: “Se allora ci avessero ascoltato, oggi non avremmo l’Europa della Merkel e di Renzi da un lato e della Le Pen e di Salvini dall’altro. Avremmo l’Europa di Jospin, non quella di Schroeder che ha aperto la strada alla cristallizzazione moderna del liberismo continentale.”.
Non parte da lontano Ferrero, ma rievoca la necessità di ispirarsi ad una pratica comunista che non sia altisonante, generatrice di proclami, feticista del passato, ma che semmai sia conscia della propria storia e che sappia prendere da questa i tratti migliori: cominciando da quella Rivoluzione russa che è stato il primo tentativo, che si è radicato nel tempo, delle masse popolari e proletarie di sovvertire un ordine che “una settimana prima magari nessuno poteva pensare fosse possibile capovolgere“.
Tutto, dunque, diventa possibile quando si aprono dei varchi, quando si gettano sul terreno nuove ispirazioni, quando si prova, si sperimenta. Ed è per questo che Rifondazione Comunista coniuga in questo suo X Congresso il minuto di silenzio per Fidel Castro con il “socialismo o barbarie” di Rosa Luxemburg passando per l’esperienza delle Brigate di Solidarietà attiva che si sono date da fare in tanti luoghi d’Italia in cui la terra è franata, dove vi sono state alluvioni devastanti e devastanti terremoti.
Del resto, la sede del congresso è nell’epicentro geologico e nel cuore politico di una Italia che tocca con mano il disastro: Spoleto, bella, verde, ricca, culturalmente una capitale, è a due passi da ogni piccolo centro distrutto da un sisma ininterrotto.
Sono le macerie materiali ma anche morali di un Paese che mette davanti a tutto il profitto perché governato da forze liberiste e perché il sistema dominante impone questo ai governi.
“Noi non siamo tra quelli che pensano che il futuro si costruisca governando un po’ meglio di quanto hanno fatto altre coalizioni, di destra, di centrosinistra. Noi, come comunisti, pensiamo che il compito primo che abbiamo è costruire la politica sociale, quella che quotidianamente si adopera, come le “casematte” di Gramsci, per deviare il corso degli eventi ma senza punti di rottura che arrivino dal potere istituzionale.“.
E’ il senso del passaggio sull’Europa, tra l’altro, dove Ferrero fa un po’ di storia politica italiana quando cita la Rifondazione Comunista che ruppe col governo Prodi che aveva affossato le 35 ore: “Se allora ci avessero ascoltato, oggi non avremmo l’Europa della Merkel e di Renzi da un lato e della Le Pen e di Salvini dall’altro. Avremmo l’Europa di Jospin, non quella di Schroeder che ha aperto la strada alla cristallizzazione moderna del liberismo continentale.”.
Per cui, l’Europa va riformata ma non dal punto di vista del mercato: “non serve a nulla – dice il quasi ex segretario di Rifondazione Comunista – distruggere
l’Unione europea. Occorre lavorare per costruire le dinamiche popolari
che costringano le istituzioni di Bruxelles a fare i conti con una forza
costituente sul piano sociale e politico per una trasformazione
dell’attuale regime liberista in una Europa dei popoli, della
solidarietà e del lavoro.”.
Parallelamente a questo percorso transalpino, ma unitario, Paolo Ferrero traccia le linee di politica interna riprendendo passaggi del Documento 1 “Socialismo XXI, per un nuovo umanesimo” che ha prevalso nei congressi dei circoli con il 71,5% dei voti. “Anche in Italia ci troviamo davanti alla necessità impellente di costruire un terzo polo che, nella sua proposta, sia una alternativa alle forze liberiste e a quelle xenofobe, razziste e neofasciste.
Nella vita si può sbagliare una volta, due volte, ma non si può ricadere nello stesso errore più volte: bisogna imparare dalle esperienze fatte e quindi io vorrei, lasciando oggi la guida di Rifondazione Comunista, che il prossimo segretario o segretaria non si trovasse davanti ad una situazione di mera composizione di liste elettorali prive di un senso dato da una intenzione che si concretizzi in un progetto di lungo respiro.
Il modello a cui penso è quello catalano, dove a nessuna forza viene chiesto di sciogliersi e dove, dentro al contenitore politico, ogni testa è un voto e non ci sono assemblaggi di ceto politico.“.
Un terzo polo che noi spesso abbiamo chiamato “quarto polo”, conteggiando come terzo quello grillino. Ma poco cambia. Un terzo polo dove stare da comunisti, intendendo per comunismo sempre la necessità del binomio che dà il nome al Partito: “della Rifondazione Comunista”. La “rifondazione comunista è” per Ferrero “un processo che non si è affatto concluso. Per questo, lo dico ai compagni che invocano l’unità comunista, ogni altro tentativo di costruzione di una forza comunista fuori dall’elaborazione della ‘rifondazione’, che è innovazione senza deperimento di valori originari, quindi attualizzazione del comunismo, finisce con l’essere ritualmente una proposizione di feticismi, di ancoraggi celebrativi legati al passato.”.
L’ultima osservazione è sulle prossime elezioni amministrative comunali. Ferrero riafferma un concetto che condividiamo con assolutezza: “Per costruire una alternativa seria devi essere ovunque alternativo: dunque Rifondazione Comunista se vuole essere alternativa non può fare alleanze con il PD. In nessun luogo. In nessun modo. Altrimenti viene meno la base stessa del progetto di costruzione di una alterità, viene meno l’autonomia, viene meno il senso stesso del Partito.“.
Parallelamente a questo percorso transalpino, ma unitario, Paolo Ferrero traccia le linee di politica interna riprendendo passaggi del Documento 1 “Socialismo XXI, per un nuovo umanesimo” che ha prevalso nei congressi dei circoli con il 71,5% dei voti. “Anche in Italia ci troviamo davanti alla necessità impellente di costruire un terzo polo che, nella sua proposta, sia una alternativa alle forze liberiste e a quelle xenofobe, razziste e neofasciste.
Nella vita si può sbagliare una volta, due volte, ma non si può ricadere nello stesso errore più volte: bisogna imparare dalle esperienze fatte e quindi io vorrei, lasciando oggi la guida di Rifondazione Comunista, che il prossimo segretario o segretaria non si trovasse davanti ad una situazione di mera composizione di liste elettorali prive di un senso dato da una intenzione che si concretizzi in un progetto di lungo respiro.
Il modello a cui penso è quello catalano, dove a nessuna forza viene chiesto di sciogliersi e dove, dentro al contenitore politico, ogni testa è un voto e non ci sono assemblaggi di ceto politico.“.
Un terzo polo che noi spesso abbiamo chiamato “quarto polo”, conteggiando come terzo quello grillino. Ma poco cambia. Un terzo polo dove stare da comunisti, intendendo per comunismo sempre la necessità del binomio che dà il nome al Partito: “della Rifondazione Comunista”. La “rifondazione comunista è” per Ferrero “un processo che non si è affatto concluso. Per questo, lo dico ai compagni che invocano l’unità comunista, ogni altro tentativo di costruzione di una forza comunista fuori dall’elaborazione della ‘rifondazione’, che è innovazione senza deperimento di valori originari, quindi attualizzazione del comunismo, finisce con l’essere ritualmente una proposizione di feticismi, di ancoraggi celebrativi legati al passato.”.
L’ultima osservazione è sulle prossime elezioni amministrative comunali. Ferrero riafferma un concetto che condividiamo con assolutezza: “Per costruire una alternativa seria devi essere ovunque alternativo: dunque Rifondazione Comunista se vuole essere alternativa non può fare alleanze con il PD. In nessun luogo. In nessun modo. Altrimenti viene meno la base stessa del progetto di costruzione di una alterità, viene meno l’autonomia, viene meno il senso stesso del Partito.“.
La platea dei 400 delegati applaude il segretario. Lo applaude Citto Maselli
il maestro, il regista che è sempre stato dalla parte dei più deboli e
che è sempre con noi, da iscritto e militante. Lo fanno anche coloro che
gli sono stati contrari in questo congresso, che si sono schierati
contro l’ipotesi di una costruzione di quel terzo polo della sinistra di
alternativa di cui c’è davvero impellente bisogno.
E gli interventi degli invitati sono lì a dimostrarlo. Almeno nelle volontà espresse dalla tribuna. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana chiede di individuare insieme le proposte attorno alle quali costruire il soggetto unitario, cominciando dalla riduzione drastica dell’orario di lavoro a parità di salario e da quanto affermato da Ferrero sull’Europa: cambiarla senza smembrarla.
Anche Pippo Civati di Possibile si schiera per la costruzione del terzo polo, ricordando il cammino comune già percorso con Rifondazione comunista in questi anni, dopo la prima delle scissioni “da sinistra” che hanno interessato il PD.
E la prima giornata del X Congresso nazionale di Rifondazione Comunista si chiude così, con la votazione delle commissioni e l’appuntamento al primo dei due giorni di dibattito con al centro il titolo stesso dell’assise che diventa programma politico: “C’è bisogno di rivoluzione”.
E gli interventi degli invitati sono lì a dimostrarlo. Almeno nelle volontà espresse dalla tribuna. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana chiede di individuare insieme le proposte attorno alle quali costruire il soggetto unitario, cominciando dalla riduzione drastica dell’orario di lavoro a parità di salario e da quanto affermato da Ferrero sull’Europa: cambiarla senza smembrarla.
Anche Pippo Civati di Possibile si schiera per la costruzione del terzo polo, ricordando il cammino comune già percorso con Rifondazione comunista in questi anni, dopo la prima delle scissioni “da sinistra” che hanno interessato il PD.
E la prima giornata del X Congresso nazionale di Rifondazione Comunista si chiude così, con la votazione delle commissioni e l’appuntamento al primo dei due giorni di dibattito con al centro il titolo stesso dell’assise che diventa programma politico: “C’è bisogno di rivoluzione”.
MARCO SFERINI
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